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Posta Elettronica Certificata, obbligo con PECche

Entro la fine del mese di giugno, tutti le "ditte individuali" dovranno per legge dello Stato italiano dotarsi di indirizzo di posta elettronica certificata. C’è quindi una gran corsa, perché noi italiani siamo noti per aspettare sempre l’ultimo momento, ad accaparrarsene uno, per comunicarlo a chi con insistenza ed altrettanta intempestività lo sta chiedendo (camere di commercio, studi commercialistici, ecc.). Ma a cosa serve veramente la posta certificata? Chi ne ha bisogno? E come ce la si procura?

 

Cos’è la posta certificata?

La Posta Elettronica Certificata (detta anche posta certificata o PEC) è un sistema di comunicazione simile alla posta elettronica standard con in più alcune caratteristiche di sicurezza e di certificazione della trasmissione che rendono i messaggi opponibili a terzi, ovvero che hanno lo stesso valore legale di una raccomandata con avviso di ricevimento; l’utilizzo della PEC si sta quindi rapidamente diffondendo in molti settori in quanto permette di sostituire la raccomandata e il fax nei rapporti ufficiali e si può usare anche per l’inoltro di comunicazioni che attestino l’invio ma non richiedano la certificazione della consegna (ad esempio le fatture).

Attenzione però che una trasmissione può essere considerata posta certificata solo se le caselle del mittente e del destinatario sono entrambe caselle di posta elettronica certificata, altrimenti il sistema potrà fornire solo una parte delle funzionalità di certificazione previste (per esempio, non viene fornita la ricevuta di avvenuta consegna). Ovvero: se il mittente usa il suo account di posta certificata per scrivere ad una casella di posta normale, si perde parte delle funzionalità e, di conseguenza, parte della copertura "legale". Questo spiega perché molti studi professionistici e associazioni stanno richiedendo ai loro iscritti ed associati un indirizzo di posta elettronica certificata.

 

Chi è obbligato ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata?

Solo gli uffici della pubblica amministrazione, le società ed i professionisti. Non, quindi, i semplici cittadini, che non possono essere obbligati neppure dai suddetti interessati: sta a loro l’onere della comunicazione, e se voi non avete la PEC si arrangeranno in altro modo.

 

Come si fa ad aprire una casella di posta elettronica certificata?

Se volete utilizzarla solo per le comunicazioni con la pubblica amministrazione, potete richiedere gratuitamente un indirizzo nel sito predisposto dal governo italiano, compilando il formulario che vi viene proposto e poi recandovi presso un ufficio postale per confermare la vostra identità. Attenzione, però, che le "PEC del cittadino", riconoscibili appunto dal dominio @postacertificata.gov.it, sono riservate esclusivamente alle comunicazioni tra cittadini e pubbliche amministrazioni e quindi non possono essere utilizzate dalle imprese.

Per queste ultime bisogna purtroppo pagare. Quanto, sta a voi deciderlo: ci sono vari gestori che propongono caselle di posta, e al variare dei servizi erogati (backup automatico, grandezza spazio a disposizione, conferma via sms di spedizione e ricezione, ecc.) variano ovviamente i prezzi. Alcuni dei più economici sono Aruba e LegalPec, che per massimo 10 euri annui vi forniscono il servizio base; ma se ne possono trovare altri con una semplice ricerca in Google.

 

Creata la casella, poi è tutto a posto?

In realtà, non proprio. Il motivo è che la PEC ha alcune PECche di base:

  • non ha alcuna validità internazionale, in quanto non è riconosciuta da nessun altro stato oltre l’Italia e non si basa su tecnologie standard;
  • garantisce la conservazione dei documenti elettronici per 3 anni; dato che la legge prevede che i documenti vengano conservati per un minimo di 5 anni (che poi diventano 6), o addirittura per 10 anni, si deve comunque provvedere a stamparli e conservarli da qualche parte;
  • non sostituisce completamente la raccomandata, in quanto non garantisce la consegna alla persona, ma semplicemente la consegna ad una macchina (di fatto, è più oppugnabile di una raccomandata);
  • non garantisce la consegna del contenuto, ma di un generico contenuto, di cui in aggiunta non garantisce l’autenticità e l’integrità (come la raccomandata, e quindi non aggiunge valore);
  • non ha il valore di messaggi firmati digitalmente.

Tante spese per nulla, insomma. Farà però risparmiare un po’ di soldi in carta, inchiostro e affrancature (con ovvia disperazione di cartolai e Poste Italiane).

 

E se ricevo un messaggo PEC e non riesco ad aprirlo?

Ecco, questo mi è capitato anche stamattina: un fornitore mi ha inviato un messaggio PEC (senza reale bisogno di farlo) alla mia casella di posta elettronica normale, e dato che il contenuto (la parte "raccomandata") viene inscatolato all’interno del messaggio, con una estensione EML, almeno nella posta consultata sul web non è possibile visualizzare tale messaggio. Come si risolve? Due possibilità:

  • scaricando la posta e visualizzando anche il messaggio incriminato nel proprio programma di posta elettronica (Outlook, Thunderbird o altro che sia), eventualmente salvando prima l’allegato EML sul disco fisso e poi aprendolo direttamente nel programma di posta elettronica;
  • oppure, salvando il suddetto file EML, e poi aprendolo con un qualche programmino disponibile gratuitamente in rete, come per esempio FREE EML Viewer della SoftSpire, un file eseguibile (funziona quindi su Windows) che non ha neppure bisogno di essere installato, e che si limita a visualizzare il contenuto del messaggio ed i suoi eventuali allegati (niente di più, niente di meno, ma è quello che ci serve e tanto basta).

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inserita il 27/06/2013
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