Mérida ed il piccolo Puuc
Le comunicazioni con Alejo, il mio anfitrione, nelle ultime ventiquattr'ore sono state frenetiche: ha cambiato i propri piani almeno 3 volte. Ora si trova con sua moglie Rocìo (che significa "rugiada") e una coppia di amici su una spiaggia delle costa atlantica, non lontano da Progreso, a festeggiare il quinto anniversario di nozze. È lì che li raggiungo, e molto gentilmente, quando vengono a prendermi alla fermata del bus (approfittandone per fare un pò di spesa, avendo consumato tutte le provviste che si erano portati via), mi accompagnano prima al paesino lì nei pressi dove un monumento con dei finti fossili ed una targa a forma di osso di brontosauro ricordano il punto (in verità, leggermente al largo della costa, ma non siamo precisini!) in cui milioni di anni fa si schiantò il meteorite che diede tutto un nuovo significato alle parole "estinzione di massa".
Raggiunta la spiaggia, dove il secondo mezzo volkswagen dopo quello dei miei nuovi ospiti sta ondeggiando furiosamente facendo gemere gli ammortizzatori (Lennon e Maey diranno di aver fatto finta sentendoci arrivare, ma il dubbio rimane), portiamo tutto quel che serve per il barbeque in riva al mare e da lì ci godiamo le onde, il sole, il vento parlando di tutto e di niente e mangiucchiando di quando in quando. Facciamo anche il bagno, ma solo Alejo ed io, mentre degli altri l'unico a bagnarsi un pò è Lennon con la sua tavola da windsurf. E quando il sole se ne va, lascia il posto ad una stellata fantastica, lontano dalle luci della città, che solo a tarda notte ci vede ritornare.
Il primo giorno lo passo visitando la città, che ha un centro sì più grande di quello di Campeche ma che, in tutta onestà, non ne è all'altezza in quanto a bellezza e pulizia. Alcune cose però me lo fanno apprezzare comunque: dei bei murali sulla storia maya pre- e post- ispanica, all'interno del palazzo del governo, e la presenza di connessione internet E prese di corrente in tutte le piazze principali (come siamo indietro, in Italia, sotto certi aspetti!).
La sera, nell'ambito delle celebrazioni per il 470° anniversario della fondazione della città, mi godo alcuni spettacoli intorno allo zocalo: prima un balletto di tango nel centro culturale, e poi lungo le strade una sfilata e gran balli nei bei costumi tipici locali. Adulti e bambini che sembrano le loro copie in piccolo, i maschi con cappello e vestiti bianchi e zoccoli di legno, le femmine con delle vesti coloratamente ricamate e scarpe a tacco alto, riempiono la larga strada danzando al ritmo suonato da un'orchestrina ben assortita.
Puuc è il nome che si da ad un particolare stile maya, caratterizzato da speciali decorazioni lungo i muri degli edifici; alcuni siti della zona compongono la cosiddetta "Ruta Puuc", e sono tutti interessanti, ma il problema è riuscire a visitarli: non esiste servizio pubblico, tranne che nei finesettimana, così bisogna o fare un tour organizzato o noleggiare un'automobile. Le due opzioni non mi attirano particolarmente, sia per i costi che per la logistica, quindi decido di tentare la sorte: parto prestissimo, raggiungo la stazione dei bus e prendo al volo quello delle 6 diretto a Campeche, che mi lascia davanti all'ingresso di Ka Bah, quando ancora il bigliettaio sta aprendo la cassa. Anche qui, come già accaduto, non c'è nessun altro, se non le rondini, e posso godermi il luogo in santa pace; davanti al palazzo dei mascheroni, dove più di 200 riproduzioni del dio della pioggia Chac si affiancano, ripetendosi, come nei quadri di Escher, o sulle scalinate della cosiddetta acropoli, o dall'altra parte della strada, dove un grande arco che probabilmente indicava l'inizio del cammino ad Uxmal è stato restaturato e si erge, solitario e grandioso.
