Couch-Sufi
Era (quasi) ovvio: arrivo io, e una cappa di nubi si installa tra il sole e la città del Cairo... per essere la divinità locale, direi che il nostro astro si fa vedere davvero poco. Così, se durante il giorno si può girare in maglietta a maniche corte, perché comunque la temperatura è alta, alla sera bisogna rispolverare un pulloverino e/o l'immancabile giacca a vento, memoria dell'Australia.
Incurante del pericolo attentati, che in realtà (e giustamente, a ben vedere) avevo stimato come molto basso, ho approfittato della natività per cominciare dal quartiere copto la mia visita della città. E non sono rimasto deluso, aggirandomi tra chiesette guardate a vista da decine di poliziotti e tipi con il walkie-talkie (dieci svanziche che sono quelli del servizio segreto!) e le cui scalinate erano piene di giovani coppiette egiziane, a volte adolescenti, che vi si rifugiavano per guardarsi teneramente a 2 metri di distanza (probabilmente, il massimo consentito in pubblico dalle convenzioni locali). Da lì ho poi proseguito per uno degli isolotti in mezzo al Nilo, dove sono andato a vedere una specie di strumento vecchissimo atto alla misurazione dell'altezza delle piene del fiume sacro: in pratica, una colonna di pietra, che riceveva le acque del fiume da tre condotti posti ad altezza differente e che serviva per capire se era meglio tirar su i mobili al secondo piano o se si poteva andare tranquilli con le coltivazioni. Il nome rispecchia la sapienza antica di questo popolo, che si dimostra arguto anche nelle piccole cose: Nilometro (sic!).
Esaurite le cose serie, ho deciso di perdermi, vagando volontariamente tra strade e stradine per vedere come se la passa la gente che non vive all'Hilton. Ho incontrato bambini che mi salutavano e mi chiedevano "uozziorneim?", adulti che mi invitavano a sedermi al bar con loro e mi offrivano un bicchiere di the caldo (accettato) e una tirata di shisha, la pipa ad acqua (o narghilè; non accettata, ma come se l'avessi fatto, grazie), oltre a chiedermi "uozziorneim?", un sacco di noiosi personaggi che ti si offrono come guida turistica o procacciatori di affari o venditori di un sacco di cose di cui ovviamente non hai bisogno e gentilissimi giuovani che, per spiegarmi la direzione che dovevo prendere per ritornare alla zona servita da mezzi pubblici comprensibili, mi hanno dato uno strappo in auto fino al lungoNilo.
La sera l'abbiamo passata con Nagui e la coppia di giovani francesi che ospitava in un locale, che neanche a farlo apposta si chiama Bistrot, dove ci ha raggiunto un flusso continuo di amici del nostro ospite; pareva che ogni singola persona che entrava dalla porta fosse amica del professore egiziano, e così abbiamo fatto conoscenza e parlato in varie lingue mentre alcuni ragazzi egiziani ci sottoponevano ad un fuoco di fila di domande curiose per confrontare i nostri modi di vivere (immancabile anche la domanda su Berlusconi; e vedeste le facce loro quando ho raccontato della nipote di Mubarak...).
Oggi, invece, giornata dedicata al Cairo islamico. Dopo aver raggiunto il centro con un passaggio datomi da Nagui, il che mi ha evitato una corsa con il polveroso ammasso di vagoni che chiamano tram, e poi la metropolitana (che invece è in ottime condizioni, e peccato solo che le linee sono poste in maniera poco utile ai turisti come me), ho vagato assieme ad Annabelle, professoressa di francese da due mesi qui in città e conosciuta ieri sera, per le strade e stradine del vecchio centro cairota, dove le moschee e le madrasse (scuole islamiche) si mescolano al suk, che poi è il mercato per chi non lo sapesse.
Ora, il mercato mostra di nuovo speciale arguzia, anche se devo dire che la stessa cosa avevo notato ed annotato in america del sud: i negozianti, o bancarellieri che dir si voglia, si muovono in branchi. Vale a dire che ogni settore del suk, ogni strada, è devoto ad una singola tipologia merceologica. Se pensate che ciò sia utile, provate a dover voler comprare per esempio un lenzuolo ed un paio di scarpe... se vi va bene, dovrete semplicemente fare un paio di centinaia di metri, per andare da una zona all'altra... ma mettere un casolino, che venda un pò di tutto, pare brutto a questa gente? Mah, ai poster l'ardua sentenza. Comunque, la cosa pare funzionare, quindi contenti loro scontenti tutti (gli altri).
