Scrubs
"Nome del padre e della madre?"... "Professione?"... "Dove risiederà, in Siria?"
"Scusi, come faccio a saperlo? Mi date il visto, prendo il bus fino a Damasco e poi mi trovo un alberghetto, no?"
"Eh no, deve dircelo prima, se no come facciamo a darle il visto?"
("Scrivi Hotel Damascus, così sono contenti...")
...
Uno si potrebbe pure chiedere come si fa a passare due ore al confine tra la Giordania e la Siria, dopo aver risposto alle domande più assurde poste da un omino che ormai dev'essere stufo pure lui di farlo ogni giorno. Pare che le autorità di questo paese amino rendere le cose più complicate possibili agli stranieri, così che il turismo ne possa risentire favorevolmente... Due ore, ci vogliono: due ore perché un dannato fax venga inviato a Damasco, venga controllato e ritorni indietro con il fatidico verdetto: approvato! Ed io lì seduto, a guardare il nulla se non le onnipresenti foto del presidente Bashir al-Asad, figlio di quell'Hafiz che ha governato per trent'anni e che ora è omaggiato ovunque con ritratti e statue di ogni dimensione (anche il figlio comunque se la cava bene, se non fosse per delle assurde foto che lo ritraggono, occhiali scuri, in una improbabile foto da Rambo), e a sorseggiare il te offertomi dall'omino di cui sopra.
Col mio bel timbretto, finalmente, scrocco un passaggio ad un tipo e arrivo alla stazione dei bus, dove mi imbarco (dopo abbondante pisciata... ok, scusate, mi rendo conto che come nei film non si dovrebbero menzionare scene fisiologiche, ma ero in giro da ore e continuavo a bere e non trovavo un gabinetto neppure a pagarlo, quindi appena ho potuto ho deciso di fare un versamento giordano in terra siriana...) per Damasco. Daniel, il mio ospite CS, ha deciso di mettermi nei guai: "quando arrivi, vieni di fronte all'ambasciata americana, ché ci vediamo là"... Daniel, ma ti rendi conto che siamo in Siria? E io la prima cosa che faccio è chiedere che mi portino all'ambasciata americana? Vabbé, lo faccio, e scopro così che la simcard giordana qui non funziona (contrariamente a quanto mi avevano detto); ma ecco che la gentilezza locale si fa subito notare, e mi prestano un cellulare per fare la fatidica telefonata...
Daniel è canadese, e vive a Damasco da un mese per studiare l'arabo. Come lui, le sue compagne di appartamento, rispettivamente un'americana ed una slovacca. Mi porta un pò in giro per il quartiere, poi ceniamo tutti quanti con una bella pastasciutta alla bolognese (e te'pareva?!), a cui si uniscono l'istruttore di arabo di Daniel e una coppia di amici della ragazza americana, e infine faccio conoscenza con il mio divano-letto.
Il giorno dopo, mappa in mano e passo lesto, arrivo in centro, e punto sulla Vecchia Damasco, un intrico di vicoli e viuzze intervallate da qualche moschea e da dei suk coperti da un tetto metallico a volta con strani fori (qualcuno dice fatti dai francesi durante un bombardamento, ma tenderei ad escluderlo date le dimensioni). Un labirinto interessante da esplorare, dove passo varie ore, finché mi ritrovo con il mio ospite per raggiungere delle sue amiche palestinesi che ci hanno invitato a visitare il "campo". Niente tende, però: ormai i palestinesi, pur non ricevendo documenti ufficiali siriani per motivi prettamente politici, sono completamente integrati nella società locale, e si sono costruiti i loro palazzi, i loro negozi, i loro uffici; se non fosse per la maggiore concentrazione di bandiere palestinesi, non si noterebbe la differenza da qualsiasi altra parte della città. Nour e le sue amiche ci portano in giro, visitiamo la loro ex-scuola e giochiamo un pò a palla con i ragazzi che vi troviamo, poi andiamo a casa della prima e ci godiamo una splendida cena con la sua famiglia, con chiacchiere su tutto tranne politica, sesso e religione (un pò come in Italia, no?). Io sono particolarmente incuriosito dai costumi locali, molto diversi da quelli dei paesi che mi sono lasciato alle spalle: qui la maggior parte delle donne va in giro a testa scoperta, ho visto varie coppiette tenersi per mano, sembra esserci un islam più liberale... forse un pò si sente la passata influenza francese e sovietica, forse è che siamo in una capitale... boh, Nour è lì che mette in mostra la sua testa riccia, mentre le sue sorelle e sua madre portano il velo ma solo perché ci siamo noi in casa...
