A MUSE duro: vizi e virtù del nuovo museo a Trento
Qualche giorno fa ho approfittato di una visita a parenti per visitare quello che è il nuovo gioiello della città di Trento: il MUSE, nome altisonante dato alla nuova sede (e nuovo allestimento) del museo di scienze naturali.
Disegnato da Renzo Piano, dotato delle migliori tecniche espositive, e soprattutto spinto da una potente campagna pubblicitaria, il MUSE ha aperto le porte alla fine di luglio e, da allora, vede file ininterotte di spettatori pronti a pagare il biglietto (9 euri, per gli adulti) per esplorarne i 6 piani, la terrazza e la serra tropicale.
Sono 9 euri ben spesi? All'inizio, pensi di sì. Arrivi alla base di questo grande edificio, dalle linee avveniristiche che ricordano in parte i declivi delle montagne circostanti, tutto sberluccicante nei suoi vetri e metalli immersi nella luce solare. Se sei furbo, arrivi presto, nel senso che la coda comincia a formarsi già un''''oretta prima dell''''apertura, e non si esaurirà fino al pomeriggio. Mio cugino Lorenzo ed io siamo lì alle 9, alle 9:40 aprono le casse e siamo quasi i primi, ma poi dobbiamo aspettare altri 20 minuti perché aprano le grandi porte scorrevoli (anticipare l''''orario di apertura, per le famiglie vacanzifere che non vogliono passare tutta la giornata dentro l''''edificio, potrebbe essere una delle tante idee geniali che pare non siano venute agli organizzatori).
Scatto da centometristi (io; Lorenzo un po'''' meno, ma non sta bene di salute, se no gliela faceva vedere lui), e individuazione dell''''area meno appetita dalla ressa (anni di esperienza a Gardaland ed altri parchi tematici sono pure serviti, no?!), ovvero quella dei giochi scientifici, tipo "cavalca il giroscopio" o "fa rimbalzare la pallina in modo che passi attraverso 3 cerchi". Raggiuntala, scopriamo la prima beffa: una parte delle attrazioni, fatte per resistere all''''uso da parte di moltitudini di visitatori in un museo che si pregia(va) di invitarli a toccare e provare tutto, sono già in manutenzione; "rotte", ci dice uno dei ragazzi dell''''assistenza, identificabili per le belle magliette col logo o per il braccialetto gommoso con la data di inaugurazione (pensare che li vendono al negozio!!! Ma chi comprerebbe una cosa del genere?!). Esploriamo il piano terra, in cui non c''''è molto altro, e cominciamo a salire le scale.
Ogni piano è più piccolo di quello precedente, ma sono tutti interessanti: c''''è la zona in cui fanno vedere le relazioni tra Natura e tecnologia, quella in cui presentano l''''ambiente montano, quella delle informazioni sul futuro del pianeta e sui modi in cui l''''umanità lo sta più o meno lentamente rovinando, e così via. E, poi, c''''è il grande vuoto, nel quale galleggiano sospesi a fili e piattaforme animali impagliati disposti in base all''''altitudine che occupano solitamente da vivi (tipo che lo stambecco sta più in alto del bufalo, e l''''aquila ancora più in alto). Carino da vedere, e sicuramente quegli animali rischiano di meno di quelli posti negli habitat ricreati, dove ovviamente ogni bambino (e non solo) vuole accarezzare l''''ermellino, l''''orso bruno ed il gallo cedrone. Ed è ovvio che succeda, se glieli metti lì a portata di mano in labirintici corridoi stretti tanto che non ci si passa in due affiancati. Se vuoi che non te li tocchino, i tuoi animali impagliati, caro il mio MUSE, è inutile che continui a lanciare annunci all''''altoparlante, ricordando "ai gentili visitatori che è proibito toccare gli animali"; mettili dietro un vetro, magari polveroso, oppure crea una zona in cui i bambini possano sfogarsi (piena di peluche di stambecchi, aquile e orsi bruni, magari)...
Lo stesso dicasi per il ghiaccio che si sta formando, che lo metti lì a due dita dalle mani dei visitatori e poi ci metti un cartello "vietato toccare"... non si fa così, caro MUSE! O per i tanti monitor piatti dove persone dotte raccontano storie sicuramente interessanti, peccato però che il volume sia talmente basso da sembrare inesistente, e che quando invece c''''è si sovrappone perfettamente a quello dell''''installazione a lato, ché l''''ingegnere dei suoni qui dev''''essere stato quanto meno un inetto, e tu o fai un corso rapido di lettura delle labbra oppure rimani interdetto e pensi ai tuoi 9 euri che sono rimasti nella cassa al piano terra. E non serve niente chiedere ai giovani assistenti di cui sopra, che in teoria dovrebbero girare per verificare anche queste cose (e sistemarle, o farle sistemare), e invece sono spesso impegnati a chiacchierare tra loro o a giocherellare con il tablet che si portano dietro.
Saliamo sulla terrazza, da cui "si può ammirare la bellissima valle dell''''Adige"... eggià, peccato solo che le ripide pareti disegnate da Renzo Piano stiano in mezzo agli occhi (ed ai maroni) di chi vuole guardare la vallata. Come dice Lorenzo, "si può però ammirare il campo nomadi"...
Scendiamo allora al piano interrato, sezione preistoria. E qui è pieno di lisci scheletri di dinosauri, e teche e pannelli che mostrano com''''era la Terra un tempo, e schermi su cui grandi e piccoli animali si muovono e ti spiegano nelle tre lingue ufficiali (italiano, inglese e tetesco) quante dita avevano e come era la loro pelle e tante altre cose che li rendono più vivi del normale. Ma l''''installazione migliore è, secondo me, il "Tree of life", 12 metri di animazione grafica generante "segni che si intrecciano continuamente, brulicano, prendono la forma di animali, piante, microrganismi, per poi mutare nuovamente e moltiplicarsi; appaiono e scompaiono i nomi delle specie, altri rami e altri percorsi si disegnano e prendono la loro nuova direzione, in un incessante snodarsi di tracciati evolutivi" (come dicono nel sito di quelli che l''''hanno ideato, ennezerotre); ed io mi fermerei per ore a leggere quel che si trova sui rami, a riconoscere dettagli, ad ascoltare i suoni che vengono trasmessi. Ma Lorenzo è stufo, vuole proseguire, quindi attraversiamo la quasi inutile (e, in parte, già in manutenzione) esposizione temporanea sulla "mano" e ci infiliamo nella serra tropicale, dove piante che non sono di queste lande sono state inserite tra cascate e suoni di uccelli della foresta. Bellina, piccola ma bellina, però forse con il sole che picchia all''''esterno non rendo molto, immagino sarà fantastica d''''inverno con la neve che si posa tutto intorno, tenuta lontana solo dai grandi pannelli vetrati.
Usciamo, nel caldo di un mezzogiorno d''''agosto: tre ore di visita, mentre la coda di gente all''''ingresso continua a crescere, sono state sufficienti per noi; la speranza è che lo diventino sempre meno, e che questo museo possa davvero riuscire ad esprimere il proprio potenziale, e non rimanga l''''ennesima cattedrale nel deserto, bella da inaugurare ma poi scivolata, lentamente, nell''''oblio.
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Commenti
fondamentali per la comprensione dei contenuti. Ci piacerebbe molto realizzare una versione per schermo singolo ma, come hai ben intuito, il lavoro è molto impegnativo e richiede tempi di lavorazione lunghissimi".
Vabbè, nell'attesa andate al MUSE per godervelo.
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inserita il 26/08/2013
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