Di moschee ce n'è una infinità, di belle e di brutte, di enormi e di enormemente inutili. E dove non giunge la vista dei colonnati, con i loro tappeti rossi o verdi che indicano la direzione della Mecca, giunge la voce dei muezzin, ormai registrata o quanto meno amplificata, che da decine di minareti fa un effetto surround davvero impressionante.
Ovviamente, quanto le visiti molto spesso ti si appiccica addosso il guardiano/cozza, strana specie di essere umano che non ti molla finché non gli hai mollato una mancetta (o l'hai bellamente ignorato, nel qual caso credo ti ricopra di maledizioni). Una delle tattiche migliori per scrollarselo è quella di fermarsi a guardare un dettaglio insignificante per minuti interi, finché lui avvista altri turisti e ti abbandona per loro; ovviamente, siccome sono arguti, hanno il piano di emergenza: ti attendono all'uscita, dove hanno in ostaggio le tue scarpe; ed ho sentito di gente che si è vista restituire solo una scarpa, perché avevano sganciato una mancia troppo esigua, almeno secondo il sequestratore.
Varcata l'ennesima soglia con metal detector (non so quanti ne funzionino veramente, ma ce n'è dappertutto), sono arrivato ad un luogo incredibile: pare sia l'unico in tutto l'Egitto in cui ti fanno vedere qualcosa senza chiederti dei soldi in cambio. E lo spettacolo offerto dai danzatori Sufi, con le musiche di tamburi e pifferi melodiosi ma soprattutto con le giravolte dei dervishi, uomini con grandi gonne colorate a campana, che fanno roteare a ritmo sempre più rapido con bellissime ed intense coreografie, è sicuramente degno delle due ore passate ad aspettare al proprio posto l'inizio dello spettacolo (ché se arrivi più tardi rischi che non ti facciano neppure entrare, da quanta gente ci va).
Serata terminata in un baretto nel suk, a sorbire the e condividere (non io) la shisha, assieme ad alcune persone conosciute in coda per i sufi, tra cui un italiano che proprio domani se ne torna nel freddo continente... ah, come vi invidio!
Incurante del pericolo attentati, che in realtà (e giustamente, a ben vedere) avevo stimato come molto basso, ho approfittato della natività per cominciare dal quartiere copto la mia visita della città. E non sono rimasto deluso, aggirandomi tra chiesette guardate a vista da decine di poliziotti e tipi con il walkie-talkie (dieci svanziche che sono quelli del servizio segreto!) e le cui scalinate erano piene di giovani coppiette egiziane, a volte adolescenti, che vi si rifugiavano per guardarsi teneramente a 2 metri di distanza (probabilmente, il massimo consentito in pubblico dalle convenzioni locali). Da lì ho poi proseguito per uno degli isolotti in mezzo al Nilo, dove sono andato a vedere una specie di strumento vecchissimo atto alla misurazione dell'altezza delle piene del fiume sacro: in pratica, una colonna di pietra, che riceveva le acque del fiume da tre condotti posti ad altezza differente e che serviva per capire se era meglio tirar su i mobili al secondo piano o se si poteva andare tranquilli con le coltivazioni. Il nome rispecchia la sapienza antica di questo popolo, che si dimostra arguto anche nelle piccole cose: Nilometro (sic!).
Esaurite le cose serie, ho deciso di perdermi, vagando volontariamente tra strade e stradine per vedere come se la passa la gente che non vive all'Hilton. Ho incontrato bambini che mi salutavano e mi chiedevano "uozziorneim?", adulti che mi invitavano a sedermi al bar con loro e mi offrivano un bicchiere di the caldo (accettato) e una tirata di shisha, la pipa ad acqua (o narghilè; non accettata, ma come se l'avessi fatto, grazie), oltre a chiedermi "uozziorneim?", un sacco di noiosi personaggi che ti si offrono come guida turistica o procacciatori di affari o venditori di un sacco di cose di cui ovviamente non hai bisogno e gentilissimi giuovani che, per spiegarmi la direzione che dovevo prendere per ritornare alla zona servita da mezzi pubblici comprensibili, mi hanno dato uno strappo in auto fino al lungoNilo.
