La D eufonica
Tanto per intendersi: la D eufonica è quella D che viene aggiunta ad (eccola qui...) alcune particelle qualora la parola successiva inizi per vocale e le due vocali vicine diano adito a cacofonie o difficoltà di pronuncia. Più frequentemente utilizzata nel passato, nell’uso moderno della lingua italiana la D eufonica ricorre in tre casi:
- nella preposizione ad ("a"),
- nella congiunzione ed ("e")
- e meno frequentemente nella congiunzione od ("o").
Non esistono oggi regole ferree circa l’uso della D eufonica: i manuali moderni di italianistica ne consigliano l’adozione solitamente negli incontri tra vocali del medesimo timbro e nelle forme consolidate, come nella locuzione "ad esempio", lasciando del resto margine alla discrezione dell’autore o del parlante, ma sconsigliandone comunque un uso pedissequo e massiccio, o laddove possa ingenerare a sua volta cacofonie come "autori ed editori".
Ora, io uso la D eufonica, e mi crogiolo nell’usarla, anche se il testo che ne risulta può apparire, agli occhi o agli orecchi di qualcuno, scritto da un "matusa". Le mie motivazioni sono, perlopiù, stilistiche: amo che i testi scorrano il più possibile, e più tempo ho a disposizione per rimaneggiarli, più cerco di farli scorrere (il che non significa che li renda più interessanti, ma solo più facilmente leggibili).
In un articolo che ho scritto su Rat-Man e l’esperanto per una fanzine che un altro fan del fumetto di Ortolani sta realizzando avevo introdotto una D eufonica nel pezzo "completo ed adattabile". Il responsabile dell’impaginazione ha tolto quella D, perché appunto "secondo prassi consolidata da dettami editoriali la D eufonica va utilizzata esclusivamente per separare due vocali uguali".
Come ho risposto a lui è libero di farlo, ma in realtà - pensandoci su - non ne sono proprio proprio convinto. Perché si tratta di una manipolazione stilistica (lo ricordo, per chi non l’avesse capito: non c’è una regola ferrea, e quello non è un errore grammaticale), ovvero di una alterazione dello stile dell’autore, in questo caso il mio. Il significato è lo stesso, il testo è comunque scorrevole, però... però, si comincia dalle piccole cose, poi si aggiungono o cambiano punteggiature, si corregge un tempo verbale, fino magari a decidere di modificare un intero periodo per renderlo più comprensibile. E lo dico con cognizione di causa, perché mi capita di fare anche il correttore di bozze per una rivista (quella della Federazione Esperantista Italiana), e anche a me viene da fare quelle cose. Però non le faccio, mi limito a segnalarle al caporedattore, ché poi decida lui se vuole prenderne nota o meno. E le segnalazioni le faccio in buona fede, ovviamente, per rendere un servizio sia al lettore sia all’autore, che magari gli è scappato l’errore o la svista e se potesse correggerebbe lui stesso.
Però, però, però... in un mondo ideale, sarebbe meglio mandare indietro le proposte di correzioni all’autore stesso, perché possa decidere se vuole apportarle o meno. Normalmente non c’è tempo, ma quando ce n’è forse sarebbe la prassi più corretta, di nuovo nei confronti sia dell’autore che del lettore, che si troverà davanti alla fine il testo scritto effettivamente da quell’autore, e non filtrato (nel bene o nel male) da qualcun altro.
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Commenti
-la sperimentazione in campo artistico (in questo caso la scrittura con l'assunzione o meno della D eufonica)
-la funzione del correttore di bozze.
Sulla prima questione io sono per la libertà dell'autore di usare il linguaggio che più sente suo. Le regole hanno la funzione di dare una forma condivisibile da tutti alla scrittura ma non credo debbano essere castranti. Ci sono splendidi esempi di scrittori sperimentalisti (Stefano Benni e Alessandro Baricco) che hanno dato prova di abilità nell'uscire dalle regole. Se prendiamo in considerazione, poi, il fatto che una delle funzioni dell'arte è quella di mostrare all'umanità nuove forme espressive possibili ci rendiamo conto che le regole non devono essere un limite.
Per quanto concerne la funzione del correttore di bozze credo debba rispettare il più possibile lo stile dell'autore ma la realtà è che il tempo è tiranno e a volte il dialogo tra autore e correttore non è fluido anche perchè sempre filtrato dall'editore.
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inserita il 04/05/2013
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