La mattina seguente la passo a esplorare il Museo Nazionale, un insieme di reperti storici con poche etichette e molta polvere; se penso che la Cooperazione Italiana ha contribuito (e contribuisce) con denari sonanti, mi viene da imprecare per come vengono buttati via i nostri soldi... ma mandare qualcuno una volta all'anno a verificare la situazione, ed a dire "signori, o qui ci si da una regolata o vi tagliamo i fondi!", pare proprio brutto? Torno a perdermi nel suk, a zonzo con altri couchsurfer, che mi fanno scoprire tra l'altro la gelateria più famosa della Siria (e devo dire che lo è a ragion veduta, anzi gustata) e la moschea dove è sepolta la pronipote del profeta Maometto, molto bella (la moschea, non la pronipote) e seminascosta ai turisti, che preferiscono andare su e giù per la "strada detta diritta" nella Bibbia, e sulla quale Marc Twain ha commentato che "la strada è certamente più dritta di un cavaturaccioli, ma non tanto quanto un arcobaleno".
Venerdì, giorno di festa, arriva Hanke, altra ospite tedesca di Daniel, e questo fa insorgere la tipa slovacca che lamenta una violazione della sua privacy. Cerchiamo di disinnescare un pò la bomba standocene fuori dai piedi per tutto il giorno, e con una gran bella faccia tosta ("è la Cooperazione Italiana che paga? Bene, io sono italiano, e vorrei vedere come sono spesi i miei soldi..." giuro, ha funzionato!) riusciamo ad intrufolarci nella cittadella costruita dal feroce Saladino e poi fortificata dai mammelucchi, e poi visitando la moschea della suddetta pronipote troviamo un simpatico signore che ce ne racconta per filo e per segno la storia, giusto perché noi non si esca da ignoranti, poi... Le cose a casa, con un pò di diplomazia da parte del buon Daniel, si sistemano, anche se ci sono ancora mugugni (in arabo, in modo che noi non li si possa comprendere), e la notte ci libera da ogni peccato, lasciandoci pronti per andare a MarMusa, un monastero a circa un'ora e mezza di bus (normalmente) da Damasco. Dico "normalmente" perché ovviamente la sfiga vuole che il nostro autobus e un altro collidano, e che i rispettivi autisti comincino a litigare fino all'arrivo della polizia. Risultato: un'ora di ritardo sulla tabella di marcia. Per fortuna che poi ci vanno tutte lisce, e Hanke ed io otteniamo vari passaggi gratuiti fino alla base della scalinata che porta al santuario. Troviamo un'oasi di pace, ricostruita da un religioso italiano, padre Paolo, e in cui ora volontari di varie nazionalità si adoperano per rendere quanto migliore possibile l'accoglienza a chiunque raggiunga questo luogo. Vi si pù dormire e mangiare gratis, le offerte e il lavoro volontario sono sempre graditi ma mai obbligatori, e c'è un sacco di gente che ci viene anche solo per tirare il fiato per qualche giorno... più ci penso, più parlo con Fabiana di Verona che è lì da sei mesi come volontaria e le piace un sacco, e più mi invoglia velocizzare qualche altra parte del mio itinerario per poter tornare qui almeno per una notte, a godermi il silenzio e le stelle... vedremo!
