Lasciata la Bolivia, con il trenino sferragliante son partito da Santa Cruz per ritornare al paese del Samba. La frontiera boliviana mi ha offerto l'ennesima sorpresa: un dazio di dieci svanziche (circa 1 euro) per uscire dal Paese... mah, mi convince poco, ma vedo che lo applicano a tutti e che danno ricevuta... per quel che puó valere...

Arrivo a Corumbà, e dopo una rapida esplorazione mi rendo conto che in città c'è poco da fare e che l'ostello Green Track (propostomi da due ragazzi saliti sul treno alla penultima stazione per trovare clienti) è l'opzione più a buon mercato; ergo, mi ci sistemo, e poi comincio a indagare sulle possibilità di visitare il Pantanal.

Pantanal, come dice la parola stessa, è una zona che tende ad allagarsi, grazie alla ricchezza di fiumi e fiumiciattoli che l'attraversano, e alla miriade di pozze in cui si raccolgono le acque delle piogge torrenziali estive; flora e fauna, approfittando bellamente della situazione, fioriscono (ebbene sì: anche la fauna fiorisce!). tutto questo fa del luogo una mecca naturalistica per i visitatori stranieri, mentre apparentemente ai locali non gliene puó fregar di meno.

Tra le poche proposte (bisogna dire che Corumbà è in lizza per il premio di località turistica peggio organizzata del Brasile...), io e l'amico spagnolo Francisco (incontrato nell'ostello) restringiamo la scelta a due, approssimativamente dello stesso costo: 4 giorni e mezzo in una fazenda, con possibilità di alcune attività nel circodario, o 2 e mezzo in un accampamento, meno addentro nella riserva ma non per questo meno interessante. Fidandoci del nostro naso, e della apparentemente molto informata e molto informativa venditrice, optiamo per il secondo.

Il giorno dopo, sebbene in ritardo per la nostra sacrosanta protesta al vedere che intendevano piazzarci su un furgone di un'altra compagnia (con tanto di altri turisti), partiamo per l'avventura: a bordo di una sorta di camioncino con panche legnose nel cassone, facciamo quattro ore di strada lungo quella che una volta era la strada principale e che ora è stata chiusa al traffico pesante e rinominata "strada parque", avvistando moltitudini di animali: cpaibara, coccodrilli, aironi, ibis, cicogne e la mia delizia, una famiglia di lontre giganti che cercano di convincerci ad allontanarci e non disturbarle. Arrivati all'accampamento, incontriamo i nostri 3 compagni di avventura, la nostra guida, le nostre amache, la nostra anziana "cocinera" e tante allegre zanzare che ci accolgono festanti. Nelle 48 ore che seguono, realizziamo una serie di escursioni nelle zone circostanti, a piedi a cavallo ed in barca, cercando di avvistare altri animali e di apprendere qualcosa di più su questo luogo; purtroppo, la stagione essendo secca fa sì che gli animali si disperdano facilmente sul territorio, e nonostante il buon Carlinho il nostro carniere (fotografico) rimane sostanzialmente povero: qualche tucano, alcune scimmie urlatrici (è incredibile il rumore che fanno all'alba, pare di ascoltare un portentoso vento in lontananza ma sono loro, quei mucchi di pelo con la coda prensile!), altri coccodrilli, e i piranha che i miei compagni di avventura pescano nel fiume dove ci siamo bagnati poco prima... e ancora un armadillo, alcuni cervidi, un paio di nandù, tanti pappagalli schiamazzanti e molte, molte zanzare.

Arriva la vigilia di Natale, la nostra esperienza pantaneira giunge al termine, ci portano fino al bivio della strada principale e da lì saltiamo sul bus diretto a Campo Grande... dove incontriamo Alexandre!