Goa, un'intero stato per spiaggiarsi
Dopo città e templi scavati nella roccia, giunge l'ora di sovvertire davvero l'ordine delle stagioni ed andarsene al mare, su una spiaggia assolata, a rilassarsi.
Per farlo, scelgo Goa. Che non è come, come pensavo nella mia ignoranza di cose indiane, un punto su una mappa geografica, o una località affacciantesi sull'Oceano Indiano, ma un intero stato, per quanto piccolo (credo sia il più piccolo dell'intera nazione).
Ex-colonia portoghese, e forse l'ultima parte dell'India ad acquistare la sua indipendenza, quando già gli inglesi se ne erano andati dal resto del paese, Goa è una strisciolina di terra sulla costa occidentale, quasi un'interminabile teoria di spiagge e palmeti, meta di una grossa percentuale dei turisti che giungono da queste parti.
Ci arrivo in treno da Aurangabad, con un cambio notturno a Nashik Road, un posto intitolato ad un naso (davvero: era quello di Shurpnakha, tagliato da Laxman su ordine di Rama!); il primo viaggio, di due ore e mezza, scorre veloce e tranquillo, mentre per il secondo, dopo essermi liberato di un giovane scroccone russo che si era infilato al mio posto, devo resistere alla voglia di commettere una strage nella famiglia rompiglioni che occupa quasi tutti gli altri posti del mio compartimento e di quelli vicini, e che non pare avere la minima intenzione di starsene tranquilla. Fosse solo per qualche ora, uno se ne libererebbe con una scrollata di spalle, ma dato che si tratta di 14 ore di viaggio capirete certo il mio disappunto, e pure le sante parole che escono sovente dalla mia bocca.
L'avventura in treno, in India, è qualcosa che comunque va fatta, prima o poi, perché qui, a differenza di zone come, per esempio, il Sud America, le ferrovie sono ancora uno dei mezzi di trasporto favoriti. E così, sdraiato sulla mia cuccetta, guardo fuori dal finestrino, o leggo cose al computer; ma, soprattutto, sonnecchio.
Il mio alloggio è una camera dalle mura di cartongesso in una pensioncina a Majorda, ma migliora dal secondo giorno quando, date le mie rimostranze per il rumore fatto da un'altra accozzaglia di indiani che il padrone di casa ha accolto all'ultimo minuto la sera prima (e che si son rivelati una fregatura: han pagato per 10, e sono entrati in almeno 20), mi viene assegnata la stanza più tranquilla, in fondo al corridoio, con veri muri in vero cemento e mattone. La spiaggia è a 15 minuti di distanza a piedi, e lungo la strada ci sono vari negozietti e chioschi da cui attingere per bibite e cibarie. Poi, arrivato ai limiti della striscia di sabbia, trovo ad attendermi alcuni ristorantini improvvisati che, in cambio delle consumazioni giornaliere, offrono gratuitamente sedie a sdraio ed ombrelloni; ne esamino due o tre, fino a sceglierne uno abbastanza isolato e piccolino, tranquillo e con dei simpatici proprietari. Il mare è un po' agitato, tanto da far innalzare la bandiera rossa ai bagnini che siedono per tutto il giorno a intervalli fissi lungo una spiaggia pulitissima, dove persino le conchiglie vengono pettinate e riordinate dalle signore che passano ogni due-tre ore per mettere tutto in ordine; ma l'acqua è tepida ed invitante, e così mi ci intrufolo più di una volta, alternando i bagni a sessioni di riposo sul lettino e piluccamente vari nel ristorantino (spesa totale per l'intera giornata: 480 rupie, circa 6 euri).
Il secondo giorno lo dedico a visitare la capitale, Panaji (detta però da tutti "Panjim", Rama solo sa perchè!), e la vicina Old Goa; e per fortuna che mi prendo il giorno intero per farlo, perché mi ci vogliono 3 bus e 1 ora e mezza circa per arrivare a Old Goa, costruita nel XV secolo e capitale per circa tre secoli della colonia portoghese, ora sito UNESCO per la sua architettura e, soprattutto, per le sue chiese e cattedrali, una delle quali contenente le spoglie di San Francisco Xavier, cofondatore dell'ordine dei Gesuiti. Gialli e bianchi dei muri scrostati si alternano al verde della vegetazione che cerca di reimpossessarsi del terreno che era suo prima dell'arrivo degli umani, mentre il caldo ed un po' d'umidità rallentano il ritmo che già pare flemmatico di suo.
Old Goa è piccola, in meno di due ore ho visto tutto, quindi me ne torno alla capitale per esplorarla un po', ma non vi trovo nulla di interessante pur camminando per gran parte delle strade del centro storico, e così me ne torno a casa... beh, almeno ci provo: dopo un primo bus in orario, la coincidenza non passa per più di un'ora, lasciando a terra me ed una decina di signore di varie età; alla fine, saliamo su un bus che ci porta fino ad una rotatoria, dove ne prendiamo un terzo, che mi lascia a quattro chilometri di distanza dalla mia pensione; il resto è cammino su stradine di campagna, isolate e buie ché ormai è notte, ma in realtà con la luce della torcia elettrica è facile farsi notare dai motorini che arrivano e non accade nulla. Certo che, per fare 27+27 chilometri e vedere quattro chiese, ho impiegato circa 12 ore: andamento lento è il nuovo nome di questo viaggio, mi sa.
Un terzo giorno in spiaggia, per riprendersi dal girovagare di quello precedente, di nuovo al mio chioschetto di fiducia, e poi un altro treno, per una destinazione che, quando sono partito dall'Italia, non faceva parte della mia mappa, ma che ho deciso di aggiungere dopo averne sentito parlare assai bene: Hampi, nel Karnataka.
Il chioschetto/ristorantino sulla spiaggia di Majorda detta Sunset Beach si chiama "Anrie's Place"
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inserito il 16/01/2019
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