Man in a suitcase
Le riviste offerte dalle linee aeree sono, solitamente, noiose. Ci sono però alcuni articoli che si distaccano, offrendo qualcosa di interessante su cui rimuginare.
Eccone un paio, che ovviamente riguardano il viaggio, in due momenti particolari: la permanenza in un hotel (e, davvero, se dovessi contare quanti ne frequento in un anno, credo che molti di voi ne abbiano visitati di meno in tutta la loro vita), e il ritorno a casa. Per entrambi, la fonte è la rivista IN, di LAN.
La musica di sottofondo, ovviamente, è dei Police.
Il tempo immobile
Sapevi che, quando uno vive in un hotel, il tempo si ferma? Tutti i giorni, sacralmente, gli asciugamani sono asciutti e ben piegati, il letto fatto, il frigobar pieno, le bottigliette di shampoo rimesse a posto e il sapone nuovo di zecca. Non resta mai traccia di quello che uno ha fatto il giorno prima.
Vivendo nell'abitazione 54 scoprì proprio questo, della vita reale: usare shampoo e saponi è una maniera di osservare come il tempo passa.
E così come uno nell'hotel non procede, neppure c'è possibilità di tornare indietro. Alle pareti non puoi appendere quadri, poster, calendari, foto di famigliari né diplomi que parlino del passato.
È questo spazio senza futuro né passato che tanto intrappola.
Chi si è rubato la spiaggia?
"Plop!", con ogni ritorno esplode una bolla. "E la spiaggia, dov'è finita? E quella collina che avevo di fronte alla mia finestra ogni volta che mi svegliavo, e il succo di papaia per colazione, e le chiacchiere con i piedi nella sabbia sotto un tetto di palme, chi se li è portati via?"
Mentre la lavatrice arranca rumorosamente e le creme della trousse vengono riposte in bagno, uno sta arrivando. Al gerundio, sì, perché si arriva in varie tappe. Quando atterra l'aereo - o arriva l'autobus alla stazione o entra la macchina nel garage -, cuando si apre la porta di casa, quando svuotiamo la valigia, durante il primo giorno di lavoro.
Il corpo arriva immediatamente, ma la testa lo fa poco a poco.
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Commenti
No, è l'autore di quell'articolo, il cileno Juan Pablo Meneses, che, dopo essere capitato per caso nella stanza 54 di un hotel, ogni volta che vi tornava chiedeva sempre quella stanza, perché ormai ci si era abituato. Di più: cercava, in ogni destinazione in cui andava, un hotel dello stesso nome, e in quello la camera 54.
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inserita il 18/03/2015
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