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Sequestrato tra l'Africa e l'Asia

immagineL'idea iniziale era quella di vedere il Canale di Suez. Per questo, avevo contattato MoMo, un membro di CouchSurfing abitante ad Ismailia, che si trova nella posizione ottimale per osservare il passaggio delle navi. E per andarlo a trovare ho preso il bus delle 7:30 del mattino da Hurghada. Tempo di viaggio previsto: 6 ore. Tempo effettivo: 8 ore e mezza, a causa dell'enorme numero di posti di blocco che passiamo e dove quando controllano solo i documenti va già bene. Arrivato ad Ismailia, che prende il nome dal khedive Ismail il Magnifico (magnifico spendaccione, a quanto pare: i festeggiamenti per la realizzazione del canale gli costarono non solo un occhio, ma pure il trono), trovo subito per strada un'insegna divelta ed utilizzata a mò di barriera... ottimo biglietto da visita, non c'è che dire. Il bus non ci ha neppure portato in città, fermandosi fuori, per paura che qualcosa di brutto potesse accadergli... con altri tre passeggeri prendo un taxi, e mi reco comunque alla stazione dei bus, dove spero di trovare un amico di MoMo, bloccato al Cairo dalle manifestazioni. Niente da fare, quindi mi incammino verso piazza Orobi, dove so esserci alcuni hotel. Tank color sabbia a tutti gli incroci, blindati come se piovesse, ma poi si arriva ad un punto in cui spariscono e compaiono invece le barricate improvvisate, fatte col filo spinato e coi mattoni forati e le assi di legno. Il centro città è territorio delle ronde, sono loro che controllano quel che accade, il patto non scritto con l'esercito è questo. C'è una manifestazione in centro, Midan Orobi e la stazione sono invece vuote, i treni non corrono più da oggi sui binari egiziani. Nonostante io sia probabilmente l'unico turista occidentale in città, alcuni hotel sparano comunque cifre esorbitanti. Due ragazzi che parlano inglese me ne trovano uno carino per un prezzo normale (5 euri, il più caro fino ad ora in Egitto), mi faccio finalmente una doccia e poi esco nonostante il coprifuoco (del quale paiono infischiarsene tutti) e incontro Ahmed, marinaio qui in vacanza (un altro di quelli che le date se le sceglie con oculatezza!). Mi scorta in giro, mi fa vedere le manifestazioni e poi i palazzi rimasti dal periodo in cui i francesi qui ci vivevano con piacere. Un te e un pò di tv in una caffetteria, poi raggiungiamo i suoi amici ad uno dei capannelli che la sera si formano ad ogni incrocio. Ci sono Akab, altro marinaio enorme armato di pistola scacciacani e palo con punta chiodata (modello fiocina da Moby Dick, o almeno quella è l'impressione che fa), Indiana Jones con la sua frusta, un altro paio di tipi con dei bastoni di legno e poi il massimo, Batman, con spray al pepe, bastone metallico telescopico e coltellaccio con mirino (quelli da innestare sui fucili); seduti sulle seggiole di plastica, prendono il te e si scaldano ad un fuocherello parlando di quanto sta succedendo, sempre però con l'orecchio teso per individuare eventuali malviventi che tentino di intrufolarsi nella zona. La situazione è ai limiti del paradossale, amerei stare con loro tutta la notte ma sono sufficientemente distrutto e torno in albergo.
Il giorno successivo, dovrei trovarmi alle 10 con Ahmed offertosi di portarmi a vedere il canale. Il tempo egiziano fa però sì che lui non si presenti puntuale, quindi ne approfitto per parlare con la commessa di un'agenzia viaggi, finalmente dalla parte del presidente Mubarak. Mi fa notare che El Baradei viene da fuori e non sa niente della situazione locale, mentre invece Mubarak si è preso cura di loro per trent'anni, e sono solo i suoi cattivi consiglieri che gli hanno impedito di vedere i problemi con cui conviveva il popolo; ora che ha promesso di intervenire per risolverli, merita fiducia... Arriva Ahmed in macchina con tre suoi amici e partiamo per il canale. Ad Ismailia due bracci di questa immensa fessura che divide l'Africa dall'Asia si incontrano in un lago, dove le navi possono cedersi il passo, essendo la navigazione sempre a senso unico a causa dello spazio disponibile. Proviamo ad arrivarci da un lato, ma al posto di controllo non ci lasciano passare; proviamo allora sull'altro lato, e finalmente ci arriviamo. C'è pure un traghetto, gratuito, che lo attraversa, e su mia richiesta mi lasciano lì per tornare in centro a discutere, ad organizzare, ad orchestrare la rivolta, che secondo Ahmed sta perdendo di vista il suo scopo originario e rischia di naufragare nel nulla. I militari non mi lasciano salire sul traghetto (alla faccia del loro eterno "velcom tu igipt!", che continuano indefessi a ripetermi ad ogni occasione), avvisto di lontano una nave che sta imboccando il canale e mi precipito in un altro punto da cui riesco a scattare buone foto; poi, ritorno camminando in centro, lungo viali che nonostante quanto accade sono tra i più puliti che ho visto in Egitto. Vorrei vedere la casa di De Lesseps, il francese artefice della grande opera che ha permesso di ridurre enormemente i tempi di navigazione tra l'Europa e l'Asia, e chiedo ad un militare il permesso