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Talking 'bout a revolution, but it sounds like a..
Lo sapevo: arrivo ad Hurgada per riposarmi qualche giorno, dopo l'orgia di antichità a cui mi sono sottoposto (volontariamente, sia chiaro), ed ecco che scoppia il casino... Mi sa che devo farmi vedere da un esorcista...
e pensare che il viaggio era andato abbastanza bene: treno fino a Luxor, qualche ora in città e poi autobus fino alla città balneare sul Mar Rosso, dove mi attende Paolo, genovese ormai nazionalizzato egiziano che lavora come istruttore di immersioni. Baffetti che fanno pensare più ad un asburgo che ad un figlio del mar Tirreno, è in pausa non essendo ancora stagione per le immersioni, a causa della bassa temperatura dell'acqua: è vero che parliamo sempre di 20 gradi, ma qui è inverno, e le persone del posto girano la sera con il giubbotto perché hanno freddo. Quelli che si trovano perfettamente a loro agio, qui, sono i turisti, specialmente quelli russi che sembrano ormai essersi appropriati dell'intera località, tanto che spesso le insegne sono in egiziano e cirillico.
Al Cairo, intanto, scoppia la rivolta: migliaia di persone si danno appuntamento in Midan Tahrir, l'enorme piazza centrale che in realtà è una grande rotatoria e che è il punto di ritrovo preferito anche dagli stranieri, per protestare contro la continua inefficienza dell'amministrazione Mubarak. Vogliono mandarlo via, come han fatto i tunisini con Ben Ali, ma non sanno da che parte cominciare, perché sono ormai trent'anni che se ne stanno relativamente buonini... Si danno appuntamento su Facebook, ed eccoli lì ad urlare slogan, sotto lo sguardo di una polizia che non sa cosa fare.
Paolo mi porta in giro a visitare la città: prima ci inoltriamo a piedi per le stradine del vecchio nucleo, da cui il villaggio che viveva di estrazione di petrolio (e non, come molti pensano, di pesca) si è poi espanso sempre più fino a divenire quello che è ora, inerpicandoci su una sorta di rupe che si trova al centro e che fornisce un'ottima vista della costa; poi, in sella alla sua motoretta, andiamo lungo la costa, alla ricerca di una spiaggia libera. Ma la libertà, si sa, ha sempre un prezzo; e qui costa circa 10 lire egiziane, il diritto di scendere al mare lungo la spiaggia "libera", ovvero non già di proprietà di qualche hotel che ha provveduto a recintare il suo pezzo di arenile con alti muri e reticolati. L'alternativa praticamente non c'è, a meno di non volersi intrufolare in uno degli innumerevoli cantieri morti che riempiono di scheletri di palazzi tutta la costa: quando si hanno i soldi per le fondamenta, mi spiega Paolo, si comincia a costruire, senza curarsi del fatto che poi magari i fondi non bastano per arrivare al tetto... La sera ci incontriamo con Mustafa, suo amico beduino, sposato in passato con una signora inglese e dal sorriso davvero caloroso, che ci invita per il giorno dopo a visitare la casa che sta costruendo in una zona desertica, a cinque chilometri da qui. Poi, ci aggiriamo per il centro, alla ricerca di un locale in cui la musica non sia rumore, senza trovarne. A Paolo viene in mente che sicuramente io apprezzerei uno spettacolo di danza del ventre, ma anche di questi non ce n'è l'ombra, e finiamo in un postaccio in cui un pubblico di soli maschi si ubriaca servito da cameriere culone che fumano con te il narghilè e raccontano barzellette sconce... davvero il massimo della perdizione, per gente che normalmente le donne le vede velate e silenziose.
Le dimostrazioni nella capitale egiziana ottengono solo che il presidente Mubarak licenzi il governo, ma nulla più. La polizia sparisce dalle strade, e viene richiesto l'intervento dell'esercito.
