Ponti e isole che compaiono dalla nebbia
"And if you're going to San Francisco
Be sure to wear some flowers in your hair
If you're going to San Francisco
You're gonna meet some gentle people there
For those who come to San Francisco
Summertime will be a love-in there
In the streets of San Francisco
Gentle people with flowers in their hair"
Sfatiamo i falsi miti: durante i tre giorni passati a San Francisco, prima tappa del nostro tour di parte degli Stati Uniti (principalmente, parchi nazionali e foreste e supervulcani), non abbiamo visto una sola persona con i fiori tra i capelli. Persone strane molte, anche con cose bizzarre in testa, ma di fiori neanche l'ombra.
E l'estate, poi, è bizzarra anch'essa, anche se piacevole (specie se si arriva da una calda Italia): la nebbia avvolge tutto, facendo scomparire e ricomparire di continuo le grandi icone di questa città che conosciamo tutti per averla attraversata in macchina con Karl Malden e Michael Douglas ne "Le strade di San Francisco". Ce l'avevano preannunciata, la nebbia a luglio, ma un conto è sentirtelo dire ed un conto è trovarsi qui e faticare a vedere il famosissimo ponte rosso che cavalca lo stretto del Golden Gate, con i tiranti della lunghissima campata che sembrano comparire dal nulla, o la celeberrima isola-prigione di Alcatraz, che è lì da qualche parte nella baia ma non sai bene dove.
L'ostello dove soggiorniamo è vicino alla Union Square e a Chinatown, quindi cominciamo da queste la nostra esplorazione, fatta quasi tutta a piedi con un paio di autobus presi per gli spostamenti più lunghi; autobus, sì, di quelli normali, ché il magico tram su rotaia ormai corre solo per i turisti, che fanno la coda per salirci e pagare 7 dollari per una corsa che a piedi la fai in meno di mezz'ora. Intorno a noi, i moltissimi senza-tetto sono il segno più tangibile che la divisione tra ricchi e poveri si sta accentuando sempre più, qui nella patria delle grandi occasioni: vivono per la strada a decine, i più fortunati dentro una tenda appoggiata ad un lampione, gli altri su un pezzo di cartone o avvolti in una coperta nell'androne di un palazzo; e sono talmente tanti che i negozi ormai si attrezzano con cartelli che li invitano a restare fuori, pena un possibile intervento delle forze dell'ordine. La gente passa senza curarsene, e loro pure sembrano fare la loro vita sociale senza curarsi della città che li contiene.
Fanno da contrasto le case pulite e colorate, tutte rigorosamente rivestite di legno e alte al massimo due-tre piani, ché c'è solo un'area dove le torri ed i grattacieli svettano; i bus vi portano frotte di turisti mordi e fuggi, di quelli che scendono per uno o due scatti (e, magari, un selfie) e poi se ne vanno perché devono vedere tutto subito. Noi maciniamo invece chilometri, saliamo per la zigzagante Lombard Street o cerchiamo gli angoli migliori per una vista di Alcatraz, prendiamo pure a nolo delle biciclette e costeggiamo la baia vedendo gabbiani e delfini fino ad arrivare al ponte, che percorriamo in entrambi i sensi in quella che è una vera e propria bolgia di pedoni e ciclisti.
Mangiamo hamburger e mangiamo cibo cinese e mangiamo cibo fritto e patatine in uno di quei "diner" che sempre abbiamo visto nelle serie televisive; e ci meravigliamo per le non rare bellezze architettoniche di una città che è forse della misura giusta per chi sta conoscendo per la prima volta questo Paese.
Città di mare, San Francisco. E i moli sono vivi, anche se trasformati in qualcosa di turistico che poco ha a che fare con quello che vi accadeva una volta: al molo 39, chiamato anche "Fisherman's Wharf", è quasi impossibile camminare, da tanti turisti che ci sono, attirati dalle otarie mollemente addormentate su delle piattaforme galleggianti e dalla miriade di negozietti che vendono tutto ed il contrario di tutto.
Ed è da uno di questi moli che salpiamo a bordo di un traghettino per raggiungere "The Rock", uno dei penitenziari più famosi al mondo: Alcatraz. La visita è ben organizzata, non pacchiana, e l'audioguida permette di conoscere bene la storia della prigione e di coloro che vi erano confinati, compreso il sempre presente Al Capone; ma le folle sono enormi, e ti vien voglia di sgattaiolare dietro l'angolo non tanto per tentare di intrufolarti dove non ti è permesso ma di ritornare padrone del tuo spazio vitale.
La sirena del ponte lancia il suo triste ma potente richiamo nella nebbia, avvisando le imbarcazioni che stanno entrare nella baia di una delle città più importanti degli Stati Uniti; noi ci apprestiamo a lasciarla, San Francisco, per avventurarci nella Natura (più o meno) selvaggia che ci attende.
L'ostello è l'Amsterdam; dati i prezzi esosi di San Francisco, è forse la migliore soluzione per rapporto qualità/prezzo, almeno in centro.
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inserito il 27/07/2019
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