Cercando lavoro a San Cristobal de las Casas
Ero rimasto d’accordo con Sergio, capo dell’agenzia MexicaTours che aveva portato in giro me e gli altri vagabondi all’inizio di questo viaggio trimestrale, che avrei cercato di ripassare da San Cristobal, per parlare di lavoro; ergo, accantonata l’idea di trascorrere qualche ora ad abbronzarmi sulle spiagge della costa pacifica, da Quetzaltenango faccio rotta per il Chiapas, passando la frontiera a Mesilla dopo che l’autista con abili mosse al limite (ma dall’altra parte) del codice stradale è riuscito ad evitare le code dovute ad una frana che sta ancora incombendo sull’unica strada di transito della zona. Dalla parte messicana, mentre compilo un nuovo formulario di immigrazione, chi ti compare? Ma lui, sì, lui: il mitico belga (di cui ancora non ricordo il nome)... ha preso una navetta diretta, quindi pur essendo partito un’ora dopo è arrivato praticamente in comtemporanea con me. Questa volta, dopo gli ormai abituali saluti ed aggiornamenti, ci scambiamo gli indirizzi e-mail (o, meglio, io gli do il mio), ché mi sa che in Europa queste rimpatriate potrebbero essere un filini più difficili...
Sono otto ore di viaggio in totale, quattro per parte, ed arrivo a San Cristobal nel tardo pomeriggio di un sabato soleggiato e caldo. "Che piacere ritornare, e che accoglienza!" penso, anche se purtroppo il tempo mi farà ricredere... Eliseo, uno dei due anfitrioni che mi ha accettato (è arrivato primo, quindi ho scelto lui: sono estremamente democratico, in queste cose), lavora come barista in un caffé del centro, e gli tocca proprio il turno pomeridian-serale, quindi fa una scappata ad accogliermi nello zocalo, mi accompagna fino a casa sua (che sta a meno di cinquecento metri) e poi mi lascia le chiavi dandomi appuntamento al bar. Io mi accomodo sul divano (dopo tutto, anche se mi offre il materasso a fianco del suo letto, un po’ di privacy mi pare giusto lasciargliela), saluto il gatto, faccio una doccia e poi eccomi, splendido splendente, raggiungerlo al lavoro. Tra un caffé e una bibita miscelata, che non ricordo più cosa sia ma è estremamente saporita, chiacchieriamo mentre i clienti non richiedono la sua attenzione, e scopro che lavora anche come guida turistica... vedi un po’ com’è piccolo il mondo! Le ore passano, lo lascio temporaneamente per fare un salto nella piazza della cattedrale a perlustrare un po’ la situazione del mercato, poi torno e gli do una mano a chiudere bottega (l’esperienza fatta nel bar degli zii a Trento è servita a qualcosa), poi andiamo in un locale che conosce a sfondarci di nacho ricoperti del giusto quantitativo di formaggio fuso, fagioli ed altre amenità ed a guardare degli scatenati ballerini di salsa (io non mi ci provo neppure, e anche lui è abbastanza cotto dopo una giornata intera di lavoro).
La domenica dovrebbe permetterci di visitare un bel po’ di luoghi, Eliseo ha promesso di svegliarsi abbastanza di buon’ora... se non fosse che piove, a tratti pioviggina, quindi lui si volta dall’altra parte ed io quando sono le 10 esco perché non riesco proprio a starmene inattivo. Vado fino alla chiesa di Santo Domingo, e comincio a tessere la mia tela di abile mercanteggiatore per acquistare un altro po’ di regali da portare in Italia a parenti ed amici; in tre ore, passando da una bancherella all’altra e spesso ritornando sui miei passi per vedere se agli ami lanciati qualche pesce abbocca, riesco a mettere insieme più di quello che vorrei caricare nello zaino, ma ormai è fatta e mica posso riportare tutto indietro... A mezzodì e poi all’una Eliseo non risponde, dopo aver pranzato torno a casa e scopro il perché: aveva approfittato della mia assenza per "accompagnarsi" ad una sua amica, vista la domenica uggiosa. Quando io arrivo loro sono quasi pronti per uscire a mangiare, ma ora tocca a me fare l’ozioso e, invece di tornare fuori a prendere acqua e freddo, me ne resto in casa a mettere a posto souvenir, foto e a scrivere e inviare un altro paio di curriculum, anche perché a lui assegnano un minigruppo da portare in giro a cui io, purtroppo, non posso aggregarmi. Giurin giurello, però, mi promette che il giorno dopo mi porterà a vedere alcuni angoli interessanti della città.