Venerdì mattina presto vado alla stazione dei bus ad accogliere Annabelle, l'amica francese con cui avevo già visitato Alessandria: si è convinta a prendersi una minivacanza, e con il bus notturno è giunta fino a qui. Il bus, ovviamente, è in ritardo sull'orario previsto, quindi arriviamo a casa verso le sette del mattino e poi torniamo immediatamente al terminal perché Annabelle si è dimenticata la borsetta sul bus. La recuperiamo (forse per fortuita casualità, ma sono sicuro che anche l'onestà diffusa che ho sperimentato fino ad ora - tranne per quel che riguarda il turismo - giochi la sua parte), facciamo un'abbondante colazione egiziana con però anche un paio di omelette e poi andiamo direttamente in spiaggia, a goderci il sole e a fare il bagno. L'acqua è fredda al'inizio, o forse è il sole davvero caldo che gioca qualche scherzo, ma dopo un pò he ci si sta dentro non è male. A metà pomeriggio torniamo a casa, dove ci raggiungono Paolo e Mustafa, con i quali andiamo al mercato ad acquistare un pò di cibarie per il barbecue che abbiamo deciso di fare. Il 4x4 Toyota di Mustafa è indispensabile per raggiungere la sua casa, perché il nostro amico beduino ha scelto una zona in mezzo a quella che sembra una propaggine del deserto per cominciare a costruire. Mattoni di pietra bianchi, alternati a quelli normali rossi, e alcune costruzioni dalla tipica cupola sono già in piedi, al momento utilizzate come ricovero per cavalli da escursione; tutt'intorno, piante di vario tipo seminate (!) tre anni fa e che ora stanno crescendo, e dovrebbero tenere fuori il deserto. Il problema è l'acqua, al momento c'è un tubo di un paio di chilometri che ce la porta, ma sottoterra ci sono falde acquifere e parliamo della possibilità di estrarla con uno di quei mulini a vento che ho visto in Indonesia, costruiti dagli australiani. E altri mulini potrebbero servire per generare corrente elettrica, perché il vento c'è ed invece i pannelli solari costerebbero troppo.
Cuociamo le verdure sulla graticola e le patate dolci imbottite di formaggio in mezzo alle braci, mentre il sole si va a spegnere lontano colorando il cielo; a noi si aggiungono un paio di vicini, e per fortuna che siamo stati abbondanti con le dosi se no chi li sentiva i nostri stomaci?! Poi, dopo esserci goduti un pò le stelle, ritorniamo, perché il nostro ospite ha voglia di farsi un caffè con la moka...
Altre dimostrazioni in piazza Tahrir; l'esercito è arrivato, ma non sembra avere cattive intenzioni, si limita ad osservare. In compenso, hanno tagliato tutte le comunicazioni: telefoni, cellulari ed internet sono muti; l'intento è quello di impedire l'organizzazione di nuovi assembramenti, ma a quanto pare fallisce perché il passaparola funziona ancora. Dimostranti hanno dato fuoco in alcune città alle sedi del partito politico di Mubarak, e la televisione rimanda voci di assalti alle stazioni di polizia ed alle prigioni. Tutti qui hanno l'antenna parabolica sul tetto, quindi le notizie che non arrivano in un modo giungono comunque nell'altro.
