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L'avventura vagabonda comincia

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Il 23 mattina, con calma, ricompongo il mio zaino, che ho recuperato dal sarto a cui l’avevo affidato (40 pesos per un carrello nuovo, ha visto che non serviva cambiare la zip... speriamo regga, se no a gennaio mi rivede), e poi mi annoto un bel po’ di indicazioni che Socorro mi da su punti turistici della capitale, e su luoghi che val la pena di visitare verso sud; scopro poi che lei ha in programma di andare con amici a biciclettare in Baja California nel periodo in cui vorrei andare a vedere le balene con i loro piccoli, quindi è molto probabile che ci reincontreremo anche là.
Ci salutiamo, ed io prendo la metro per raggiungere l’albergo dove resterò per le prossime due notti con il resto del gruppo Vagaabondo con cui visiterò per le prossime due settimane il Messico centro-meridionale. Qui incontro Victor e Yoni, rispettivamete guida e autista del nostro gruppo, e preso possesso della camera (non senza qualche disguido, dato che hanno fatto un po’ di confusione con le triple ma in compenso ci hanno dato delle doppie con coppie di enormi letti matrimoniali) ci mettiamo a limare il programma per vedere di ottimizzare le cose, compreso il delicato processo del recupero viaggiatori: arriveranno con quattro voli diversi, in due giorni diversi... La strada per l’aeroporto corre lunga e quasi diritta, ma il traffico non la segue e ci imbottiglia per un po’, facendoci arrivare appena in tempo per ricevere Giuliana, che dovrebbe sbucare dalle porte scorrevoli verso le 17. Dovrebbe, perché non appare, e noi dopo aver aspettato un’altra ventina di minuti cominciamo a cercare qualcuno che possa darci chiarimenti; salta fuori che il codice del volo che abbiamo noi è corretto ma che il volo arriva all’altro terminale, quindi Victor scatta (è un’eufemismo: è zoppo dallo scorso anno, dopo un grave incidente, quindi diciamo meglio che si trascina quanto più velocemente può) a prendere la navetta che porta all’altro terminal, mentre io resto in attesa di Giuseppe, il cui aereo è invece in anticipo. Nessuna novità positiva da Victor, Giuliana pare essere sparita nel nulla, quindi io decido di accompagnare Giuseppe in hotel prendendo la metro mentre i due messicani continuano le ricerche. Dopo un paio d’ore (che ci vogliono tutte, tra linee delle metropolitana e parti a piedi) riesco a ritornare in aeroporto, dove nel frattempo è comparsa Giuliana - che non aveva riconosciuto nel cartello leggermente anonimo di Victor quello della persona che la attendeva - e sono arrivati i cinque componenti salvavita (la famiglia Beghelli), quindi ci siamo finalmente tutti e ritorniamo verso il centro. Un’oretta per sistemarsi nelle camere e docciarsi, poi usciamo quasi tutti e raggiungiamo piazza Garibaldi, una sorta di orgia cacofonica dove branchi di mariachi suonano qualsiasi strumento permesso dalla legge cercando di farsi assumere da tutti i messicani e turisti che affollano la piazza. Noi ci sediamo ai tavoli di un locale all’aperto, dove approfittiamo della benevolenza dei vicini per scroccare musica mentre scopriamo i vari modi in cui si possono riempire le tortilla (e poi dargli nomi asosolutamente incomprensibili). Chitarroni, contrabbassi, trombette e pure arpe ci sfilano accanto, ma noi siamo tutti troppo cotti per avere la forza di distinguerne la musica e, dopo un po’, torniamo in albergo.
