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Gatti di mare e case colorate
"Canvas the stars
Harness the moonlight
So she can safely go
Round the Cape Horn to Valparaiso" [Sting]
Tre giorni a Santiago, per lavorare su internet, incontrare vecchi amici (ma Riccardo era assente, ricoverato in una clinica privata per uno stato depressivo, e così è stato un pò difficoltoso recuperare il materiale che avevo lasciato a casa sua), visitare qualche altro quartiere che mi era sfuggito la prima volta, e raggiungere Valparaiso.
Valparaiso. Un tempo porto più importante dell'America Latina (lato occidentale), caduto in disgrazia dopo l'apertura del canale di Panama. Valparaiso, dove i santieghini vanno appena hanno un minuto di tempo, per sfuggire allo smog della capitale cilena, e rischiare la vita mangiando frutti di mare con la tubercolosi (il brasiliano che dormiva nel letto sopra il mio è finito in ospedale per una lavanda gastrica, per questo...). Valparaiso, che per me era un nome trovato in una canzone di Sting, e sentito altre volte, e pertanto uno dei tanti sogni da concretizzare.
Tutta in salita, con le case costruite lungo i pendii dei monti, e colorate in toni vivaci come sembra essere tradizione dei villaggi costieri (si pensi al veneziano, per esempio), con una serie di ascensori a cremagliera dichiarati patrimonio dell'umanità (magari è un pò esagerata, la cosa, però per qualche decimo di euro si può farsi una salitina niente male).
Nel porto, le urla dei membri della compagnia marittima, che invitano i turisti a fare un giro in barca per soli 1000 pesos (per mezz'ora... l'avrei pure fatto, ma ho perso l'occasione con il sole, ed il giorno successivo il cielo era così rannuvolato che nessuna lancia partiva); l'ozio dei leoni marini, rannicchiati sulle grosse boe usate dalle navi all'ancora; le bottegucce che vendono artigianato più o meno sospetto, ma apparentemente almeno non fatto in Cina.
Nei parchi, le statue dei personaggi importanti, compreso il fondatore genovese (!) della città, gettano sguardi di pietra sulle moltitudini di scolari che paiono avere delle pause molto lunghe durante la giornata scolastica; intorno, il traffico incessante dei tassì collettivi, che se riesci a prendere quello giusto ti portano in ogni angolo della periferia, fino a Viña del Mar, l'estensione di Valparaiso moderna ed appetita per le sue spiagge.
E, poi, i gatti. Gatti ovunque, come se tutti i gatti del Cile si fossero riuniti qui, forse attratti da promesse di pesci e di ratti che accompagnano l'arrivo di barche e navi. Non ho mai visto così tanti gatti in questa nazione, in nessun luogo, e specialmente gatti così indifferenti al passaggio degli umani che non si scansano e non si scompongono neppure se rischiano di essere pestati. Gatti sonnacchiosi, gatti in caccia, gatti in amore. Contro lo sfondo di case colorate.
Questa è Valparaiso, a due passi dal mare, su su dopo aver doppiato il Capo Horn.
p.s.: questo racconto è dedicato ad Andrea Porro, uno dei miei migliori amici, che condivide con me molte passioni, inclusa quella delle canzoni di Sting
Harness the moonlight
So she can safely go
Round the Cape Horn to Valparaiso" [Sting]
Tre giorni a Santiago, per lavorare su internet, incontrare vecchi amici (ma Riccardo era assente, ricoverato in una clinica privata per uno stato depressivo, e così è stato un pò difficoltoso recuperare il materiale che avevo lasciato a casa sua), visitare qualche altro quartiere che mi era sfuggito la prima volta, e raggiungere Valparaiso.
Valparaiso. Un tempo porto più importante dell'America Latina (lato occidentale), caduto in disgrazia dopo l'apertura del canale di Panama. Valparaiso, dove i santieghini vanno appena hanno un minuto di tempo, per sfuggire allo smog della capitale cilena, e rischiare la vita mangiando frutti di mare con la tubercolosi (il brasiliano che dormiva nel letto sopra il mio è finito in ospedale per una lavanda gastrica, per questo...). Valparaiso, che per me era un nome trovato in una canzone di Sting, e sentito altre volte, e pertanto uno dei tanti sogni da concretizzare.
Tutta in salita, con le case costruite lungo i pendii dei monti, e colorate in toni vivaci come sembra essere tradizione dei villaggi costieri (si pensi al veneziano, per esempio), con una serie di ascensori a cremagliera dichiarati patrimonio dell'umanità (magari è un pò esagerata, la cosa, però per qualche decimo di euro si può farsi una salitina niente male).
Nel porto, le urla dei membri della compagnia marittima, che invitano i turisti a fare un giro in barca per soli 1000 pesos (per mezz'ora... l'avrei pure fatto, ma ho perso l'occasione con il sole, ed il giorno successivo il cielo era così rannuvolato che nessuna lancia partiva); l'ozio dei leoni marini, rannicchiati sulle grosse boe usate dalle navi all'ancora; le bottegucce che vendono artigianato più o meno sospetto, ma apparentemente almeno non fatto in Cina.
Nei parchi, le statue dei personaggi importanti, compreso il fondatore genovese (!) della città, gettano sguardi di pietra sulle moltitudini di scolari che paiono avere delle pause molto lunghe durante la giornata scolastica; intorno, il traffico incessante dei tassì collettivi, che se riesci a prendere quello giusto ti portano in ogni angolo della periferia, fino a Viña del Mar, l'estensione di Valparaiso moderna ed appetita per le sue spiagge.
E, poi, i gatti. Gatti ovunque, come se tutti i gatti del Cile si fossero riuniti qui, forse attratti da promesse di pesci e di ratti che accompagnano l'arrivo di barche e navi. Non ho mai visto così tanti gatti in questa nazione, in nessun luogo, e specialmente gatti così indifferenti al passaggio degli umani che non si scansano e non si scompongono neppure se rischiano di essere pestati. Gatti sonnacchiosi, gatti in caccia, gatti in amore. Contro lo sfondo di case colorate.
Questa è Valparaiso, a due passi dal mare, su su dopo aver doppiato il Capo Horn.
p.s.: questo racconto è dedicato ad Andrea Porro, uno dei miei migliori amici, che condivide con me molte passioni, inclusa quella delle canzoni di Sting
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inserito il 25/03/2005
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