Al sabato, consigliati da Paolo, partecipiamo ad un'escursione all'isola Giftun, non molto distante dalla costa: insieme con centinaia di altri turisti, e armati di maschere e pinne, raggiungiamo delle spiagge dorate che Annabelle ed io ignoriamo per gettarci subito a vedere i piccoli pezzi di barriera corallina che ci sono subito fuori. Il corallo non è granché, a dir la verità, ma ai pesci sembra importare poco, e ce n'è davvero un mare: pesci pagliaccio, pesci angelo, pesci ago, pesci farfalla e tante altre specie multicolori saettano intorno, troppo distanti dai delfini che abbiamo avvistato poco prima dalla barca per preoccuparsene. La sosta dura un'oretta e mezza circa, poi ritorniamo alle barche per spostarci in un'altra zona di mare aperto dove c'è un banco corallino ancora più esteso, e dove ovviamente ci rituffiamo. Questa volta la mia pazienza è ricompensata dall'avvistamento di un pesce palla, di un bel pesce scatola e di una piccola razza blu e gialla che osservo, fluttuando, per vari minuti. Peccato solo che debba osservare anche l'inciviltà di molti altri snorkellatori, che pestolano allegramente con le loro pinne danneggiando i coralli; anche farglielo notare non serve granché, alzano le spalle e se ne vanno... Pranzo in barca, poi nuovo spostamento, fin quasi al porto di Hurgada; vicino ad un faro, in mezzo ad una forte corrente, con alcuni altri temerari mi getto in acqua di nuovo, ma i risultati sono scarsi, e il sole ormai basso non scalda più come prima. Tornati, scopriamo che Paolo, figlio di fornai, ha fatto un paio di focacce, davvero deliziose; ceniamo assieme, poi andiamo a fare quattro passi, ma troviamo gruppetti di persone armati alla bell'e'meglio di bastoni e spranghe per difendere le loro case dall'assalto di ipotetici briganti e preferiamo non aggirarci troppo: non sembrano avere cattive intenzioni, ma non si sa mai cosa possa scatenare una eventuale scintilla. Annabelle sale sul bus che la riporterà al Cairo, nonostante i nostri tentativi di convincerla a prendersi un giorno di ferie per vedere come si evolve la situazione...
Due delinquenti sono entrati nel Museo del Cairo, distruggendo vari reperti; alcune prigioni sono state assaltate, e i prigionieri liberati; altri sono entrati nelle stazioni di polizia, incustodite, e hanno fatto razzia di armi. Nel frattempo, la gente continua a stazionare a piazza Tahrir, e Mubarak continua ad ignorarli, nominando un nuovo primo ministro ed un nuovo vice-presidente (e questa sì che è una novità, non era mai successo prima). L'esercito non interviene, ma vengono realizzati dei posti di blocco. E viene istituito un coprifuoco, che però molti ignorano. Voci di violenze ad Alessandria, a Suez, a Assuan. Più di cento morti, in tutto il paese. El Baradein, premio nobel per la pace ed ex capo dell'agenzia di controllo sul nucleare dell'ONU, parla alle folle proponendosi come leader dell'opposizione, e pare proprio che le opposizioni, compresi i "fratelli musulmani", lo supportino.
La domenica scorre placida: vado in spiaggia quasi tutto il giorno, anche se c'è vento e fa freddino e di infilarsi in acqua non mi passa proprio per l'anticamera del cervello. Poi, passa Paolo a prendermi, e tornati a casa lo convinco ad insegnarmi a preparare la pizza; andiamo perciò in un grande supermercato per ricchi, unico posto a sentire lui dove si trovano i veri pomodori pelati (in realtà poi scopriamo che ce li hanno anche al supermercato vicino a casa, anche se di marca differente); le pizze lievitano, il formaggio fonde, e noi ci facciamo una scorpacciata serale niente male. Ma niente uscita post-cena: tardo un pò al telefono con una giornalista del Giornale di Vicenza, a cui fornisco informazioni sulla situazione qui in Egitto (io spererei di scrivere qualcosa a firma mia, ma senza internet sarebbe davvero un casino fargli avere un testo lungo), e il mio ospite non se la sente di avventurarsi tra i capannelli di gente, nonostante poche ore prima vantasse l'ottimo rapporto con il vicinato, da che ha comprato casa per viverci con la moglie egiziana ed il piccolo figlio. Facciamo allora scambio di musiche, io dal mio iPod e lui dalla sua collezione di musiche nazionali, e poi gli sistemo i computer di casa costruendogli una rete locale.