La famigliola che ci ha dato l'ultimo passaggio ci riporta anche indietro fino a dove partono i minibus, non prima di averci invitato a partecipare alla parte finale del proprio picnic e averci presentato metà del paese. Torniamo in città, e qui Hanke raggiunge l'appartamento che si era procurata e Daniel ed io ci concediamo il piacere di un hammam, il classico bagno turco con una notta di lusso in più: per 605 lire siriane, un pò meno di 10 euri, ci godiamo sauna, bagno di vapore, scrubbing e massaggio, oltre ad una buona tazza di te... ogni tanto bisogna pure indulgere, non vi pare? Anche perché domattina si parte di nuovo, destinazione Hama, nel nord.
"Scusi, come faccio a saperlo? Mi date il visto, prendo il bus fino a Damasco e poi mi trovo un alberghetto, no?"
"Eh no, deve dircelo prima, se no come facciamo a darle il visto?"
("Scrivi Hotel Damascus, così sono contenti...")
...
Uno si potrebbe pure chiedere come si fa a passare due ore al confine tra la Giordania e la Siria, dopo aver risposto alle domande più assurde poste da un omino che ormai dev'essere stufo pure lui di farlo ogni giorno. Pare che le autorità di questo paese amino rendere le cose più complicate possibili agli stranieri, così che il turismo ne possa risentire favorevolmente... Due ore, ci vogliono: due ore perché un dannato fax venga inviato a Damasco, venga controllato e ritorni indietro con il fatidico verdetto: approvato! Ed io lì seduto, a guardare il nulla se non le onnipresenti foto del presidente Bashir al-Asad, figlio di quell'Hafiz che ha governato per trent'anni e che ora è omaggiato ovunque con ritratti e statue di ogni dimensione (anche il figlio comunque se la cava bene, se non fosse per delle assurde foto che lo ritraggono, occhiali scuri, in una improbabile foto da Rambo), e a sorseggiare il te offertomi dall'omino di cui sopra.
Col mio bel timbretto, finalmente, scrocco un passaggio ad un tipo e arrivo alla stazione dei bus, dove mi imbarco (dopo abbondante pisciata... ok, scusate, mi rendo conto che come nei film non si dovrebbero menzionare scene fisiologiche, ma ero in giro da ore e continuavo a bere e non trovavo un gabinetto neppure a pagarlo, quindi appena ho potuto ho deciso di fare un versamento giordano in terra siriana...) per Damasco. Daniel, il mio ospite CS, ha deciso di mettermi nei guai: "quando arrivi, vieni di fronte all'ambasciata americana, ché ci vediamo là"... Daniel, ma ti rendi conto che siamo in Siria? E io la prima cosa che faccio è chiedere che mi portino all'ambasciata americana? Vabbé, lo faccio, e scopro così che la simcard giordana qui non funziona (contrariamente a quanto mi avevano detto); ma ecco che la gentilezza locale si fa subito notare, e mi prestano un cellulare per fare la fatidica telefonata...
Daniel è canadese, e vive a Damasco da un mese per studiare l'arabo. Come lui, le sue compagne di appartamento, rispettivamente un'americana ed una slovacca. Mi porta un pò in giro per il quartiere, poi ceniamo tutti quanti con una bella pastasciutta alla bolognese (e te'pareva?!), a cui si uniscono l'istruttore di arabo di Daniel e una coppia di amici della ragazza americana, e infine faccio conoscenza con il mio divano-letto.
