Oggi la pulce compie gli anni.

E, prima che qualcuno pensi che mi son messo a parlare di insetti, preciso meglio: trattasi di Marco, il mio nipote preferito. Che con molto affetto chiamiamo pulce, per le dimensioni che - ancora per il momento - non sono da giocatore di basket dell'NBA, e per il fatto che salta come una pulce (sto seriamente pensando di regalare un taser per Natale ai suoi genitori, così riescono a fermarlo ogni tanto). E, poi, pulce è sempre meglio di zecca, altro nomignolo che ogni tanto gli viene affibiato.

Lui se ne fa un baffo, anzi ci ride; e cresce. Contento, direi. E anche noi in famiglia: nonostante le mille marachelle, è un bravo bambino, simpatico, socievole, curioso. Non si ferma mai, quello no, ma forse è giusto così, alla sua età. Mio padre ne sarebbe innamorato, così come lo era di Anna, perché sono quel tipo di nipoti che ce ne sono pochi, oggigiorno. Sarà il crescere in campagna, sarà l'educazione che i loro genitori gli stanno dando, ma direi proprio che la cosa funziona.

Stasera, quando proverò a chiamarlo (ché oggi è giornata campale, qui a Shiraz, e prima di sera non mi libero), mi racconterà del criceto che la nonna gli ha comprato (alla Fiera dell'Est, presumo), del film che domani andrà a vedere con i suoi amici, delle ultime cose che ha combinato a scuola, ecc. ecc.. E la sua gioia di vivere arriverà anche qui da me, e illuminerà la mia serata iraniana come una stella nova.

E allora buon compleanno, pulce!