Lo Hobbit - La Desolazione di Smaug
"I am fire, I am death!" (io sono il fuoco, io sono la morte, per chi non parla la lingua delle tre Elisabetta).
Con queste parole, così pregne di simpatia, si accomiata Smaug, il gigantesco drago dalla voce e movenze di Sherlock Holmes (o Khan, per gli amanti di Star Trek), che Peter Jackson ha voluto come assoluto protagonista del secondo film della trilogia de Lo Hobbit, tanto da assegnargli persino un posto nel titolo.
Preoccupato di perdermelo nella magia del 3D, in tutta la sua sfavillante squamità, ho approfittato di un momento di distrazione del caldo-umido panamense per andare, con due neo-zelandesi (che era giusto ci fossero, visto dove hanno girato il film) ed una australiana, alla quasi-prima ad uno dei tanti multisala della capitale dell'istmo. E, per una bizzarra combinazione, ci è capitato di vederlo nei famosi 48fps, che significa fotogrammi-al-secondo per chi non mangia pane e pellicola a colazione.
Ora, detto che sono contento di averlo fatto, sono comunque rimasto - come molti - perplesso dalla prima parte del film. In cui succedono un bel po' di cose, ma molte delle quali non esattamente in linea con il libro di Tolkien, tanto che compaiono persino personaggi che in teoria appartenevano solo al Signore degli Anelli (uno fra tutti: il buon Legolas-bellicapelli, che peraltro in questo film pare più adulto di come appaia in quelli della trilogia dell'anello, che a rigor di logica si compiono dopo...) o ad altri libri ancora, come il Silmarillion.
I nani, poi, naneggiano, memori delle scorribande del primo film. Ma la cosa che mi è rimasta più impressa è la virata verso una storia più oscura, meno spensieratamente cazzeggiante qual era il primo episodio. Il che, per un racconto per bambini come era il testo originale, è un po' bizzarro, e si spiega solo con il tentativo di ammiccare ad un pubblico un po' più adulto, o soltanto più sgamato.
Per fortuna, c'è Smaug. Che nel suo duello verbale con il piccolo hobbit, che cerca invano di essere più sinuoso del suo antagonista, non ha forse la meglio, ma che sicuramente si accaparra tutta l'attenzione dello spettatore. E ci sono almeno due o tre scene in cui questo è riconosciuto, con lo schermo pieno di drago e in un angolino, piccoli piccoli, i membri dell'allegra combriccola che vuole sfidarlo finché, appunto, Smaug non sbotta con la frase di cui sopra... e a Bilbo non rimane che chiedersi "che cosa abbiamo combinato?"
Una nota, finale, sul 48fps: non è male, non è affatto male, anche se concordo con chi dice che l'essere umano normale abbisogna di un certo tempo per abituarcisi; nel mentre, tutto gli appare fin troppo definito, quasi come in uno di quei serial televisivi a cui HBO (tanto per citarne una) ci stanno abituando. E, proprio a causa di tale definizione, si notano anche le più piccole anomalie, quindi per esempio il trucco degli orchi in certi casi sembra non essere riuscitissimo, facendo pensare più ad una puntata di "The walking dead" o di "Game of Thrones"... Però, vale la pena di fare l'esperienza. In attesa del fuoco, e della morte.
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Commenti
Protagonista assoluta è l'oscurità, che lentamente, come nelle 3 puntate del Signore degli Anelli, sta prendendo il sopravvento lasciando spazio solo a qualche barlume di luce che viene oppurtunamente inserito nel contesto.
Devo dire che sono stato affascinato dalla bella Tauriel a cui sembra il regista abbia affidato un ruolo non da poco, forse perchè di "belle" nel film ce ne sono gran poche oltre a lei, così come ho apprezzato la parte di Bilbo Baggins, mentre i nani non mi hanno particolarmente stimolato, forse perchè se fossero stati anche in 3/4 la storia non avrebbe subito particolari mutamenti.
Da vedere se non altro per dare continuità al buon lavoro di ricostruzione dei romanzi di Tolkien la cui atmosfera viene resa alla perfezione da un regista oramai avvezzo a ciò, attendendo l'ultimo capitolo dell'opera.
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inserita il 22/12/2013
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