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Vita vegetativa (con fiume)
Credo di aver già illustrato la noia del viaggiare in barca suquesti lunghi e grandi fiumi... intendiamoci: non è che sia brutto, anzi; ma bisogna essere equipaggiati, fortunati, e non aver perso la pazienza con altre vicende sgradevoli...
Io avevo terminato i miei libri prima di arrivare a Manaus, e non ho trovato occasione di comprarne nuovi; ero privo di walkman causa furto a mano armata in Ecuador; la pazienza non sapevo più dove stava di casa, dopo aver avuto a che fare con Olympus (a proposito: pare si siano assunti le loro responsabilità, ed abbiano deciso di pagare le imposte di ingresso in Brasile... non ci credo finché non la vedo, ma dicono che la mia macchina fotografica mi attenderà a Campo Grande...).
Ergo, ho fatto come le piante che creano le due strisce verdi che scorrono ai lati del fiume, alla stessa lenta velocità (ma in direzione contraria) dell'imbarcazione che mi trasporta: ho vegetato!
Colazione alle 7, pranzo all'incirca a mezzogiorno, cena alle 19; molta amaca, anche se durante il giorno non sopportavo la calura (anche quando pioveva, faceva comunque caldo) e cercavo come un gatto annoiato di trovare un posto con la giusta mistura di refrigerio e comodità, a volte sul ponte superiore (ma al riparo dalle onde sonore emesse dal mega altoparlante di un barista deficiente che pensava lo dovessero sentire anche a Città del Mexico) e a volte davanti alla cabina di pilotaggio; sparute conversazioni con qualche passeggero, anche se il mio livello di portoghese era troppo basso e venivo salvato solo da Oscar, peruviano appassionato di esoterismo con esperienza venticinquennale del Brasile e tanta voglia di arrivare a Lima dai suoi per Natale; e lettura e rilettura della mia guida, per decidere la rotta migliore per intercettare la macchina fotografica e proseguire il viaggio dopo questo lungo stop forzato.
Il tutto inframezzato dai miei languidi sguardi lanciati alle rive del fiume, dall'avvistamento di qualche delfino che sporge il naso dall'acqua (ma lo sapete cosa ci fanno qui con i delfini? Me l'ha raccontato Oscar, e altri l'hanno confermato: sapete quello che si racconta sui pastori soli e sulle loro pecorelle, no?, che poi non producono più lana così tanto vergine... beh, pare che da queste parti tendano ad acchiappare i cetacei, per dare libero sfogo alla loro incapacità di socializzare con le donne...), dagli interessanti viaggi fatti fino al distributore di acqua leggermente fredda...
Forse unico elemento di interesse sono gli intricati incroci corteggiatori che si vedono durante il giorno, e che pare (le voci corrono!) si risolvano poi in vivaci scambi fornicatori sul ponte in alto durante la notte: uomini e donne, tendenzialmente giovani ma non necessariamente, tendenzialmente eterosessuali ma non necessariamente (il cameriere dalle unghie dei piedi laccate la sa lunga...), sembrano ammazzare la noia cercando di rubarsi il partner a vicenda... io osservo, mantenendomi casto e puro come un buon cronista dev'essere...
Passiamo enormi chiatte che trasportano, a velocità così ridotte da dover essere chiamate "lentezze", tutti quei beni pesanti che una volta potevano scorrere rapidamente sulla strada che tuttora esiste ma che senza trazione a 4 ruote e molta pazienza (di nuovo, la pazienza...) è ora inutilizzabile (e pare che resterà così, per l'opposizione fornita dai grandi impresari fluviali alla sua riparazione e miglioria); 4 giorni per noi, e forse due settimane per loro... che due p***e!
Chissà perché, ho come l'impressione che quelle piante lungo la riva se la stiano passando meglio di me... credo di aver raggiunto il limite di saturazione di viaggi in battello su fiume...
