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A Rio senza Cristo

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Non è normale (nel senso di usuale), che un turista visiti Rio de Janeiro senza voler salire in cima al Corcovado per ammirare la statua del Cristo Redentore, indubbiamente un'icona della città e del Brasile, testimonianza di quello che la fede religiosa può fare in questo paese. Ma mia madre non è un turista normale, e quindi da quando siamo arrivati in città ha messo ben in chiaro che a lei, della statua del Cristo, importava poco o nulla; anzi, l'ha ribadito più volte, nel timore che io la trascinassi in qualche modo fin lassù.

E allora, cos'altro si può fare, da turista che visita per la prima volta Rio? In realtà, un sacco di cose, tanto che i tre giorni che vi abbiamo passato alla fine ci sono stati, se non corti, stretti.

Dopo una prima ricognizione della zona di Copacabana, dove eravamo alloggiati nell'appartamento di una certa Tatiana, trovato tramite quella benedizione che è AirBnb (ché, se pensate di trovare alloggio in un hotel ad un prezzo umano, specie mentre Rio è piena di turisti per la trentesima edizione di Rock No Rio ed aspetta che si esibiscano Elton John, Rod Stewart, Katy Perry, i Metallica e persino gli A-Ha, siete fuori come un balcone svizzero), le ho innanzitutto fatto conoscere i ristoranti "a kilo", dove paghi solo il peso di quel che ti metti nel piatto prendendolo dal copioso buffet: un ottimo modo di provare diverse pietanze, senza doversi riempire di cibo e potendo anche decidere di mangiare la quantità desiderata.
Il mattino successivo, metropolitana fino alla zona di Cinelandia e visita del centro. Per prima cosa, con una guida siamo andati a scoprire i segreti delle biblioteca nazionale, ricca dei preziosi lasciti della famiglia reale portoghese e, in particolare, dei due imperatori che si sono succeduti sul trono brasiliano nel diciannovesimo secolo, don Pedro I e suo figlio don Pedro II (grande fantasia con i nomi, eh, famiglia imperiale?), compresa una delle copie della Bibbia stampata da Gutenberg in persona. Poi, camminata fino alla cattedrale, tronco di cono di cemento armato che, a dispetto della sua forma insolita, offre un'ottima ventilazione naturale all'interno, oltre ad una acustica sufficientemene buona per permettere a 20000 persone di seguire la messa. Giusto di fianco, il palazzo sede delle Petrobras, la compagnia petrolifera nazionale, che l'architetto ha voluto costruire nelle forme di una piattaforma petrolifera...

Da lì in quattro passi siamo arrivati al quartiere di Lapa, caratterizzato dal vecchio acquedotto con due file di archi sovrapposti, utilizzato in seguito come percorso per la linea di tram elettrico ("bondinho") che congiungeva con il quartiere di Santa Teresa, purtroppo inutilizzato da qualche anno, da quando cioè in un grave incidente morirono l'autista e alcune persone. Ora, a Santa Teresa ci si sale o con un normale bus o con i furgoncini turistici, ma non è la stessa cosa, e gli stessi carioca (gli abitanti di Rio, così chiamati dal nome che gli indigeni, che agli inizi del sedicesimo secolo accolsero malvolentieri i portoghesi, diedero alla località, "casa dell'uomo bianco") vorrebbero tornare al tradizionale mezzo di trasporto. E, poi, una visita alla famosa scalinata di Selaron, l'artista cileno che per tutta la sua vita ha ricoperto gli innumerevoli scalini con piastrelle e pezzi di ceramica, dapprima comprati ai depositi di scarti, poi ricevuti da turisti di tutto il mondo.

Metropolitana per ritornare, pranzo, riposino (che, con l'umidità ed il caldo, ci vuole proprio) e poi spiaggia, la mitica spiaggia di Copacabana: un nastro di sabbia dorata, costellato di amanti dell'abbronzatura, affittatori di seggioline e ombrelloni, venditori di caipirinha e spiedini di gamberi o formaggio fuso ricoperto di origano (il mio preferito), appassionati della ginnastica, e tanti altri, ché se ti metti a guardare e a contarli ti rendi conto che mezzo mondo ti sta passando davanti. Il sole, però, tramonta relativamente presto sulla spiaggia, complici la stagione (dopo tutto, qui la primavera è appena iniziata) e le grandi colline di basalto che fanno parte della geografia della città e che bloccano i raggi della nostra stella, quindi quando sono le cinque ci incamminiamo lungo la spiaggia per sgranchire un po' le gambe, e poi torniamo all'appartamento visitando alcuni negozi (ed il supermercato) lungo la via. La cena, neanche a chiederlo, di nuovo in un ristorante "per kilo", ché la formula ha riscosso successo. La sera, poi, passa giocando a "burraco" (grazie, Licia e Giovanna, per avermelo insegnato!) e seguendo distrattamente il canale TV di Rai International (ché davvero presenta al mondo un sacco di spazzatura italiana, c'è da vergognarsi!).

