Unici due elementi degni di nota per la vigilia di Natale: trovo un buon alloggio per 25 dollari - colazione inclusa - con piscina, e incontro l'unico altro italiano in quest'isola: Alberto, napoletano sessantenne, pizzaiolo di professione (lavora qui).
Per il resto: caldo, caldo, caldo. Che, tra una cartolina e l'altra, cerco di anestetizzare a suon di bevande fresche e/o fredde.

Il che, forse, spiega perché, verso le 19, comincio ad avere mal di stomaco. Provo a far finta di niente, ma mentre aspetto l'inizio del party prenatalizio del mio hotel la mia condizione di malato natalizio si fa più seria, ed alle 9 meno un quarto (quando ancora il party, in ritardo di due ore, non è cominciato) vado a letto, sperando di sopravvivere. Di dormire, ovviamente, non se ne parla: per lo sotmaco, e soprattutto per il furioso rumore che proviene da 10 metri più in là, dove il party alla fine è cominciato.

Notte terribile: credo di cedere più per stanchezza che per altro verso le 2, ed alle 7 son di nuovo definitivamente sveglio. Giaccio per un'ora e mezza, poi mi trascino a far colazione, ma riesco ad ingurgitare solo un pò di frutta e del latte, con lo stomaco che ancora fa "blob blob". Torno in camera, faccio i bagagli, e poi vado a mendicare una limonata calda ed un pò di riposo ai bordi della piscina. Il che pare fare effetto: verso l'una, scendo in paese, per andare a salutare Alberto e la moglie e, anche se non me la sento di mangiare una delle pizze che mi offre (mica scemo, l'italico: unico ristorante aperto il giorno di Natale, forse in tutta l'isola...), riesco a camminare senza particolari problemi.
Taxi (iperonesto! Gli do la mancia!) fino all'aeroporto, due voli di fila (il primo mi riporta a Taveuni) su aeroplanini della mutua e poi attesa (beh, almeno reincontro Barbara, americana conosciuta durante le ultime due immersioni) di due ore per l'aereo che mi porterà alla nuova destinazione: le isole Cook.