Ancora violenze al Cairo, ancora gente nelle piazze, ancora nessun cambiamento: situazione di stallo.
Sono giorni che Paolo mi dice di avere tanti lavori da fare, e che poi si perde via e non li fa mai. Perciò, definita la sua attuale priorità (che non lo è, a mio parere, ma il padrone di casa è lui), che è quella di ripulire una sorta di giardinetto dietro casa dove la vegetazione lussureggia ed i vicini scaricano tutta l'immondizia possibile, ci armiamo di guanti e berretti (ché il sole sc-iocca!) e procediamo prima al disboscamento e poi all'ammonticchiamento dell'immondizia. L'azione è un pò limitata dal timore che i vicini possano adirarsi per i cumuli di immondizia (io ne dubito, visto che son proprio l'ora che ce l'hanno buttata), per la quale bisogna attendere che passino gli spazzini che una mancetta convincerà a fare pulizia, e dalla mancanza di strumenti utili come - giusto per fare un esempio - un rastrello, ma riusciamo comunque a fare arrivare il sole al suolo, finalmente.
Il pomeriggio invece vado a comprarmi il biglietto del bus per raggiungere Ismailia, sul canale di Suez, domattina, e poi vado a fare quattro passi nella zona di Sigala, dove i turisti cercano di evitare le insidie dei venditori dei carabattole mentre si aggirano con il loro passo ciondolante.
A casa intanto è arrivato un amico di Paolo, che stanotte deve viaggiare verso Alessandria e a cui Paolo affida dei soldi da portare a sua moglie, bloccata dai tumulti nella città dove era andata a trovare dei parenti. Al Cairo si prevede una marcia di un milione di persone, la tv ha appena confermato che non ci sarà oppressione da parte dell'esercito, io - come ho detto al secondo giornalista del GdV, che mi ha richiamato questa sera per sapere se ci sono aggiornamenti - un pò di voglia di andare a vedere cosa succede nella capitale ce l'avrei... Chissà che succederà...
e pensare che il viaggio era andato abbastanza bene: treno fino a Luxor, qualche ora in città e poi autobus fino alla città balneare sul Mar Rosso, dove mi attende Paolo, genovese ormai nazionalizzato egiziano che lavora come istruttore di immersioni. Baffetti che fanno pensare più ad un asburgo che ad un figlio del mar Tirreno, è in pausa non essendo ancora stagione per le immersioni, a causa della bassa temperatura dell'acqua: è vero che parliamo sempre di 20 gradi, ma qui è inverno, e le persone del posto girano la sera con il giubbotto perché hanno freddo. Quelli che si trovano perfettamente a loro agio, qui, sono i turisti, specialmente quelli russi che sembrano ormai essersi appropriati dell'intera località, tanto che spesso le insegne sono in egiziano e cirillico.
Al Cairo, intanto, scoppia la rivolta: migliaia di persone si danno appuntamento in Midan Tahrir, l'enorme piazza centrale che in realtà è una grande rotatoria e che è il punto di ritrovo preferito anche dagli stranieri, per protestare contro la continua inefficienza dell'amministrazione Mubarak. Vogliono mandarlo via, come han fatto i tunisini con Ben Ali, ma non sanno da che parte cominciare, perché sono ormai trent'anni che se ne stanno relativamente buonini... Si danno appuntamento su Facebook, ed eccoli lì ad urlare slogan, sotto lo sguardo di una polizia che non sa cosa fare.
