Immancabilmente, mia nonna Sandra
Il 10 ottobre di ogni anno, immancabilmente, penso a mia nonna Sandra. Perché era lei che, ogni 10 ottobre, immancabilmente, mi chiamava per farmi gli auguri per il mio onomastico. Era quasi un rito, per noi due: avendo lei scelto quella data tra gli innumerevoli calendari che spostano i santi un po' qui ed un po' là (e si mettessero d'accordo, una buona volta, in Vaticano!), io aspettavo la sua telefonata, che non tardava mai.
Non so se se lo segnasse sul calendario, e non so se con la stessa puntualità contattasse gli altri 8 nipoti che le sue cinque figlie le avevano procurato. Ma importava poco, giacché l'unica cosa che contava erano quelle sue telefonate.
Parliamo di anni, molti anni fa: la madre di mia madre è morta quando io ancora non viaggiavo come faccio ora, prima di dover imparare ad usare internet per comunicare con me. Resta però viva nei miei ricordi...
Ricordo le sue torte all'ananas, tra le mie preferite, che preparava dopo essersi accertata che ancora lo fossero; lo spazio chiaro lasciato sulla superficie, una volta che toglievi la fetta del frutto giallastro per addentarla, e la crosta croccante, dolciastra senza esserlo troppo.
Ricordo i suoi insuperabili strudel, che con pazienza ci insegnava a fare, ricominciando ogni volta, già sapendo che Chiara ed io avremmo attaccato le estremità, dove il sapore delle mele e delle noci si mischiava a quello dello zucchero caramellato.
Ricordo la sua pastasciutta con il pomodoro fresco in cima, e se ci stava pure un paio di foglie di basilico, ché così si fa, e non vale la pena di stare a discutere con quelli che poco capiscono e persistono nel tagliare gli spaghetti, o addirittura romperli prima di metterli in pentola.
Ricordo le partite a carte, a Crapette in particolar modo, quando per lunghissime ore lei continuava a battermi, non lasciandomene vincere neppure una, perché sapeva che non ci sarebbe stato gusto in una sfida falsata fin dalla partenza. E gli scacchi, che non sono mai stati il mio forte ma neppure il suo, così ci correggevamo a vicenda per evitare ai nostri re una brutta fine.
Ricordo le passeggiate giù in paese, come a quel tempo si poteva definire il centro di Desenzano del Garda, oggi trasformato in un'accozzaglia di fast-food e negozi di accessori inutilmente griffati: ci si vestiva bene, si scendeva camminando lentamente, possibilmente salutando le persone che si incontravano (e non tirando via dritti veloci, come oggi il più delle volte succede), e scelto un tavolino giusto al Caffé delle 3 Marie (non necessariamente sempre quello, ma diciamo che era uno dei preferiti) ci si accomodava, prendendo un caffé (i grandi) ed una pastina (noi giuovani).
Ricordo innumerevoli pomeriggi sul dondolo in giardino, ricordo il suo sorriso, ricordo la sua eleganza; ricordo quando si appoggiava alla mia spalla e mi diceva che ero il "bastone della sua vecchiaia"; ricordo i suoi capelli bianchi, un tratto comune nella sua famiglia tanto che anche la mia barba, quelle volte che spunta, si sta già colorando a sale e pepe.
Ricordo pure lo schiaffo che mi diede, unica volta, per una zuffa in cui ero rimasto invischiato (non saprei dire per quale motivo) durante il corso di vela e per la quale lei, in rappresentanza dei miei genitori, era stata convocata dal direttore del corso assieme ai parenti dell'altro ragazzo coinvolto; uno schiaffo che, per la sua unicità, fece più male di mille calci nel sedere.
Soprattutto, ricordo la sua voce, quando ogni 10 ottobre, immancabilmente, mi chiamava per farmi gli auguri di buon onomastico.
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La nonna Sandra era anche colei che ci vestiva con maglioni di lana fatti rigorosamente a ferri da lei, dopo che ci aveva fatto scegliere il modello su una rivista e lo aveva adattato ai nostri gusti ("qualcuno" ha avuto il coraggio di perdere in montagna un maglione rosso con ricamato Goldrake e la nonna glielo ha rifatto pari pari); colei che appena arrivavamo a casa sua ci offriva la copia di Euroclub per poter scegliere qualche libro da ordinare; colei che mi ospitava nel letto a scomparsa nella sua stanza, per evitarmi le torture del fratello maggiore sempre splalleggiato dal Nonno Nino (il maschilismo è una brutta bestia!) e che mi lasciava giocare con la sua pregiata volpe.
Potrei andare avanti a oltranza, ma non finirei mai di raccontare questa GRANDE DONNA!
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inserita il 12/10/2014
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