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Urla nel silenzio, ovvero l'utopia rossa
Dopo il sole di ieri, il buio di oggi.
Ho visitato l'ex-scuola di Tuol Sleng, trasformata dai Khmer Rossi nel famigerato S-21, campo di tortura per persone che sarebbero poi state mandate ai campi di sterminio.
Nel cortile si vedono ancora i pali a cui i prigionieri (donne, uomini, bambini, di ogni età ed estrazione sociale - persino quadri dei Khmer Rossi stessi, durante le purghe) venivano appesi a testa in giù, nelle celle di mattoni e di legno ci sono ancora gli strumenti usati per le torture, nelle stanze dove furono rinvenuti gli ultimi 14 cadaveri (si salvarono solo 7 persone, vive al momento della liberazione del campo; vi passarono più di 10000 persone, che non fecero più ritorno) ci sono ancora le brande e i ceppi.
Pensare che circa 2 milioni di cambogiani morirono durante quei cinque anni è qualcosa di difficile per la mente; ma vedere appese ai muri le foto di centinaia di persone, catalogate con perizia 'scientificà dai loro aguzzini, rende più vicina e per questo più incomprensibile una tragedia di tali immani proporzioni.
Ma il percorso non era completo: sono voluto andare anche a visitare i cosiddetti Killing Fields, dove la gente bendata e legata veniva portata e, poi, uccisa a bastonate (per risparmiare i proiettili) e gettata nelle fosse comuni. Un' enorme ossario allinea centinaia di teschi ed ossa, ultimi testimoni di quanto accadde qui una ventina di anni fa.
Per maggiori informazioni sul genocidio cambogiano, potete visitare il sito del Centro di Documentazione della Cambogia (http://www.dccam.org ).
Gli edifici
Ho visitato l'ex-scuola di Tuol Sleng, trasformata dai Khmer Rossi nel famigerato S-21, campo di tortura per persone che sarebbero poi state mandate ai campi di sterminio.
Nel cortile si vedono ancora i pali a cui i prigionieri (donne, uomini, bambini, di ogni età ed estrazione sociale - persino quadri dei Khmer Rossi stessi, durante le purghe) venivano appesi a testa in giù, nelle celle di mattoni e di legno ci sono ancora gli strumenti usati per le torture, nelle stanze dove furono rinvenuti gli ultimi 14 cadaveri (si salvarono solo 7 persone, vive al momento della liberazione del campo; vi passarono più di 10000 persone, che non fecero più ritorno) ci sono ancora le brande e i ceppi.
Pensare che circa 2 milioni di cambogiani morirono durante quei cinque anni è qualcosa di difficile per la mente; ma vedere appese ai muri le foto di centinaia di persone, catalogate con perizia 'scientificà dai loro aguzzini, rende più vicina e per questo più incomprensibile una tragedia di tali immani proporzioni.
Ma il percorso non era completo: sono voluto andare anche a visitare i cosiddetti Killing Fields, dove la gente bendata e legata veniva portata e, poi, uccisa a bastonate (per risparmiare i proiettili) e gettata nelle fosse comuni. Un' enorme ossario allinea centinaia di teschi ed ossa, ultimi testimoni di quanto accadde qui una ventina di anni fa.
Per maggiori informazioni sul genocidio cambogiano, potete visitare il sito del Centro di Documentazione della Cambogia (http://www.dccam.org ).
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inserito il 07/09/2003
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