Paolo mi porta in giro a visitare la città: prima ci inoltriamo a piedi per le stradine del vecchio nucleo, da cui il villaggio che viveva di estrazione di petrolio (e non, come molti pensano, di pesca) si è poi espanso sempre più fino a divenire quello che è ora, inerpicandoci su una sorta di rupe che si trova al centro e che fornisce un'ottima vista della costa; poi, in sella alla sua motoretta, andiamo lungo la costa, alla ricerca di una spiaggia libera. Ma la libertà, si sa, ha sempre un prezzo; e qui costa circa 10 lire egiziane, il diritto di scendere al mare lungo la spiaggia "libera", ovvero non già di proprietà di qualche hotel che ha provveduto a recintare il suo pezzo di arenile con alti muri e reticolati. L'alternativa praticamente non c'è, a meno di non volersi intrufolare in uno degli innumerevoli cantieri morti che riempiono di scheletri di palazzi tutta la costa: quando si hanno i soldi per le fondamenta, mi spiega Paolo, si comincia a costruire, senza curarsi del fatto che poi magari i fondi non bastano per arrivare al tetto... La sera ci incontriamo con Mustafa, suo amico beduino, sposato in passato con una signora inglese e dal sorriso davvero caloroso, che ci invita per il giorno dopo a visitare la casa che sta costruendo in una zona desertica, a cinque chilometri da qui. Poi, ci aggiriamo per il centro, alla ricerca di un locale in cui la musica non sia rumore, senza trovarne. A Paolo viene in mente che sicuramente io apprezzerei uno spettacolo di danza del ventre, ma anche di questi non ce n'è l'ombra, e finiamo in un postaccio in cui un pubblico di soli maschi si ubriaca servito da cameriere culone che fumano con te il narghilè e raccontano barzellette sconce... davvero il massimo della perdizione, per gente che normalmente le donne le vede velate e silenziose.
Le dimostrazioni nella capitale egiziana ottengono solo che il presidente Mubarak licenzi il governo, ma nulla più. La polizia sparisce dalle strade, e viene richiesto l'intervento dell'esercito.
Venerdì mattina presto vado alla stazione dei bus ad accogliere Annabelle, l'amica francese con cui avevo già visitato Alessandria: si è convinta a prendersi una minivacanza, e con il bus notturno è giunta fino a qui. Il bus, ovviamente, è in ritardo sull'orario previsto, quindi arriviamo a casa verso le sette del mattino e poi torniamo immediatamente al terminal perché Annabelle si è dimenticata la borsetta sul bus. La recuperiamo (forse per fortuita casualità, ma sono sicuro che anche l'onestà diffusa che ho sperimentato fino ad ora - tranne per quel che riguarda il turismo - giochi la sua parte), facciamo un'abbondante colazione egiziana con però anche un paio di omelette e poi andiamo direttamente in spiaggia, a goderci il sole e a fare il bagno. L'acqua è fredda al'inizio, o forse è il sole davvero caldo che gioca qualche scherzo, ma dopo un pò he ci si sta dentro non è male. A metà pomeriggio torniamo a casa, dove ci raggiungono Paolo e Mustafa, con i quali andiamo al mercato ad acquistare un pò di cibarie per il barbecue che abbiamo deciso di fare. Il 4x4 Toyota di Mustafa è indispensabile per raggiungere la sua casa, perché il nostro amico beduino ha scelto una zona in mezzo a quella che sembra una propaggine del deserto per cominciare a costruire. Mattoni di pietra bianchi, alternati a quelli normali rossi, e alcune costruzioni dalla tipica cupola sono già in piedi, al momento utilizzate come ricovero per cavalli da escursione; tutt'intorno, piante di vario tipo seminate (!) tre anni fa e che ora stanno crescendo, e dovrebbero tenere fuori il deserto. Il problema è l'acqua, al momento c'è un tubo di un paio di chilometri che ce la porta, ma sottoterra ci sono falde acquifere e parliamo della possibilità di estrarla con uno di quei mulini a vento che ho visto in Indonesia, costruiti dagli australiani. E altri mulini potrebbero servire per generare corrente elettrica, perché il vento c'è ed invece i pannelli solari costerebbero troppo.