di incamminarmi su una via presidiata da carri. Non l'avessi mai fatto: mi controllano i documenti e lo zainetto, e quando trovano la macchina fotografica (che porto sempre con me, ovviamente) mi portano prima in un gabbiotto dove vengo sottoposto ad una sfilza di domande ripetitive (la più importante delle quali sembra essere "cosa ci fai qui?") e poi in una caserma, dove vengo reinterrogato. La cosa ridicola di tutta la storia è che dicono che avrei fatto foto a degli obiettivi militari, cosa che ovviamente io avevo invece accuratamente evitato; ad un certo punto, per suffragare la loro tesi, mi riportano la macchina fotografica in cui, magicamente, sono apparse tre foto di blindati in varie pose; quando però gli faccio notare che le foto sono state scattate dopo che mi avevano preso la macchinetta, e che è evidente, decidono di cancellarle, sparendo poi - sempre col mio passaporto in ostaggio, sia chiaro. Mi tengono lì per ore, in una comoda sala per conferenze; mi offrono pure il caffé, che visto quanto hanno fatto con la macchina fotografica mi sento di rifiutare cortesemente ché non si sa mai. Chiedo spiegazioni, minaccio di contattare l'ambasciata (ho nel frattempo contattato mia sorella, dicendole dove sono e chiedendole di avvertire la Farnesina nel caso non abbia mie notizie entro un certo tempo preciso), e continuo a ricevere risposte tipo "sorry, sorry, only wait 5 minutes"... di 5 minuti in 5 minuti, con rumori di manifestazioni in corso all'esterno (scoprirò poi, alcune pro-Mubarak ed altre contro), arriviamo alle 19:30, quando finalmente mi lasciano andare senza alcuna spiegazione, solo l'ennesimo "sorry, sorry". Torno in hotel, dove incontro il ragazzo del giorno prima, che mi dice che hanno ripristinato internet, seppure le connessioni sono lente; dal suo negozio, che mi apre nonostante il coprifuoco e dopo aver chiesto il permesso a tre militari, riesco a scrivere a casa per tranquillizzare sulla mia situazione. Ceno, poi torno al capannello della sera prima dai miei "superoi" per parlare un po'. In lontananza, si odono alcuni colpi di pistola a salve, tutti si mettono a correre in quella direzione dove un'auto è stata bloccata. Pare si trattasse di 5 individui che non si erano fermati al controllo documenti, forse spacciatori; due sono stati presi e consegnati ai militari, gli altri sono riusciti a scappare. C'è tensione nell'aria, le mamme coi bambini vanno a chiudersi in casa, gli altri tornano ai loro bivacchi. Un pullmino della polizia, scortato da gente a piede, batte le strade per chissà quale controllo (considerando che vanno nella direzione opposta a quella di fuga dei presunti delinquenti); arrivano al nostro incrocio, di nuovo controllano i documenti e il mio zainetto, le foto presenti sulla macchina fotografica (le stesse del pomeriggio, non ne ho fatte altre), e questa volta non gli vanno bene neppure quelle del canale, che in caserma mi avevano invece approvato... tocca cancellarle per dargli soddisfazione, li stramaledico pensando che alla fine di Ismailia non avrò neppure un ricordo del motivo per cui ci sono venuto (un software che ho usato stasera mi ha permesso però di recuperarle, alla facciaccia loro!). Saluto i supereroi, e me ne tonor sconsolato a letto.
Questa mattina, di buon'ora, vado alla stazione dei bus e prendo l'unica corriera per Dahab. Varie centinaia di chilometri, partenza in ritardo tanto per smentirsi e almeno 8 posti di blocco (in uno ci fanno persino scendere, poi devono trovare uno che parli inglese per il difficile compito di chiedermi "where you from?"... cazzo, mi verrebbe da dirgli, leggi il passaporto che hai in mano! C'è scritto REPUBBLICA ITALIANA, a lettere chiare...), alla fine arrivo a Dahab dopo il tramonto. Pochi turisti, in giro (strano!...), trovo una camera in un bell'hotel gestito da un ungherese per 3 euri e mezzo - colazione compresa -, e poi vengo qui in questo internet cafe a ragguagliarvi... Sarò un tesoro, ah?


Commenti

Il giorno 03/02/2011, Massielena ha scritto...
Nel frattempo abbiamo avuto l'opportunità di leggere sul Giornale di Vicenza altre note riguardanti il viaggio del Daniele in Egitto, ma la cosa più interessante è stata leggere i commenti da parte dei lettori alla fine.
Ne riporto un paio di brevi:
"Cosa fai la fratello! Il figo? Torna se non vuoi che ti sgozzino!"
"un altro che vuole mettersi nei casini!"
Credo che la posizione privilegiata da cui si possono osservare gli eventi che stanno accadendo renda forse ancor più interessante il viaggio; d'altra parte valutare la possibilità di allontanarsi il più velocemente possibile da tutto ciò mi parrebbe altrettanto importante.
Che fare?
Il giorno 08/02/2011, Daniele ha scritto...
Ho come l'impressione che tali commenti dicano molto di piu' sui commentatori che sul commentato... eppoi, il GdV drammatizza un po', come suo solito.
Faccio poi notare che la parola "velocemente" non e' molto conosciuta, qui in Egitto :)

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inserito il 03/02/2011
visualizzato: 2185 volte
commentato: 2 volte
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