La sorpresa della vigilia di Natale è che spunta un’altra guida, David il piccolo, e subito tra lui e Victor scatta la gara a chi descrive prima quello che vediamo durante la giornata, con Yoni ed io che cerchiamo di tenerli buoni. E la giornata è lunga: dopo un’abbondante colazione, raggiungiamo lo Zocalo, la grande piazza ancora relativamente vuota di persone data l’ora prestina, e ci infiliamo nella cattedrale, dove si stanno tenendo contemporanemamente due messe sotto i pesanti arredi barocchi e le alte volte. Seconda tappa la facciamo al Templo Mayor, le rovine azteche che si trovano giusto a lato della piazza e che sono state fonte di importanti scoperte bemn descritte nell’ottimo museo a fianco. Dobbiamo saltare la visita al Palazzo del Governo, che è chiuso per le festività, ma non rinunciamo a vedere alcuni murales, seminascosti all’interno di uno dei mercati coperti cittadini, che raggiungiamo attraversando strade ormai pieni di venditori che gridano per promuovere mercanzie di tutti i tipi (compresi i pacchetti per i doni di Natale... sì, vendono proprio i pacchetti, che mi immagino uno poi riempia con quanto trova presso le altre bancarelle). Tornati in hotel prendiamo il pullmino e andiamo alla basilica della Madonna di Guadalupe, che in realtà sono tre basiliche costruite in tempi successivi per ospitare il mantello su cui miracolosamente si è materializzata un’immagine della Vergine; centinaia di pellegrini, alcuni anche in bicicletta, raggiungono in continuazione il sito, addentrandovisi a volte in ginocchio, per partecipare alle continue messe o per sfilare sul nastro trasportatore che impedisce che si formino grumi umani davanti al detto mantello.
Risaltiamo sul pullmino e raggiungiamo il parco di Chapultepec, dove assistiamo ad uno spettacolo dei voladores e poi ci addentriamo nelle enormi e ricchissime sale del Museo di Antropologia, che ci serve per istruirci su quello che vedremo durante il tour e, anche, per poter osservare da vicino cose (o, più spesso, copie di cose) alle quali non potremo avere accesso, come alcune tombe e templi. Il museo è davvero enorme, e ci passiamo più di tre ore, per fortuna dopo esserci rifocillati con degli hamburger presi all’esterno (o altro che ruggito del giaguaro, si sentirebbe davanti agli idoli!).
Torniamo in centro, e con enorme rammarico scopriamo che il ristorante dove volevamo andare è chiuso (furbi, da queste parti!); il rammarico si fa ancora più enorme quando cominciamo ad assaggiare le pietanze del locale che abbiamo scelto come riserva, dato che dopo delle zuppe che non sono neppure tanto male ci arrivano delle incredibili insalate con canna da zucchero, barbabietola rossa, noccioline, bacche non meglio individuate e, appunto, insalata (nessuno si è fidato a scegliere gli "spaghetti all’italiana" che c’erano stati proposti come alternativa...); anche i secondi piatti lasciano un po’ a desiderare, se non altro perché le patate fritte sono fredde e l’intruglio tradizionale (questo il nome in codice di una cosa marrone con delle pallotte che vi galleggiano) non soddisfa nessuno tranne Victor, che o non tocca cibo da mesi o è proprio un appassionato perché spazzola letteralmente tutti i piatti che gli vengono passati. Per fortuna c’è il gelato al cioccolato, alla fine...
Tutti vanno a letto a riposare, meno io ed i due messicani che raggiungiamo di nuovo l’aeroporto per recuperare gli ultimi due membri del gruppo, appena arrivati da New York; per nostra fortuna l’aereo è perfettamrente in orario, e non c’è traffico, quindi ce la sbrighiamo in fretta e riusciamo ad andare a dormire prima che i fedeli, e non solo loro, si scatenino: petardi, di cui uno probabilmente gettato da un deficiente direttamente nell’atrio dell’hotel, scoppiettano in continuazione, dettando quasi il ritmo alle molte coppiette che si sono rintanate nelle stanze che non occupiamo noi per godere dei frutti dell’amore (o almeno così mi diranno al mattino quelli che hanno avuto il piacere di ascoltare in stereofonia i suoni di tale strano rituale di accoppiamento natalizio). Viva il Natale! Viva i petardi! Viva i rituali!


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inserito il 24/12/2011
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