C'è gringo e gringo
Si può tirare il fiato, ogni tanto? Sì, si può; anzi, si deve. Viaggiare, visitare, chiedere mappe ed informazioni, aspettare che la messa finisca (non per particolare avversione con uno dei tanti dei in cui l'umanità crede, ma per rispetto verso quella parte di umanità) per gironzolare per una chiesa, sedersi sulle panchine dello zocalo, camminare sul lungomare, cercare posti dove mangiare, aspettare ore sotto il sole per un passaggio che non verrà mai, comprimere le tue membra all'interno di un pulmino che è già pieno e per giunta non è concepito per le tue dimensioni, salutare, evitare le buche nei marciapiedi, contare le monete che hai in tasca per evitare che ti finiscano prima di arrivare dove stai andando... tutte cose che stancano, davvero... sì, lo so che non mi credete, ma viaggiare è davvero uno sporco lavoro (siate quindi contenti che ci siamo io ed altri a farlo per voi, mentre voi ve ne state comodamente seduti davanti al caminetto, con questo testo stampato sotto mano, a leggere mentre fuori fioccano freddo e neve e la Terra vi ricorda di essere viva con qualche scossa e qualche brontolio ogni tanto).
Ricetta estemporanea per tirare il fiato: si sceglie un'isola qualsiasi (nel mio caso, Isla Mujeres, proprio di fronte a Cancun; ma potrebbe essere anche Holbox, se il couchsurfer che ci abita non avesse deciso di aprire un hotel e non volesse più quindi ospitare se non a pagamento), e con un pò di fortuna si incontrano due persone come Wayne e Bob, "gringos" (che qui significa statunitensi) in pensione che si sono sistemati una casetta fronte-oceano e vivono un pò di quello che han messo da parte ed un pò degli introiti di un bel bilocale che affittano ai vacanzieri.
Io, in quanto couchsurfer, ho ricevuto invece una stanza privata al secondo piano, con bagno e terrazza e gatti che ogni tanto venivano a salutarmi. Soprattutto, ho ricevuto una calorosa accoglienza, mai pesante e sempre interessante. Perché, da quando hanno smesso di fare i turisti che scendevano dagli Stati Uniti per godersi un pò di sole, questi due personaggi hanno cominciato a mischiarsi con i locali, fino al punto che ora non hanno più quasi amici che non parlino messicano come madre lingua. E vivono una vita rilassata, fatta di piccole cose quotidiane come l'andare a fare la spesa al supermercato per fare quattro chiacchiere con i conoscenti o l'andare a far visita ad un amico detenuto in prigione a quanto pare ingiustamente (ma le lungaggini della giustizia locale sembrano non volerlo rilasciare così facilmente), giocare a carte (mi hanno insegnato un gioco molto bastardo, "shithead", a quanto pare di moda tra i viaggiatori, ed io ho ricambiato con delle furiose partite a Bohnanza) o prendersi cura della casa che ha bisogno di costante manutenzione a causa della salsedine che si infiltra ovunque. Niente spiagge o mare, a meno che non sia per accompagnare in visita me sulla scassata macchinetta senza portiere (ma che non mi sogni neppure di invitarli a passare mezza giornata in riva all'acqua, ché mi guarderebbero male).
Wayne cucina deliziosi pasti, ormai ben esperto della gastronomia locale, ed è quello che si prende più cura della casa; Bob è più tranquillo, forse anche perché fisicamente è meno scattante; entrambi sono fonte inesauribile di commenti, spesso sagaci, sullo stile di vita messicano, e ancor più su quello dei loro conterranei che vengono a visitare l'isola per un pò e scoprono che le consuetudini e le regole qui esistono ma non sono considerate, così possono tranquillamente girare in costume da bagno con le loro panzotte in bella mostra ed una birra in ogni mano (inutile dire che la cosa non entusiasma molto i miei due ospiti).
L'isola è piccola, c'è poco da vedere, e quasi tutti la girano con buffe macchinine da golf che sembrano arrancare sulle più piccole salitelle. Io il giorno in cui decido di fare snorkelling cammino fino all'altro lato, ad un posto che si chiama Garrafon Castillo dove paghi 50 pesos per entrare e ti danno una sedia a sdraio e un ombrellone e davanti a te c'è un pò di barriera corallina ed un pò di spiaggia; e se vuoi puoi nuotare fino all'altro Garrafon, quasi adiacente, dove invece i turisti pagano qualche decina di dollari yankee per vedere gli stessi pesci (e tu non ti spieghi il perché); e in effetti lo fai, ma hai più fortuna a 30 metri da dove hai messo il tuo asciugamano perché vedi prima una bella manta romboidale e poi una razza più piccolina ed un sacco di altri pesciotti molto curiosi che vivono intorno ai blocchi di cemento sommersi di qualche costruzione distrutta da Wilma... già, Wilma, quasi la dimenticavo: questa è zona che gli uragani amano percorrere, solitamente seminando distruzione, anche se a quanto mi dicono i miei due "gringos" se le case sono costruite solidamente come la loro non ci sono problemi, al massimo volano le sedie ed i vasi di fiori, per il resto c'è solo da preoccuparsi di fare scorta di cibo e candele ed acqua perché per alcuni giorni si rimane davvero tagliati fuori... sembra interessante, se si hanno un buon paio di libri da leggere...
I giorni passano veloci, tra una mano di shithead e un piatto di crema di pollo, quattro parole con i vicini di casa e l'appuntamento fisso del giovedì mattina per fare colazione con alcuni amici giù al porto. Vorrei rimanere più a lungo, lo stesso vorrebbero i miei nuovi amici, ma il sud chiama, e il conto alla rovescia per il mio ritorno in Italia continua a battere inesorabilmente, e se voglio vedere almeno qualcosa di Belize e Guatemala devo imbarcarmi su quel maledetto traghetto...
Wikipedia riporta le regole di Shithead (anche se non in italiano, almeno per il momento): http://en.wikipedia.org/wiki/Shithead_%28card_game%29
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inserito il 29/01/2012
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