Finalmente, dietro l'angolo, annunciato dalla sirena del capitano (che si toglie anche lui l'ancora dai pantaloni e la getta tra le onde...), compare Porto Velho! E, assieme a lui, un sorriso sul mio viso.
Io avevo terminato i miei libri prima di arrivare a Manaus, e non ho trovato occasione di comprarne nuovi; ero privo di walkman causa furto a mano armata in Ecuador; la pazienza non sapevo più dove stava di casa, dopo aver avuto a che fare con Olympus (a proposito: pare si siano assunti le loro responsabilità, ed abbiano deciso di pagare le imposte di ingresso in Brasile... non ci credo finché non la vedo, ma dicono che la mia macchina fotografica mi attenderà a Campo Grande...).
Ergo, ho fatto come le piante che creano le due strisce verdi che scorrono ai lati del fiume, alla stessa lenta velocità (ma in direzione contraria) dell'imbarcazione che mi trasporta: ho vegetato!
Colazione alle 7, pranzo all'incirca a mezzogiorno, cena alle 19; molta amaca, anche se durante il giorno non sopportavo la calura (anche quando pioveva, faceva comunque caldo) e cercavo come un gatto annoiato di trovare un posto con la giusta mistura di refrigerio e comodità, a volte sul ponte superiore (ma al riparo dalle onde sonore emesse dal mega altoparlante di un barista deficiente che pensava lo dovessero sentire anche a Città del Mexico) e a volte davanti alla cabina di pilotaggio; sparute conversazioni con qualche passeggero, anche se il mio livello di portoghese era troppo basso e venivo salvato solo da Oscar, peruviano appassionato di esoterismo con esperienza venticinquennale del Brasile e tanta voglia di arrivare a Lima dai suoi per Natale; e lettura e rilettura della mia guida, per decidere la rotta migliore per intercettare la macchina fotografica e proseguire il viaggio dopo questo lungo stop forzato.
Il tutto inframezzato dai miei languidi sguardi lanciati alle rive del fiume, dall'avvistamento di qualche delfino che sporge il naso dall'acqua (ma lo sapete cosa ci fanno qui con i delfini? Me l'ha raccontato Oscar, e altri l'hanno confermato: sapete quello che si racconta sui pastori soli e sulle loro pecorelle, no?, che poi non producono più lana così tanto vergine... beh, pare che da queste parti tendano ad acchiappare i cetacei, per dare libero sfogo alla loro incapacità di socializzare con le donne...), dagli interessanti viaggi fatti fino al distributore di acqua leggermente fredda...
Forse unico elemento di interesse sono gli intricati incroci corteggiatori che si vedono durante il giorno, e che pare (le voci corrono!) si risolvano poi in vivaci scambi fornicatori sul ponte in alto durante la notte: uomini e donne, tendenzialmente giovani ma non necessariamente, tendenzialmente eterosessuali ma non necessariamente (il cameriere dalle unghie dei piedi laccate la sa lunga...), sembrano ammazzare la noia cercando di rubarsi il partner a vicenda... io osservo, mantenendomi casto e puro come un buon cronista dev'essere...
Passiamo enormi chiatte che trasportano, a velocità così ridotte da dover essere chiamate "lentezze", tutti quei beni pesanti che una volta potevano scorrere rapidamente sulla strada che tuttora esiste ma che senza trazione a 4 ruote e molta pazienza (di nuovo, la pazienza...) è ora inutilizzabile (e pare che resterà così, per l'opposizione fornita dai grandi impresari fluviali alla sua riparazione e miglioria); 4 giorni per noi, e forse due settimane per loro... che due p***e!
Chissà perché, ho come l'impressione che quelle piante lungo la riva se la stiano passando meglio di me... credo di aver raggiunto il limite di saturazione di viaggi in battello su fiume...
Finalmente, dietro l'angolo, annunciato dalla sirena del capitano (che si toglie anche lui l'ancora dai pantaloni e la getta tra le onde...), compare Porto Velho! E, assieme a lui, un sorriso sul mio viso.
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inserito il 11/12/2005
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