La mattina dopo, approfittando della temperatura ancora non eccessiva, andiamo a visitare il giardino botanico, provando l'ebbrezza di una corsa in autobus; fortunatamente, l'autista non è uno dei tanti emuli di Ayrton Senna, indimenticato eroe nazionale, e arriviamo sani e salvi all'ingresso. Anche qui, l'inverno appena terminato ha lasciato il suo segno: i cespugli di rose sono pochi e ovviamente non fioriti, e il giardino giapponese sta subendo un restauro, sotto l'occhio attento di un omino del sol levante che scuote la testa al vedere come gli operai locali stanno sistemando il tetto della pagoda. In compenso, il viale delle palme è sempre lì, con le sue piante altissime, e anche il giardino delle orchidee e quello dei cactus sono molto belli. E' piacevole camminare all'ombra delle piante, ogni tanto sbirciando le etichette e cartelli informativi che, invero, potrebbero essere più frequenti.

Meno piacevole risulta il tentativo di tornare indietro, dato che a quanto pare la fermata del bus non è ufficiale e gli autobus, quasi tutti, la saltano a pie' pari... capita l'antifona, camminiamo un po' per raggiungere la piazza dedicata all'aviatore Santos Dumont, dove un bel semaforo (e una pensilina ufficiale) fanno sì che i bus si fermino.

Mangiamo al volo, poi torniamo in spiaggia, più presto del giorno precedente. Ma, mannaggia alla sfortuna, si leva un vento che trasporta quantità industriali di sabbia in tutti gli orifizi dei presenti, e così intorno alle tre e mezza c'è un esodo di massa, e la spiaggia rimane semideserta. Per noi va bene comunque, ché ci ripuliamo e poi pigliamo il bus per raggiungere il quartiere di Urca, e il punto di partenza della cabinovia che porta in cima al Pan di Zucchero, da cui ci godiamo un delizioso tramonto, nonostante l'enorme quantitativo di altri visitatori presenti (mai vista tanta gente in coda, qui a Rio; dev'essere l'effetto dell'evento musicale). Poi raggiungiamo Lapa, e porto mamma in uno dei miei locali preferiti, dove ceniamo godendoci la musica di un bel gruppo, i Papagaio Sabido, che suonano e soprattutto cantano davvero bene.

L'ultimo giorno si apre con me che lavoro per il tour che sta per cominciare e mamma che va a fare shopping nella zona, alla ricerca di qualche altro souvenir per amici e parenti; poi, salutata Tatiana ed usciti dall'appartamento, lasciamo i bagagli all'hotel dove, dalla sera, sarò con il gruppo di turisti in arrivo e andiamo a pranzare un'ultima volta assieme (non vi dico neanche dove, ché tanto lo sapete già), per poi cercare una maglietta carina, ché lei insiste per comprarmela ritenendo le mie, ovviamente, indecenti, usurate come sono dal portare zaini in spalla e dal farsi lavare a volte con metodi discutibili. La troviamo, finalmente, e così gli animi si tranquillizzano, e possiamo tornarcene in hotel, dove nel frattempo la stanza è stata approntata e possiamo riposare un po' prima di andare in aeroporto, dove ovviamente arriviamo in anticipo ma è meglio non rischiare, ché a Rio non si sa mai come sarà il traffico. Inutile ricerca di un'edicola per qualcosa da leggere in un idioma comprensibile, quattro chiacchiere e poi saluti spicci, ché siamo di poche parole e la commozione è in agguato. E questa avventura termina, mentre mamma parte per tornare in Europa e in Italia.

Nota bene:

Il canale YouTube dei Papagaio Sabido è https://www.youtube.com/user/papagaiosabido, per gli appassionati di musica brasileira

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inserito il 26/09/2015
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