Cuociamo le verdure sulla graticola e le patate dolci imbottite di formaggio in mezzo alle braci, mentre il sole si va a spegnere lontano colorando il cielo; a noi si aggiungono un paio di vicini, e per fortuna che siamo stati abbondanti con le dosi se no chi li sentiva i nostri stomaci?! Poi, dopo esserci goduti un pò le stelle, ritorniamo, perché il nostro ospite ha voglia di farsi un caffè con la moka...
Altre dimostrazioni in piazza Tahrir; l'esercito è arrivato, ma non sembra avere cattive intenzioni, si limita ad osservare. In compenso, hanno tagliato tutte le comunicazioni: telefoni, cellulari ed internet sono muti; l'intento è quello di impedire l'organizzazione di nuovi assembramenti, ma a quanto pare fallisce perché il passaparola funziona ancora. Dimostranti hanno dato fuoco in alcune città alle sedi del partito politico di Mubarak, e la televisione rimanda voci di assalti alle stazioni di polizia ed alle prigioni. Tutti qui hanno l'antenna parabolica sul tetto, quindi le notizie che non arrivano in un modo giungono comunque nell'altro.
Al sabato, consigliati da Paolo, partecipiamo ad un'escursione all'isola Giftun, non molto distante dalla costa: insieme con centinaia di altri turisti, e armati di maschere e pinne, raggiungiamo delle spiagge dorate che Annabelle ed io ignoriamo per gettarci subito a vedere i piccoli pezzi di barriera corallina che ci sono subito fuori. Il corallo non è granché, a dir la verità, ma ai pesci sembra importare poco, e ce n'è davvero un mare: pesci pagliaccio, pesci angelo, pesci ago, pesci farfalla e tante altre specie multicolori saettano intorno, troppo distanti dai delfini che abbiamo avvistato poco prima dalla barca per preoccuparsene. La sosta dura un'oretta e mezza circa, poi ritorniamo alle barche per spostarci in un'altra zona di mare aperto dove c'è un banco corallino ancora più esteso, e dove ovviamente ci rituffiamo. Questa volta la mia pazienza è ricompensata dall'avvistamento di un pesce palla, di un bel pesce scatola e di una piccola razza blu e gialla che osservo, fluttuando, per vari minuti. Peccato solo che debba osservare anche l'inciviltà di molti altri snorkellatori, che pestolano allegramente con le loro pinne danneggiando i coralli; anche farglielo notare non serve granché, alzano le spalle e se ne vanno... Pranzo in barca, poi nuovo spostamento, fin quasi al porto di Hurgada; vicino ad un faro, in mezzo ad una forte corrente, con alcuni altri temerari mi getto in acqua di nuovo, ma i risultati sono scarsi, e il sole ormai basso non scalda più come prima. Tornati, scopriamo che Paolo, figlio di fornai, ha fatto un paio di focacce, davvero deliziose; ceniamo assieme, poi andiamo a fare quattro passi, ma troviamo gruppetti di persone armati alla bell'e'meglio di bastoni e spranghe per difendere le loro case dall'assalto di ipotetici briganti e preferiamo non aggirarci troppo: non sembrano avere cattive intenzioni, ma non si sa mai cosa possa scatenare una eventuale scintilla. Annabelle sale sul bus che la riporterà al Cairo, nonostante i nostri tentativi di convincerla a prendersi un giorno di ferie per vedere come si evolve la situazione...
Due delinquenti sono entrati nel Museo del Cairo, distruggendo vari reperti; alcune prigioni sono state assaltate, e i prigionieri liberati; altri sono entrati nelle stazioni di polizia, incustodite, e hanno fatto razzia di armi. Nel frattempo, la gente continua a stazionare a piazza Tahrir, e Mubarak continua ad ignorarli, nominando un nuovo primo ministro ed un nuovo vice-presidente (e questa sì che è una novità, non era mai successo prima). L'esercito non interviene, ma vengono realizzati dei posti di blocco. E viene istituito un coprifuoco, che però molti ignorano. Voci di violenze ad Alessandria, a Suez, a Assuan. Più di cento morti, in tutto il paese. El Baradein, premio nobel per la pace ed ex capo dell'agenzia di controllo sul nucleare dell'ONU, parla alle folle proponendosi come leader dell'opposizione, e pare proprio che le opposizioni, compresi i "fratelli musulmani", lo supportino.