Prima tappa della ruta Puuc effettuata. Il problema, però, sorge ora: attendo per un'oretta buona qualcuno che mi dia un passaggio verso Tikul, per visitare gli altri tre siti minori, ma dei sette automezzi che passano nessuno si ferma, così provo dalla parte opposta, e finalmente ottengo uno strappo sul rimorchio di un pick<up fino a Santa Elena, dove però attendo un'altra ora per qualcun altro che mi porti fino ad Uxmal. Anejo mi aveva avvertito, tentare l'autostop su questa strada è una battaglia persa, ma il tentativo ho voluto farlo lo stesso; è andata male, ma non si può sempre vincere. E, poi, una conseguenza positiva c'è: entrano ad Uxmal a mezzodì, quando il sole batte bene, non trovo la ressa di gruppi che arrivano in ogni altro momento della giornata. È pieno di iguane, nei prati e sui monumenti, che, guardinghe, si spostano sempre di quel tanto che basta perché non le catturi (ma chi vuole farlo, comunque?!), per poi tornare a cuocersi nel sole, mentre io e gli altri pochi presenti cerchiamo di spostarci da una zona d'ombra all'altra, aiutati in questo dai molti alberi presenti nel sito. Le decorazioni sono impressionanti, alcune sembrano quasi vive tanto sono dettagliate; l'enorme palazzo dello stregone, con le sue pareti arrotondate e la sua alta cima, svetta sopra la foresta circostante, visibile di lontano, come purtroppo un brutto hotel bianco che hanno costruito non lontano; il campo di gioco per la pelota è in ottime condizioni, c'è pure uno dei due anelli intatto, e la vista che si gode da sopra il "palazzo del governante" è fantastica, così come quella che mi attende una volta arrivato in cima alla altissima scalinata della gran piramide, la prima che posso scalare fino in cima (tuttte quelle degli altri siti essendo chiuse al pubblico, ormai). Mi fermo a guardare lontano, pensando a quella lattina di bibita gassata che cadeva in uno spot, forse a Chiche Itzà, e al fatto che sia un bene che non sono una lattina anch'io: la caduta sarebbe ben ripida, da lassù!
Un altro mezzo preso al volo, poi un bus, e faccio ritorno in città; passo da un supermercato, ché ho promesso ai ragazzi di cucinare per loro, e torno a casa, ma li trovo tutti e due molto occupati con il lavoro e quindi anch'io mi metto a riguardare le foto; quando terminano, o meglio quando gli stomaci si fanno sentire, è ora di cominciare a cucinare, mentre anche Puuc si accomiata...
Se noi ombre vi siamo dispiaciuti,
immaginate come se veduti
ci aveste in sogno, e come una visione
di fantasia la nostra apparizione.
Se vana e insulsa è stata la vicenda,
gentile pubblico, faremo ammenda;
con la vostra benevola clemenza,
rimedieremo alla nostra insipienza.
Racconti che potrebbero interessarti
Lascia un tuo commento
Informazioni
inserito il 25/01/2012
visualizzato: 2494 volte
commentato: 0 volte
totale racconti: 562
totale visualizzazioni: 1441001
Cerca nel diario
Cerca tra i racconti di viaggio pubblicati nel diario di bordo:
Ultime destinazioni
Racconti più recenti
- Sequoie secolari e vite corte come fiammiferi accesi
- Ponti e isole che compaiono dalla nebbia
- Chi l'ha (il) visto?
- Incontri d'anime grandi e piccole in India
- Hampi, imprevisto del percorso
Racconti più letti
- Storie di corna
- La mafia del fiore rosso
- Pulau Penang, ultima tappa
- I 5 sensi
- In missione per conto di Io
Racconti più commentati
- E dagli col tecnico berico dal cuore spezzato... (15)
- In missione per conto di Io (14)
- Sono zia!!! (12)
- 4 righe da Tumbes (10)
- Aspettando il puma (ed il condor, e il guanaco) (10)
Ultimi commenti
- massielena su Sequoie secolari e vite corte come fiammiferi accesi
- Mariagrazia su Fare le cose in grande
- Mariagrazia su Grandi masse rosse
- Massielena su Fare le cose in grande
- Daniele su Fare le cose in grande