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Una lengua y una moneda
Credo non sia un segreto per nessuno che nella maggior parte dei paesi dell'America del Sud la lingua ufficiale sia lo spagnolo (eccezioni sono il Brasile, dove si parla portoghese, e i vari staterelli come le Guyane, lungo la costa nord).
La cosa, onestamente, facilita non poco il viaggiare da un paese all'altro, ovviamente per chi riesce a spiccicare almeno qualche parola nell'idioma iberico (per la qual cosa io ringrazio pubblicamente l'amico Francesco Ferrini, che ha pazientemente elargito i primi rudimenti di tale lingua a mia sorella ed a me, e tutti gli insegnanti del corso ENJUVE che per un mese, tra Cordoba e Mellina, si sono sobbarcati l'arduo compito di sgrezzarmi).
Da esperantista (cos'è l'Esperanto e che cosa pensano gli esperantisti di una lingua comune lo trovate nel menu di Daniele, a sinistra) convinto, apprezzo in modo particolare l'utilità di questa uniformità... per quanto teorica. Teorica per varie ragioni: innanzitutto, la pronuncia dello spagnolo qui, sebbene sia chiamato "castillano", è in realtà quella dello spagnolo andaluso, ovvero del sud della penisola iberica; la motivazione è che i primi colonizzatori europei del continente erano prevalentemente originari di tale zona; per questo, ad esempio, la lettera "Y" viene pronunciata come "GI" e non come "I", e lo stesso vale per la doppia "L" (Rio Gallego si pronuncia Rio Gaggego). A questo, si aggiunge il fatto che, sebbene raramente esistano inflessioni regionali così marcate come quelle a cui siamo abituati nel vecchi continente, esistono invece differenziazioni a seconda del paese, dove alcune parole risultano parzialmente o interamente modificate.
Non è, comunque, neppure lontanamente paragonabile alla babele europea, e dopo un mese e mezzo tra Cile ed Argentina devo ammettere che non mi riesce ancora di distinguere le varie nazionalità solo in base alla lingua.
La moneta, invece, rappresenta un problema irrisolto e, a quanto pare, irrisolubile. Abituato ormai alla comodità dell'Euro (anche se, come tutti voi, ancora ogni tanto converto mentalmente in vecchie lire per fare confronti), mi vien sempre da temere il momento in cui devo cambiare unità monetaria, e in special modo se devo cambiare anche delle banconote del paese precedente (se poi ti fregano come con la Polinesia Francese, della quale nessuno pare volere la valuta, la cosa mi porta sull'orlo dell'esaurimento nervoso); qui, dove passare da un paese all'altro è a volte l'unica soluzione per proseguire la strada (specie in Patagonia), una moneta unica sarebbe una soluzione ottimale, ancor più che in Europa.
Ovviamente, ho chiesto delucidazioni in merito, ed i cileni hanno tutti dato la medesima risposta: l'economia cilena è la più forte del continente, e l'instabilità economica (si veda quanto successo recentemente in Argentina, dove ora anche i brasiliani vanno in vacanza perché è conveniente) e politica che caratterizza tutti gli altri paesi non rende praticabile un'unità monetaria ed amministrativa dell'economia. Un tentativo era stato fatto con il MerCoSur, il mercato comune sudamericano, ma anche in quello il Cile non ha voluto entrare perché ci avrebbe rimesso troppo...
Ed il dollaro statounitense? Sebbene spesso accettato (con favore), ha ormai perduto quell'aura magica superpartes che aveva qui (come in altre parti del mondo, dove ormai preferiscono chiederti la mancia in Euro... chiamali scemi!), ed è utile più che altro come risorsa di sopravvivenza (qualche biglietto nascosto da qualche parte nello zaino fa sempre comodo...).
La cosa, onestamente, facilita non poco il viaggiare da un paese all'altro, ovviamente per chi riesce a spiccicare almeno qualche parola nell'idioma iberico (per la qual cosa io ringrazio pubblicamente l'amico Francesco Ferrini, che ha pazientemente elargito i primi rudimenti di tale lingua a mia sorella ed a me, e tutti gli insegnanti del corso ENJUVE che per un mese, tra Cordoba e Mellina, si sono sobbarcati l'arduo compito di sgrezzarmi).
