Peperoncino come se piovesse
Le ultime due giornate, caratterizzate da un sole particolarmente caldo, mi hanno permesso di cominciare ad entrare in contatto con la cultura messicana moderna, intesa come differente da quelle preconquista dei vari aztechi toltechi poltechi cercopitechi e via techi-ando e postconquista di quei simpatici spagnoli, che in questo continente a quanto pare se li ricordano ancora per benino. Dico "cominciare" perché è un mondo nuovo (come disse Colombo, quando si rese finalmente conto dell'errore che aveva commesso), e non bastano certo 48 nella città più grande per dire di conoscerlo.
Nondimeno, ho cominciato a sfatare alcuni miti, e a rendermi conto dei potenziali impedimenti alla mia sopravvivenza.
I miti, innanzi tutto: DF (che sta per Distretto Federale), come chiamano da queste parti la Città del Messico, è effettivamente una metropoli enorme - e le mie gambe ne sanno qualcosa, visto che con Socorro, la mia ospite attuale, la stiamo apparentemente girando tutta, ma non così inquinata e trafficata come si dice. È vero: è periodo di vacanze, molta gente già non deve andare e tornare dal lavoro, ma anche così vi posso assicurare che lo smog c'è ma non in forma di quella cappa obnubilante che ci hanno sempre descritto... anche se fino ad ora non sono riuscito a vedere per distinti i due vulca ni che troneggiano sulla città, il sempre pronto ad eruttare Popocatepetl e la sua signora Iztaccíhuatl. Anche il traffico veicolare, come dicevo, a parte in alcuni punti non sembra poi tanto diverso da quello che ci può essere per le vie di Roma quando il raccordo anulare è bloccato.
Di sombreri, poi, fino ad ora, ne ho visti solo quattro, in testa ad altrettante guardie a cavallo che pattugliavano con una certa indolenza l'enorme parco Chapultepec, in mezzo alle urla dei venditori ambulanti che cercano di farti acquistare chi una scimmietta di peluche con zampe prensili, chi un set di 3 o 4 bottigliette (per 10 pesos, ovvero circa 60 eurocent) di una bevanda che dell'aranciata ha solo nome e colore (leggere la tabella degli ingredienti per credere), chi un diablito, ovvero un gelatino in bicchiere nel quale ai tradizionali deliziosi gusti dell'arancia, del pistacchio e del mango si accompagna una bella cucchiaiata di peperoncino... eh già, sembra che qui non riescano a fare a meno di una spruzzatina del malefico ingrediente su ogni cosa commestibile, tanto che già dopo il primo giorno la mia lingua chiedeva pietà - senza peraltro essere ascoltata. Ora, io capisco che lo si possa mettere sui tacos, sui nachos, nella zuppa, nelle empanadas e su tutte le mille altre cose di cui mi sto con moderazione abbuffando (ossimoro!) visto che a) mi piacciono e b) costano una cifra moooolto inferiore a quella che ti spara un qualsiasi ristorante messicano in Italia; ma nel gelato... suvvia, un pò di decenza! Quindi, i diablitos sono la prima cosa che ho messo nella mia lista delle cose da evitare.
Da non evitare, invece, sono i murales di alcuni famosi pittori locali, Diego Rivera in testa, che hanno saputo creare nella prima parte del secolo scorso delle opere validissime dal punto di vista artistico e utilissime per creare una sorta di spirito nazionale; in particolar modo, quelli nel palazzo del presidente a fianco della piazza principale, lo Zocalo, sono una sorta di enormi fotografie, a volte immaginifiche a volte molto puntuali, che descrivono la storia di questo paese e delle varie culture che vi ci sono vissute.
Il palazzo presidenziale, di per sé, è molto interessante da visitare, anche se ci si diverte di più salendo nella torre campanaria della cattedrale, dove ti raccontano dello sfortunato giovine che non si spostò in tempo dopo aver suonato una delle molte campane e se la ricevette sul cranio, oppure semplicemente cercando di fare qualche metro nella sottostante ressa di venditori che sembrano essere arrivati da ogni dove per vendere cianfrusaglie e cibi vari, o ancora osservando dei (veri?) indios che, copricapi piumati in testa, ballano forsennatamente al ritmo di tamburi mentre uno sciamano (finto?) esegue una "limpia" strofinando addosso agli interessati dei ramoscelli verdi mentre un acre fumo avvolge tutta la scena. Cerimonie pagane che si fondono perfettamente con tradizioni più "religiose", come la "pastorela" a cui ho assistito per pura fortuna - giacché si fanno ovviamente solo in questi giorni -, recita umoristica sull'arrivo di Maria e Giuseppe e la nascità di Gesù, ovviamente osteggiata da Satanasso in persona (l'unico cruccio è stato che, per non perdercela, abbiamo saltato la serata allo stadio della lotta libera, dove tizi mascherati tipo "Uomo Tigre" si menano più per finta che per davvero osannati da una folla sicuramente più numerosa di quella che assiste alle rappresentazioni sacre; ma c'è tempo, sarà per quando ritornerò in città... Maya permettendo, ovviamente!).
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inserito il 22/12/2011
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