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Galapagos #3: i 21 grammi di Vincent

immagineC'è gente che sogna per anni questi posti, se li pone quasi come una meta finale. Quasi tutti, scoprono che è solo un'altra tappa; per Vincent, è l'arrivo.

Giunto finalmente il giorno dell'immersione, parto con la guida e i due marinai all'alba: dobbiamo fare una quarantina di chilometri in macchina, arrivare dall'altra parte dell'isola, salire sulla barca e raggiungere una di quelle motonavi da sogno dove due altri sommozzatori ci aspettano. Raggiunti Ted e Vincent, statunitensi, ci dirigiamo all'isola di Mosqueda, dove la nostra divemistress ci fa preparare per provare l'equipaggiamento e, soprattutto, i pesi: ogni volta che ti immergi in acque diverse, con attrezzatura differente, non sei mai sicuro se i chili di piombo a cui sei abituato saranno sufficienti o non ti permetteranno di mettere la testa sott'acqua.

Ted ed io facciamo la prova e risaliamo, senza problemi; l'acqua è un pò più calda di San Cristobal, saranno 20 gradi circa.
Vincent è nervoso, tenta di infilare la gamba in una delle braccia della muta, ma è una cosa normale... pensiamo...
Entra in acqua, tutto ok, risale per la scaletta e cambia colore. Sembra avere problemi di respirazione, forse è asmatico.
Il marinaio l'aiuta a togliersi la bombola per salire più facilmente, entra in barca e si siede. É pallido, chissà forse spaventato, la guida mi dice (in spagnolo) che forse è meglio che lei stia con lui e che io vada con l'altro sub.
Vincent beve un pò d'acqua, dice di preferire non scendere ora, poi inizia ad avere seri problemi. Lo aiutiamo a togliersi il cappuccio della muta, lui diventa pallido, respira a fatica, la guida prende la bombola di ossigeno, lo sdraiamo, riprende un pò di colore, mi stringe la mano quando gli dico di farlo, poui comincia ad uscirgli bava dalla bocca, lo giriamo su un lato perché non si soffochi, gli apriamo la bocca per impedire alla lingua di tappargli le vie respiratorie, Vincent non risponde, la guida tenta di praticargli il massaggio cardiaco, io gli sorreggo la testa, Vincent, una cinquantina d'anni, centinaia di immersioni alle spalle, muore.

Diagnosi: probabile attacco cardiaco.

La barca intanto stava andando a tutta velocità verso la motonave, dalla quale ci raggiunge una lancia con a bordo il medico ed il primo ufficiale ed una moltitudine di marinai. Ma non c'è niente da fare, solo da ricomporre la salma, e metterla in uno di quei sacchi di plastica che si vedono nei film in televisione. La moglie, andata in escursione sull'isola, non sa ancora niente.

Siamo sconvolti. Sono sconvolto. Non ho mai visto qualcuno morire, soprattutto nelle mie mani. Non riesco a capire come quella persona che poco prima mi stava sorridendo ora sia fredda, vuota. Non so se ho fatto tutto quello che potevo, non sono un dottore ma anni fa ho seguito un corso di primo soccorso e forse abbiamo dimenticato qualcosa: il medico ci ha detto che probabilmente non c'era niente da fare fin dal principio, che ci sarebbe voluto un defibrillatore e cure intensive, ma ovviamente questo non serve a riportarlo indietro...

La gente continua la sua vita di sempre, quando torno a Puerto Ayora poco dopo l'una (il resto dell'equipaggio sta ancora rispondendo a domande nella Capitaneria di Porto): turisti sciamano per le vie, cercando offerte per visitare queste isole... io non so se avró voglia di andare ad immergermi, domani... forse, è meglio spostarmi ad Isabela, e lasciare che le emozioni sedimentino col loro ritmo...

Commenti

Il giorno 29/09/2005, Filippo ha scritto...
Ciao Daniele. Leggo ora il tuo diario ed il sangue mi si raggela nelle vene al solo pensiero di essere partecipe ad un'esperienza così drammatica. Comunque credo anche che il "destino" sappia benissimo a chi affidare chi.. e che cosa, in funzione delle sue capacità.Perciò non crearti sensi di colpa o rammaricarti, cerca piuttosto di cogliera la vera essenza di questo viaggio che tiporta in giro per il mondo a vivere esperienze indimenticabili, sia di gioia che di tristezza ma che in egual maniera fanno parte della nostra più profonda essenza. Buon proseguimento. Filippo, trentino d.o.c.
Il giorno 30/09/2005, Anna ha scritto...
Non credo che la morte sia un arrivo, piuttosto una sosta tra un viaggio e l'altro, come quando c'e nebbia e ti tocca star fermo in areoporto ad aspettare che diradi. Si puo' morire in molti modi, migliori o peggiori. Non amo viaggiare, ma se dovessi scegliere preferirei che fosse cosi', prima/dopo/durante un immersione alle Galapagos piuttosto che immobilizzata in un letto d'ospedale.
Il giorno 03/10/2005, Daniele ha scritto...
Son d'accordo con Anna (anche se mi piacerebbe morire dopo l'immersione e prima di pagare...), peró si tratta di opinioni...
Qualcuno mi ha chiesto quali sono le mie impressioni di quei momenti. Bene, a rischio di essere definito macabro, ve le presento in una lista, cosí come mi vengono (senza ordine prestabilito):
- guardare la maschera d'ossigeno attentamente, per vedere quando e come respirava
- le risate (spero, isteriche) del suo compagno di avventura (in realtá, non credo si conoscessero granché)
- il pianto di Glenda, la guida, scoppiata nel momento in cui il "dottore" le dice che non c'é piú nulla da fare
- la bava che usciva dalla bocca di Vincent, in rivoli ridotti ma continui, dopo la morte, ed io che tentavo di ripulirgli la faccia con uno strofinaccio, non so se piú per pietá verso la sua morte o per tenermi occupato e non pensare
- il sacco di plastica, in cui l'abbiamo "nascosto" prima che lo riportassero alla sua motonave
- il pensiero della moglie che tornava dall'escursione pensando di verderlo, e di chi le avrebbe dato la notizia (immagino, spero, il Capitano)
- soprattutto, l'impotenza... mi piacerebbe che qualcuno con maggiori conoscenze mediche di me mi dicesse se in caso di infarto abbiamo fatto tutto quanto era possibile fare, o se in altro modo gli avremmo dato piú chance... preferisco sapere, che nascondermi dietro il dito
Il giorno 04/10/2005, Massielena ha scritto...
Ho parlato con degli amici che fanni immersioni e mi hanno detto che secondo loro Vincent ha avuto un'embolia; secondo loro l'unica soluzione per poterlo salvare era farlo tornare sotto e aspettare che la decompressione facesse il suo lavoro......sempre che non fosse stato troppo tardi
Il giorno 04/10/2005, Daniele ha scritto...
I tuoi amici han fatto meno immersioni di me, o io non mi sono spiegato bene: non puoi fisicamente avere un'embolia scendendo venti centimetri in acqua... Vincent stava provando i pesi, non stava facendo immersione... no, deve essersi trattato di infarto miocardico, purtroppo.

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inserito il 28/09/2005
visualizzato: 2727 volte
commentato: 5 volte
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