Da esperantista (cos'è l'Esperanto e che cosa pensano gli esperantisti di una lingua comune lo trovate nel menu di Daniele, a sinistra) convinto, apprezzo in modo particolare l'utilità di questa uniformità... per quanto teorica. Teorica per varie ragioni: innanzitutto, la pronuncia dello spagnolo qui, sebbene sia chiamato "castillano", è in realtà quella dello spagnolo andaluso, ovvero del sud della penisola iberica; la motivazione è che i primi colonizzatori europei del continente erano prevalentemente originari di tale zona; per questo, ad esempio, la lettera "Y" viene pronunciata come "GI" e non come "I", e lo stesso vale per la doppia "L" (Rio Gallego si pronuncia Rio Gaggego). A questo, si aggiunge il fatto che, sebbene raramente esistano inflessioni regionali così marcate come quelle a cui siamo abituati nel vecchi continente, esistono invece differenziazioni a seconda del paese, dove alcune parole risultano parzialmente o interamente modificate.
Non è, comunque, neppure lontanamente paragonabile alla babele europea, e dopo un mese e mezzo tra Cile ed Argentina devo ammettere che non mi riesce ancora di distinguere le varie nazionalità solo in base alla lingua.
La moneta, invece, rappresenta un problema irrisolto e, a quanto pare, irrisolubile. Abituato ormai alla comodità dell'Euro (anche se, come tutti voi, ancora ogni tanto converto mentalmente in vecchie lire per fare confronti), mi vien sempre da temere il momento in cui devo cambiare unità monetaria, e in special modo se devo cambiare anche delle banconote del paese precedente (se poi ti fregano come con la Polinesia Francese, della quale nessuno pare volere la valuta, la cosa mi porta sull'orlo dell'esaurimento nervoso); qui, dove passare da un paese all'altro è a volte l'unica soluzione per proseguire la strada (specie in Patagonia), una moneta unica sarebbe una soluzione ottimale, ancor più che in Europa.
Ovviamente, ho chiesto delucidazioni in merito, ed i cileni hanno tutti dato la medesima risposta: l'economia cilena è la più forte del continente, e l'instabilità economica (si veda quanto successo recentemente in Argentina, dove ora anche i brasiliani vanno in vacanza perché è conveniente) e politica che caratterizza tutti gli altri paesi non rende praticabile un'unità monetaria ed amministrativa dell'economia. Un tentativo era stato fatto con il MerCoSur, il mercato comune sudamericano, ma anche in quello il Cile non ha voluto entrare perché ci avrebbe rimesso troppo...
Ed il dollaro statounitense? Sebbene spesso accettato (con favore), ha ormai perduto quell'aura magica superpartes che aveva qui (come in altre parti del mondo, dove ormai preferiscono chiederti la mancia in Euro... chiamali scemi!), ed è utile più che altro come risorsa di sopravvivenza (qualche biglietto nascosto da qualche parte nello zaino fa sempre comodo...).
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Commenti
Il giorno 05/04/2005, Daniela ha scritto...
CURIOSITA' :
noi usiamo dire tipo "ero tutto un brivido, dalla TESTA ai PIEDI..." mentre in Sudamerica si dice "DE I PIES A LA CABEZA" cioè il contrario.
Pelle d'oca = piel de galina (anche loro lo usano)
La pignatta (parola che in dialetto veneto significa la pentola) in Colombia è un muneco, cioè un bambolotto di stoffa imbottito di caramelle o dolci che viene usato nelle feste popolari come gara gioco (figurati quando ho chiesto alla colombiana che lavora con me di passarmi la pignatta....). Alla prossima d'
noi usiamo dire tipo "ero tutto un brivido, dalla TESTA ai PIEDI..." mentre in Sudamerica si dice "DE I PIES A LA CABEZA" cioè il contrario.
Pelle d'oca = piel de galina (anche loro lo usano)
La pignatta (parola che in dialetto veneto significa la pentola) in Colombia è un muneco, cioè un bambolotto di stoffa imbottito di caramelle o dolci che viene usato nelle feste popolari come gara gioco (figurati quando ho chiesto alla colombiana che lavora con me di passarmi la pignatta....). Alla prossima d'
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inserito il 19/03/2005
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