Essendo marinaio in città di montagna, ovviamente, mente: anche la mattina dopo non ne vuole saperne di alzarsi, l’unico vispo e allegro come un gatto è, appunto, il gatto, che aspetta che qualcuno gli apra la porta per andare a sgranchirsi le gambe su e giù per le scale. Ormai ho capito l’andazzo, ergo me ne vado da solo, prima a visitare l’interessante ma poco spiegato museo della medicina Maya e poi un po’ di chiese e strade e viottoli, cercando di ritrovare i posti che avevo scoperto ormai quasi tre mesi fa. San Cristobal continua ad essere una bella città da girare a piedi, con le sue case coloniali dipinte a volte in colori sgargianti e un’aria, almeno nel centro, assai rilassata; scopro nuovi mercatini, nuovi negozi di sandwich e quesadilla, nuove librerie... la mattina ed il primo pomeriggio passano così, poi vado alla ricerca di una agenzia viaggi che, però, all’indirizzo indicato nel proprio sito web non esiste (e, a quanto pare, non è mai esistita) e poi all’incontro con Sergio.
Il quale, davanti ad una buona tazza di te fumante, mi mette a parte dei suoi progetti di cominciare a lavorare di più con gli italiani e di portare messicani in Italia (per turismo, mica per lavoro nero, che pensate!), e del fatto che gli farei comodo come referente; io ringrazio, ma gli spiego che il mio interesse attuale è prevalentemente rivolto all’accompagnamento di gruppi, e che sto cercando qualcosa che mi impegni per l’inverno, stagione di bassa nel mio continente natio. Lui dice che la mia esperienza e la mia conoscenza dello spagnolo e del Messico (ora) potrebbero effettivamente fargli comodo, e ipotizziamo che io possa passare dei mesi al servizio della sua agenzia, ora come accompagnatore, ora come impiegato... gli dico che per me va bene, e dato che al momento non ho fretta che pensi pure al tipo di offerta che vuole farmi, tenendo conto comunque che io non vado in Messico solo per fare un tour, e che quindi - nonostante ovviamente non possa aspirare ad uno stipendio "in euro" - anche il lato economico deve avere la sua importanza. Restiamo d’accordo che mi farà sapere, poi mi chiede quali sono i miei programmi per il giorno dopo ed io gli dico che ho intenzione di andare a visitare il canyon del Sumidero, ad alcune decine di chilometri di distanza, e poi di partire per Città del Messico, punto di passaggio (dettato dalla convienienza: ci sono corriere dirette più frequenti, ed alcune per meno di 15 euri, nonostante la distanza) per raggiungere la zona di Papantla. "Sumidero?" mi dice, e poi mi offre di farmi accompagnare dal buon Yoni, lo strasimpatico autista del gruppo di Vagabondo. A caval donato non si guarda in bocca, e la mattina dopo alle 8 e mezza in punto arrivo in ufficio e trovo Yoni con la zazzera un po’ più corta ma col suo solito sorriso. Siamo solo lui ed io, ovvero - non so se mi spiego - ho l’autista privato tutto per me, col pulmino della ditta :) Il posto non è proprio dietro l’angolo, impieghiamo un’oretta ad arrivare, e prima Yoni vuole ottemperare agli ordini del suo capo di portarmi su in alto fino ai punti di osservazione del canyon (lui non è molto d’accordo, perché dice che la mattina a quell’ora c’è nebbia e si vede poco, meglio andarci dopo)... dei lavori in corso lungo la strada tagliano la testa al toro: non si può passare. Torniamo quindi all’imboccatura del canyon, dove i turisti vengono caricati sulle dei grossi motoscafi dotati di sedili e giubbotti salvagente e, poi, portati per 30+30 chilometri in mezzo alle altissimi pareti che racchiudono il fiume e l’ecosistema che se ne pasce: vediamo avvoltoi, gabbiani, gazze, aironi, cormorani, qualche pellicano, belle formazioni rocciose, il velo della sposa formato da agglomerati di muschi e calcare a sbalzo dalla parete, persino due coccodrilli (anche se, mentre sul primo non ho sospetti dato che, molestato, se ne va in acqua, del secondo son quasi certo si tratti di un falso, perché 1] non si muove, 2] non gli vediamo la testa e 3] Yoni ed Eliseo mi confermeranno di averlo visto nella stesse posizione, sempre immobile... non importa, gli altri turisti si esaltano lo stesso, non roviniamogli la favola). Il giro dura un buon paio d’orette, poi tornati a riva ripartiamo e arriviamo a Chiapa de Corzo, nella cui piazza principale sorge una fonte con un turbinio di mattoni intorno che sembrano ricreare una corona reale, e il cui chiostro della vicina chiesa (in ristrutturazione) pare un’oasi di pace, con le sue piante fiorite a circondare lussureggiantemente un pozzo.
Yoni mi sta aspettando al mercato parlando con un suo collega; lo invito a pranzare con me, all’interno della struttura troviamo un simpatico comedor e ci mangiamo un buon pezzo di carne bovina con i soliti contorni (ormai, non li sto più neppure a menzionare). Finita la visita, torniamo a San Cristobal, dove facciamo un salto a salutare i familiari di Yoni (e il pupazzo di neve/pignatta, rimasto là dal compleanno di Lorenzo a dicembre) e poi agli uffici dell’agenzia, dove ringrazio nuovamente Sergio per cortesia. Eliseo è a casa, ve lo incontro quando vado per fare lo zaino, poi mentre lui va a lavorare io mi dirigo al bus che mi porterà via, fino alla capitale dello stato.
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inserito il 05/03/2012
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