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Porgi l'altra guancia

Spinto dalla mia innata curiosità ho voluto raccogliere l'invito di alcuni amici e li ho seguiti a Milano all'annuale incontro tra migliaia di persone (per la maggior parte italiane, ma anche straniere) e Amma, la loro guida spirituale.

Indiana (di quelli dell'India, con sari ed orechino nel naso... che poi, qualcuno mi spiega perchè si chiama lo stesso orecchino?), cinquant'anni davvero ben portati e con una energia inesauribile seconda solo al suo sorriso, Amma ("la madre") è un punto di riferimento per alcune decine di milioni di fedeli in tutto il mondo, che in lei vedono non solo una guida ma anche una fonte di conforto, di compassione: come una madre, questa piccola signora dai capelli scuri scuri e lunghi lunghi accoglie chiunque vada da lei con un sorriso, un abbraccio, qualche parola sussurrata all'orecchio e un dono, solitamente il petalo profumato di un fiore ed una caramella. Niente di più, niente di meno. Oh, sì, dietro ed intorno a lei si muovono miliardi, le sue attività filantropiche in India e Sri-Lanka l'hanno resa una potenza che non si può ignorare, e che anche organizzazioni internazionali come l'ONU hanno riconosciuto; ma lei, la madre, rimane sempre lei, incurante del tuo ceto sociale o della tua religione, delle tue condizioni di salute o del tuo io più segreto. "Un abbraccio non si nega a nessuno, perchè tutti prima o poi abbiamo bisogno di un abbraccio", potrebbe essere lo slogan della sua missione. Una missione che è stancante (provate voi a stare seduti per più di 15 ore, abbracciando tutti coloro che dopo aver preso il loro numerino fanno rispettosamente la fila, senza mai interrompere il flusso neppure per scusabili necessità fisiologiche!), e che marchia: marchia Amma, che sulla guancia destra ha ormai il segno delle milioni di guance che vi si sono appoggiate, e marchia te che, in un modo o nell'altro, per un motivo o per l'altro, sei arrivato fino a lei.

C'è frastuono, intorno; il palazzetto rimbomba delle voci dei presenti e delle canzoni cantate dai fedeli, e le luci enormi sembrano illuminare spietatamente ogni centimetro quadrato della mia coscienza, mentre faccio la fila e non so cosa mi aspetta. Nella mia vita ho solo sfiorato le dottrine meditative, cerco inutilmente un mantra qualsivoglia che possa calmare il mio spirito, ed intanto in ginocchio procedo all'interno di questo serpentone interminabile, e mentre mi avvicino guardo gli altri, guardo i loro visi, mi chiedo cosa significhi tutto questo per loro. Il caos aumenta, siamo ormai molto vicini al largo sedile che quasi inghiotte Amma con la sua dimensione; i più fedeli aiutanti, che la circondano, abbaiano quasi le istruzioni per i novizi come me, ma i più lo fanno con il sorriso sulle labbra, senza nessuna intenzione di essere scortesi, ma solo preoccupati che tutto proceda liscio e che nulla impedisca che altre centinaia di persone possano avere lo stesso privilegio. Le luci sono forti, il senso del kitch indiano pare estrinsecarsi anche tra i devoti italiani, due file convergono ed infine mi trovo dinanzi a lei. Ecco, mi chinano la testa sulla sua spalla destra, lei me la circonda con il braccio destro e tutto scompare, tutto è irreale silenzio. Solo la sua voce, dal tono basso e calmo, la spezza con un ritmo ripetitivo, con parole che non comprendo ma so che stanno parlando direttamente al mio animo, e che lui spero saprà interpretare (mi raccontano che spesso Amma dice semplicemente "figlio mio, figlio mio, non ti preoccupare", come se volesse farci capire che lei vuol prendersi carico anche di parte del nostro fardello). Poi, come tutto è iniziato, tutto finisce: torna la luce, Amma sorride e mi mette in mano un petalo ed una caramella (al caffè... vabbè, nessuno ha detto che è onnisciente!), braccia allenate dalla pratica mi afferrano e tirano indietro per far posto già a qualcun altro, io mi guardo intorno e vedo che sono di nuovo nel palazzetto, in mezzo alla folla enorme.

Tra un abbraccio e l'altro, discuto e scherzo con i miei amici (ci sono anche varie pecore, tra di loro), mi aggiro con sguardo indagatore tra le bancherelle che vendono prodotti per la cura del corpo e abiti di foggia indiana (compresi pezzi dei sari indossati da Amma), parlo con molti; voglio capire cosa li spinge, cosa li porta qui ogni anno, o in giro per l'Europa o in India per seguire questa persona, per abbracciarla. Mi viene in mente che può venirne fuori un buon articolo per qualche rivista esperantista, ci sono tanti punti in comune tra l'idea che sta alla base della lingua di Zamenhof e l'idea che questa donna porta nel mondo; cerco allora l'ufficio stampa, e parlo con i loro addetti, e chiedo ed ottengo il permesso di fare qualche intervista, di scattare qualche foto (ma è difficilissimo fotografare Amma, talmente è circondata da aiutanti e devoti che la nascondono praticamente alla vista).

Poi, la notte è di nuovo attesa, le leggi del caos hanno sfaldato il nostro sparuto gruppetto e così andiamo a riabbracciare la madre ad orari diversi, a me tocca dopo l'1 di notte, ma va bene così, c'è gente che aspetterà fino alle 10 del mattino. Il secondo incontro, questa volta sul grande palco, all'interno di un baracchino addobbato con colori vivaci e più luci che un albero di Natale, mi trasmette una sensazione simile al primo, condita però dal divertente episodio di un devoto che, preso nella sua estasi meditatoria, non s'avvede di infilare un piede in un vassoio di bignè alla crema offerti ad Amma lanciandoli a mo' di catapulta tutto intorno, e dalla constatazione che Amma ha intuito i miei pensieri ancor più profondamente di quanto potessi sospettare: questa volta, la caramella è all'arancio!

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inserita il 05/11/2006
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