La domenica scorre placida: vado in spiaggia quasi tutto il giorno, anche se c'è vento e fa freddino e di infilarsi in acqua non mi passa proprio per l'anticamera del cervello. Poi, passa Paolo a prendermi, e tornati a casa lo convinco ad insegnarmi a preparare la pizza; andiamo perciò in un grande supermercato per ricchi, unico posto a sentire lui dove si trovano i veri pomodori pelati (in realtà poi scopriamo che ce li hanno anche al supermercato vicino a casa, anche se di marca differente); le pizze lievitano, il formaggio fonde, e noi ci facciamo una scorpacciata serale niente male. Ma niente uscita post-cena: tardo un pò al telefono con una giornalista del Giornale di Vicenza, a cui fornisco informazioni sulla situazione qui in Egitto (io spererei di scrivere qualcosa a firma mia, ma senza internet sarebbe davvero un casino fargli avere un testo lungo), e il mio ospite non se la sente di avventurarsi tra i capannelli di gente, nonostante poche ore prima vantasse l'ottimo rapporto con il vicinato, da che ha comprato casa per viverci con la moglie egiziana ed il piccolo figlio. Facciamo allora scambio di musiche, io dal mio iPod e lui dalla sua collezione di musiche nazionali, e poi gli sistemo i computer di casa costruendogli una rete locale.
Ancora violenze al Cairo, ancora gente nelle piazze, ancora nessun cambiamento: situazione di stallo.
Sono giorni che Paolo mi dice di avere tanti lavori da fare, e che poi si perde via e non li fa mai. Perciò, definita la sua attuale priorità (che non lo è, a mio parere, ma il padrone di casa è lui), che è quella di ripulire una sorta di giardinetto dietro casa dove la vegetazione lussureggia ed i vicini scaricano tutta l'immondizia possibile, ci armiamo di guanti e berretti (ché il sole sc-iocca!) e procediamo prima al disboscamento e poi all'ammonticchiamento dell'immondizia. L'azione è un pò limitata dal timore che i vicini possano adirarsi per i cumuli di immondizia (io ne dubito, visto che son proprio l'ora che ce l'hanno buttata), per la quale bisogna attendere che passino gli spazzini che una mancetta convincerà a fare pulizia, e dalla mancanza di strumenti utili come - giusto per fare un esempio - un rastrello, ma riusciamo comunque a fare arrivare il sole al suolo, finalmente.
Il pomeriggio invece vado a comprarmi il biglietto del bus per raggiungere Ismailia, sul canale di Suez, domattina, e poi vado a fare quattro passi nella zona di Sigala, dove i turisti cercano di evitare le insidie dei venditori dei carabattole mentre si aggirano con il loro passo ciondolante.
A casa intanto è arrivato un amico di Paolo, che stanotte deve viaggiare verso Alessandria e a cui Paolo affida dei soldi da portare a sua moglie, bloccata dai tumulti nella città dove era andata a trovare dei parenti. Al Cairo si prevede una marcia di un milione di persone, la tv ha appena confermato che non ci sarà oppressione da parte dell'esercito, io - come ho detto al secondo giornalista del GdV, che mi ha richiamato questa sera per sapere se ci sono aggiornamenti - un pò di voglia di andare a vedere cosa succede nella capitale ce l'avrei... Chissà che succederà...
Nota bene:
per chi volesse contattare Paolo, come istruttore subacqueo specializzato nella fotografia (e le foto sono davvero belle!), il suo indirizzo e-mail e' pao2664@yahoo.it
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inserito il 02/02/2011
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