La Venezia de nosotros
Non è la prima, e non sarà l’ultima: molti paesi vantano una qualche città simile a Venezia, forse illudendosi di potervi fare affluire sciami di turisti portatori di valori (nel senso di denaro, ovviamente). Il Messico non fa eccezione: a pochi chilometri dalla capitale c’è Xochimilco, il "luogo dove crescono i fiori", un centro costruito su un lago dove si sviluppò una forma di agricoltura nota come "chinampas", o dei giardini galleggianti... in pratica, isolotti di varie dimensioni su cui già ben prima dell’arrivo degli spagnoli venivano coltivate frutta e verdura che rifornivano, e rifornisco tutt’oggi, i bisogni di Città del Messico.
Con la metropolitana, Socorro ed io puntiamo nella sua direzione, passando davanti al famoso stadio Azteca (quello dei mondiali di calcio messicani, per intendersi, e della leggedaria Italia-Germania 4-3...); arrivati alla stazione capolinea, passiamo sul cosiddetto "tren ligero", una sorta di metropolitana di superficie, che ci scarica direttamente in centro a Xochimilco. Subito, veniamo cortesemente abbordati da procacciatori in bicicletta, che cercano di convincerti a raggiungere uno in particolare dei 7 imbarcaderi presenti nel villaggio; li ignoriamo, ringraziandoli ma dirigendoci lungo le trafficate strade del centro, anche se a loro onore va detto che non sono insistenti come in altri paesi, e una volta ricevuto un no ti lasciano in pace e, alle volte, ti augurano pure una buona giornata (niente a che vedere con gli egiziani, tanto per ricordare una popolazione con cui ho recentemente fatto conoscenza).
Mentre ci muoviamo nel dedalo di stradine, ci imbattiamo in una posada, ovvero la rappresentazione più o meno sacra dell’arrivo di Maria e Giuseppe a Betlemme mentre vanno alla ricerca di un alloggio: danzatori mascherati, poi la sacra coppia che segue affettando seriosità, infine l’immancabile banda che con la sua potenza cerca di svegliare anche i morti dell’oltretomba; nel cielo, manciate di razzi e razzetti creano nuvolette esplosive, mettendo peraltro lievemente a rischio la salute di chi stando sotto si vede arrivare in testa i bastoncini utilizzati per lanciare il tutto. Li seguiamo per un po’, nel contempo passando davanti ad alcuni degli imbarcadero, finché arriviamo davanti alla chiesa di San Bernardino da Siena, nella quale però si sta celebrando messa e che quindi non visitiamo come vorremmo.
Alla fine, dopo un bel po’ di girovagare, ci decidiamo a lasciarci guidare dalla fortuna e scegliamo uno degli approdi, dove ovviamente veniamo abbordati da altri procacciatori che tentano di farci scegliere una particolare delle "trajineras", barche a fondo piatto dagli sfavillanti colori. Si paga per barca, e la barca può portare anche una decina di persone, quindi cerchiamo qualcuno con cui condividire l’escursione. La cosa ai marinai non piace molto, ovviamente, perché incasserebbero meno soldi, quindi cercano di convincerci in tutti i modi che è una cosa che non si può fare "per legge"; al che noi rispondiamo infischiandocene, e ventilando efficacemente l’ipotesi che si vada da un’altra parte a cercar barca, insieme ad altre cinque signore alle quali abbiamo spiegato per sommi capi quel che sta avvenendo. Alla fine, pur di non perderci, accettano il gruppo eterogeneo che abbiamo formato, e contrattiamo un giro di 3 ore lungo i canali per 600 pesos (circa 35 euri).
Il nostro giovane capitano, per mezzo di una pertica, comincia a fare avanzare il naviglio (e qui, direi, si ferma la similitudine con le gondole veneziane!), sbattendo un po’ qua ed un po’ là contro le altre barche - mi dicono che ce ne sono più di 1700, e io aggiungo che sicuramente almeno una volta all’anno devono ripararle per quanto meno rifar loro gli spigoli, e ci porta non con poca indolenza verso il corrispettivo del Canal Grande, dove ci imbattiamo in una miriade di altre imbarcazioni. Quelle grandi, la maggior parte, portano altri turisti, specialmente locali, famiglie che festeggiano qualcosa, gruppi di amici o di studenti che vanno a passare assieme la giornata, coppiette forse in gita romantica...
Lungo i canali ci conduce il nostro Caronte, mentre lance più piccole e leggere portano mariachi e suonatori di marimba da un’imbarcazione all’altra, proponendosi per intrattenere i passeggeri con canzoni che vanno dal romantico ai grandi classici fino al... romantico di nuovo: chi vuole roba più moderna, si è già attrezzato con amplificatori a batteria e spara a tutto volume le ultime novità della top ten. Nel frattempo, altre lance portano signore che rimestano in pentoloni fumanti o cucinano su griglie a carbonella piatti più o meno elaborati; le bevande, invece, sono tutte già disponibili in un secchio ripieno di ghiaccio sotto le gambe del nostro tavolo.
Scendiamo per visitare un paio di isolotti su cui hanno installato delle serre, ma ci limitiamo a guardare le varietà di piante presenti, inclusi alcuni piccoli esemplari di piante carnivore; i vari messicani presenti, invece, non resistono alla tentazione di comprare chi uno chi più vegetali, possibilmente di grandi dimensioni, che poi caricano sulla loro trajinera assieme ai mariachi, al cibo e ad un qualche venditore ambulante che cerca di proporre la propria (?) produzione di gioielli, artigianato, cappelli e ponchi.
L’acqua limacciosa scorre, qualche papera ci attraversa la strada ogni tanto sperando probabilmente in qualche donativo commestibili, un sanbernardo abbaia da dietro la sua recinzione; 3 ore passano facilmente, e noi ritorniamo all’imbarcadero da cui siamo partiti, e salutate le nostre compagne di viaggio andiamo a mangiare delle enormi tostadas ad un banchetto lungo la strada, ripiene di funghi, formaggio, carne e un po’ di pasta di fagioli (niente peperoncino per me, grazie!).
Socorro mi porta poi in una pulcheria storica, per assaggiare il pulche, bevanda leggermente alcoolica ottenuta dall’agave (come la tequila ed il mezcal, peraltro). Intonrno a noi, decine di tavolini occupati da vecchietti (alcuni un po’ ubriachi, a dire il vero, probabilmente anche a causa del secchiello da due litri che hanno davanti quasi vuoto), tipi vestiti come cowboy e gruppetti di ragazzi e qualche ragazza; un juke-box suona nell’angolo, e forse per questo i due mariachi che entrano non trovano chi li contratti.
Torniamo in città, e fatto un salto al supermercato per gli ingredienti necessari e uno dal tipo che dovrebbe ripararmi la zip di una delle tasche dello zaino (che però ha già abbassato la serranda, quindi tocca riprovare domani), ci dirigiamo verso casa, dove cucino una buona carbonara per le mie ospiti ed una loro amica, che spazzolano tutto molto soddisfatte mentre parliamo di tradizioni natalizie e di stranieri che seducono le messicane in discoteca per poi abbandonarle una volta che hanno la pancia piena (la madre di Socorro ha delle idee abbastanza categoriche, sulla cosa, anche per la sua estrema religiosità, ma per fortuna a volte ci ride sopra pure lei).
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inserito il 23/12/2011
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