Il ritorno dei Maya
Negli ultimi giorni, l'Alcion ha accelerato: dopo un periodo in cui abbiamo trascorso 4-5 giorni in ogni paese, siamo passati di corsa attraverso l'Honduras per restare due giorni a Suchitoto, delizioso villaggio in riva al grande lago Suchitlan, in El Salvador, poi ancora più velocemente (2 ore!) in Guatemala per rientrare in Honduras dove ci siamo fermati per altri due giorni. Oh, non è mica colpa nostra: è che quando hanno deciso dove tirare le linee delle frontiere, da queste parti, tra spagnoli ed independentisti direi che han fatto proprio un bel tetris!
Honduras, dicevo. Dove la gente dal cappello da cowboy ti saluta per strada, portandosi il manico del machete (che li accompagna come agli italiani maschi qualche decennio fa il borsello) alla tesa del sombrero in segno di deferenza. Dove il piatto principale della cucina locale è la "pupusa", una tortilla di mais ripiena di formaggio e fagioli schisciati, cotta su grandi piastre in chioschetti che trovi ad ogni angolo della strada. Dove i Maya hanno lasciato in eredità uno dei più importanti siti della zona, visitato ogni giorno da centinaia di persone: Copán.
È un peccato che l'Honduras, per molti, sia solo questo: sono talmente tanti coloro che vengono solo in visita mordi-e-fuggi, che alla frontiera con il Guatemala si può ricevere un timbro "solo-Copàn" che permette di velocizzare estremamente le formalità burocratiche, anche se non di evitare di pagare la tassa di ingresso di 3 dollari americani. Perché ci sarebbe dell'altro, tanto altro da vedere, almeno a quanto sono riuscito a capire dalle guide e dalla documentazione che leggo. Mi sa tanto di Perù, con la sua smania di promuovere Machu Picchu, relegando ogni altra civiltà pre-incaica ed ogni altro luogo ad una eterna, seconda posizione.
La città di Copán Ruinas deve le sue strade acciottolate notevolmente pulite e la sua piazza principale ben curata agli introiti che arrivano dai turisti, ed a loro (a noi) offre in ritorno ristorantini, bar, caffetterie dove fare colazione, acque termali, negozi di souvenir e hotel e ostelli in abbondanza. Sembra però che non si sia fatta prendere dalle manie di grandezza di Cusco, giusto per rimanere nella citazione precedente: il passo di tutti è tranquillo, i bambini giocano per le strade con delle finte pistole realizzate con una cannuccia e del nastro adesivo, i tuk tuk passano più tempo in attesa di clienti che a scorrazzare sulle pietre delle strade, e il servizio in quasi tutti i locali è talmente lento che potresti leggerti il giornale, mentre aspetti che ti portino quello che hai ordinato.
Da essa, un paio di chilometri a piedi conducono ai resti della città Maya, forse non la più grande che ho visitato (dopotutto, Tikal sono 16 chilometri quadrati) ma sicuramente una delle più interessanti, con i resti dei suoi palazzi e, soprattutto, con una sequenza di steli decorate senza lasciare un centimetro quadrato vuoto. Una città che riprende vita, grazie alle spiegazioni della nostra guida, Fito Alvarado, che ce la fa assaporare, ci fa rivivere quello che succedeva quando, tra queste mura e strade e piazze, si aggiravano i 18 regnanti che si succedettero alla guida delle oltre 40000 anime che vi vissero allo stesso tempo.
Le parole di Fito ci fanno quasi viaggiare a ritroso nel tempo, mentre intorno a noi la foresta sembra nascondere e svelare allo stesso tempo nuove costruzioni, nuovi simboli, nuove storie. Sono pochi i turisti in giro, oggi, stranamente; ma noi certo non ci lamentiamo, ed anzi approfittiamo di questa fortuna per poterci sentire sovrani di questa terra, mentre sopra di noi volano schiamazzanti vari esemplari di ara macao, pappagalli tanto importanti per i Maya da comparire in varie rappresentazioni, come fregi o come mascheroni coloratissimi. Come coloratissimo è il tempio che si trova all'interno di una delle piramidi, un tempio probabilmente dedicato a custodire i resti mortali del primo sovrano, K'inich Yax K'uk' Mo', e che ora solo gli archeologi possono vedere nella sua bellezza originale (per noi, poveri mortali, è stata creata una copia a grandezza naturale all'interno del museo, ed è una vista incredibile per le dimensioni, i colori, le decorazioni) grazie a dei tunnel che permettono l'accesso.
Un grande contrasto con Joya de Ceren, un sito più piccolo, di sole abitazioni, poco lontano dal vulcano San Salvador, immortalato nel tempo (come Pompei) da alcune eruzioni, che avevamo visitato durante il viaggio di ieri: laggiù, case, cucine, camere da letto, orti e campi coltivati; qui grandi palazzi, campi da gioco per la pelota, piramidi per rituali sacri.
Entrambi siti validi, entrambi siti interessanti, per approfondire ulteriormente la mia conoscenza del mondo e della cultura Maya.
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inserito il 23/01/2014
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