La sera l'abbiamo passata con Nagui e la coppia di giovani francesi che ospitava in un locale, che neanche a farlo apposta si chiama Bistrot, dove ci ha raggiunto un flusso continuo di amici del nostro ospite; pareva che ogni singola persona che entrava dalla porta fosse amica del professore egiziano, e così abbiamo fatto conoscenza e parlato in varie lingue mentre alcuni ragazzi egiziani ci sottoponevano ad un fuoco di fila di domande curiose per confrontare i nostri modi di vivere (immancabile anche la domanda su Berlusconi; e vedeste le facce loro quando ho raccontato della nipote di Mubarak...).
Oggi, invece, giornata dedicata al Cairo islamico. Dopo aver raggiunto il centro con un passaggio datomi da Nagui, il che mi ha evitato una corsa con il polveroso ammasso di vagoni che chiamano tram, e poi la metropolitana (che invece è in ottime condizioni, e peccato solo che le linee sono poste in maniera poco utile ai turisti come me), ho vagato assieme ad Annabelle, professoressa di francese da due mesi qui in città e conosciuta ieri sera, per le strade e stradine del vecchio centro cairota, dove le moschee e le madrasse (scuole islamiche) si mescolano al suk, che poi è il mercato per chi non lo sapesse.
Ora, il mercato mostra di nuovo speciale arguzia, anche se devo dire che la stessa cosa avevo notato ed annotato in america del sud: i negozianti, o bancarellieri che dir si voglia, si muovono in branchi. Vale a dire che ogni settore del suk, ogni strada, è devoto ad una singola tipologia merceologica. Se pensate che ciò sia utile, provate a dover voler comprare per esempio un lenzuolo ed un paio di scarpe... se vi va bene, dovrete semplicemente fare un paio di centinaia di metri, per andare da una zona all'altra... ma mettere un casolino, che venda un pò di tutto, pare brutto a questa gente? Mah, ai poster l'ardua sentenza. Comunque, la cosa pare funzionare, quindi contenti loro scontenti tutti (gli altri).
Di moschee ce n'è una infinità, di belle e di brutte, di enormi e di enormemente inutili. E dove non giunge la vista dei colonnati, con i loro tappeti rossi o verdi che indicano la direzione della Mecca, giunge la voce dei muezzin, ormai registrata o quanto meno amplificata, che da decine di minareti fa un effetto surround davvero impressionante.
Ovviamente, quanto le visiti molto spesso ti si appiccica addosso il guardiano/cozza, strana specie di essere umano che non ti molla finché non gli hai mollato una mancetta (o l'hai bellamente ignorato, nel qual caso credo ti ricopra di maledizioni). Una delle tattiche migliori per scrollarselo è quella di fermarsi a guardare un dettaglio insignificante per minuti interi, finché lui avvista altri turisti e ti abbandona per loro; ovviamente, siccome sono arguti, hanno il piano di emergenza: ti attendono all'uscita, dove hanno in ostaggio le tue scarpe; ed ho sentito di gente che si è vista restituire solo una scarpa, perché avevano sganciato una mancia troppo esigua, almeno secondo il sequestratore.
Varcata l'ennesima soglia con metal detector (non so quanti ne funzionino veramente, ma ce n'è dappertutto), sono arrivato ad un luogo incredibile: pare sia l'unico in tutto l'Egitto in cui ti fanno vedere qualcosa senza chiederti dei soldi in cambio. E lo spettacolo offerto dai danzatori Sufi, con le musiche di tamburi e pifferi melodiosi ma soprattutto con le giravolte dei dervishi, uomini con grandi gonne colorate a campana, che fanno roteare a ritmo sempre più rapido con bellissime ed intense coreografie, è sicuramente degno delle due ore passate ad aspettare al proprio posto l'inizio dello spettacolo (ché se arrivi più tardi rischi che non ti facciano neppure entrare, da quanta gente ci va).
Serata terminata in un baretto nel suk, a sorbire the e condividere (non io) la shisha, assieme ad alcune persone conosciute in coda per i sufi, tra cui un italiano che proprio domani se ne torna nel freddo continente... ah, come vi invidio!
Nota bene:
uno dei gruppi musicali che vanno per la maggiore, e che ho ascoltato in alcune canzoni durante un concerto, si chiama Wust El Balad
uno dei gruppi musicali che vanno per la maggiore, e che ho ascoltato in alcune canzoni durante un concerto, si chiama Wust El Balad
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inserito il 09/01/2011
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