Queso chicloso
Passeggiavo per la Calzada, la strada pedonale che dal centro di Granada conduce verso il lago Nicaragua, un paio di chilometri più in là, al tramonto, come si conviene.
Intorno a me, le facciate delle casone spagnole, che da secoli fanno di questa città la più lungamente abitata dal tempo in cui i sudditti di Isabella e Ferdinando cominciarono a popolare il Centro America, si illuminavano della luce vesperina, con i colori sfavillantemente pastello che le contraddistinguono. Colori che, forse, hanno cercato di riparare allo scempio fatto nel 1856 dall'avventuriero americano William Walker, che scacciato dalla città di cui era diventato padrone la incendiò, lasciando solo un cartello appeso ad una lancia, con la scritta "qui stava Granada".
Granada la bella, Granada la grande sultana. Capitale per anni, finché le continue lotte con la più liberale Leon fecero sì che si creasse Managua, così come in Brasile Brasilia e in Australia Canberra: città che non esistevano, e che nascevano e assurgevano al rango di capitale per dirimere una frattura campanilistica altrimenti insanabile.
Camminavo per la Calzada, dicevo, e dalla chiesa della Guadalupe giungeva il tintinnio del campanello del sacrestano, segno che la messa cattolica stava entrando nel suo momento più importante (no, non la raccolta delle elemosine!..). Un tale, nel parchetto dinnanzi, suonava la fisarmonica, forse per ricordarsi le musiche con le quali avrebbe poi deliziato le centinaia di turisti seduti ai tavolini dei ristoranti (e caffé) all'aperto. I turisti del mio gruppo erano, supppostamente, in giro per esplorare la città, o più prosaicamente ai bordi della piscina dell'albergo.
Camminavo, e lungo il cammino mi sono imbattuto in un chioschetto e dei tavolini; dietro la vetrina del chioschetto, illuminati da una lampadina per una volta non troppo fioca, vari vassoi di cibi. Ho subito riconosciuto le strisce di platano (non l'albero, ma il frutto simile alla banana) fritto, delizioso snack o accompagnamento, e vari tipi di carne, ma stavo ancora studiando il resto dell'ambaradan quando una madre con due bambine piccole si è fermata anch'ella davanti alla vetrina.
"Cos'è quello?", ha chiesto una delle due bambine, indicando una massa informe schiacciata e dai margini bruciacchiati.
"Queso, formaggio", ha risposto la signora ai fornelli.
"Sembra queso chicloso, formaggio-gomma da masticare", ha ribadito la bambina. "Pare delizioso", ha aggiunto l'altra.
Mi sono trovato d'accordo con lei. Così, mentre loro decidevano cosa mangiare, ho chiesto alla signora un bel piattino di queso chicloso e fette di platano, più una bibita gassatamente dolce per impedire al contenuto del piattino delizioso di soffocarmi lentamente. Mi sono seduto ad uno dei tavolini, e ho cominciato a servirmi, rigorosamente con le mani.
Ora, se non avete mai mangiato il queso chicloso, non sapete cosa vi siete persi: formaggio fuso misto ad una pastella croccante al punto giusto, salatino anzichenò ma tanto c'era la Fanta che veniva in mio soccorso. Un'antipasto, ché poi avevo la cena programmata con alcuni dei miei viaggiatori, ma che ti si scioglie in bocca. E mi è tornata alla mente la discussione avuta a pranzo, quando una coppia britannica, rigorosamente inglese, mi ha detto di non aver mai capito la passione di noi italiani per il lardo, specialmente quello di colonnata. Io ci ho provato, lo giuro, a spiegargli che cosa si perdevano, ma loro hanno insistito nel giustificare la scelta di lasciarlo nel piatto, quando sono stati in Toscana l'ultima volta... Non c'è niente da fare, viviamo proprio in mondi diversi!
E il rumore del calesse che passa lungo la strada, e quello degli zoccoli dei due cavalli che lo tirano, sembrano solo confermare la mia tesi.
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inserito il 07/02/2014
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