Il giorno dopo, mappa in mano e passo lesto, arrivo in centro, e punto sulla Vecchia Damasco, un intrico di vicoli e viuzze intervallate da qualche moschea e da dei suk coperti da un tetto metallico a volta con strani fori (qualcuno dice fatti dai francesi durante un bombardamento, ma tenderei ad escluderlo date le dimensioni). Un labirinto interessante da esplorare, dove passo varie ore, finché mi ritrovo con il mio ospite per raggiungere delle sue amiche palestinesi che ci hanno invitato a visitare il "campo". Niente tende, però: ormai i palestinesi, pur non ricevendo documenti ufficiali siriani per motivi prettamente politici, sono completamente integrati nella società locale, e si sono costruiti i loro palazzi, i loro negozi, i loro uffici; se non fosse per la maggiore concentrazione di bandiere palestinesi, non si noterebbe la differenza da qualsiasi altra parte della città. Nour e le sue amiche ci portano in giro, visitiamo la loro ex-scuola e giochiamo un pò a palla con i ragazzi che vi troviamo, poi andiamo a casa della prima e ci godiamo una splendida cena con la sua famiglia, con chiacchiere su tutto tranne politica, sesso e religione (un pò come in Italia, no?). Io sono particolarmente incuriosito dai costumi locali, molto diversi da quelli dei paesi che mi sono lasciato alle spalle: qui la maggior parte delle donne va in giro a testa scoperta, ho visto varie coppiette tenersi per mano, sembra esserci un islam più liberale... forse un pò si sente la passata influenza francese e sovietica, forse è che siamo in una capitale... boh, Nour è lì che mette in mostra la sua testa riccia, mentre le sue sorelle e sua madre portano il velo ma solo perché ci siamo noi in casa...
La mattina seguente la passo a esplorare il Museo Nazionale, un insieme di reperti storici con poche etichette e molta polvere; se penso che la Cooperazione Italiana ha contribuito (e contribuisce) con denari sonanti, mi viene da imprecare per come vengono buttati via i nostri soldi... ma mandare qualcuno una volta all'anno a verificare la situazione, ed a dire "signori, o qui ci si da una regolata o vi tagliamo i fondi!", pare proprio brutto? Torno a perdermi nel suk, a zonzo con altri couchsurfer, che mi fanno scoprire tra l'altro la gelateria più famosa della Siria (e devo dire che lo è a ragion veduta, anzi gustata) e la moschea dove è sepolta la pronipote del profeta Maometto, molto bella (la moschea, non la pronipote) e seminascosta ai turisti, che preferiscono andare su e giù per la "strada detta diritta" nella Bibbia, e sulla quale Marc Twain ha commentato che "la strada è certamente più dritta di un cavaturaccioli, ma non tanto quanto un arcobaleno".
Venerdì, giorno di festa, arriva Hanke, altra ospite tedesca di Daniel, e questo fa insorgere la tipa slovacca che lamenta una violazione della sua privacy. Cerchiamo di disinnescare un pò la bomba standocene fuori dai piedi per tutto il giorno, e con una gran bella faccia tosta ("è la Cooperazione Italiana che paga? Bene, io sono italiano, e vorrei vedere come sono spesi i miei soldi..." giuro, ha funzionato!) riusciamo ad intrufolarci nella cittadella costruita dal feroce Saladino e poi fortificata dai mammelucchi, e poi visitando la moschea della suddetta pronipote troviamo un simpatico signore che ce ne racconta per filo e per segno la storia, giusto perché noi non si esca da ignoranti, poi... Le cose a casa, con un pò di diplomazia da parte del buon Daniel, si sistemano, anche se ci sono ancora mugugni (in arabo, in modo che noi non li si possa comprendere), e la notte ci libera da ogni peccato, lasciandoci pronti per andare a MarMusa, un monastero a circa un'ora e mezza di bus (normalmente) da Damasco. Dico "normalmente" perché ovviamente la sfiga vuole che il nostro autobus e un altro collidano, e che i rispettivi autisti comincino a litigare fino all'arrivo della polizia. Risultato: un'ora di ritardo sulla tabella di marcia. Per fortuna che poi ci vanno tutte lisce, e Hanke ed io otteniamo vari passaggi gratuiti fino alla base della scalinata che porta al santuario. Troviamo un'oasi di pace, ricostruita da un religioso italiano, padre Paolo, e in cui ora volontari di varie nazionalità si adoperano per rendere quanto migliore possibile l'accoglienza a chiunque raggiunga questo luogo. Vi si pù dormire e mangiare gratis, le offerte e il lavoro volontario sono sempre graditi ma mai obbligatori, e c'è un sacco di gente che ci viene anche solo per tirare il fiato per qualche giorno... più ci penso, più parlo con Fabiana di Verona che è lì da sei mesi come volontaria e le piace un sacco, e più mi invoglia velocizzare qualche altra parte del mio itinerario per poter tornare qui almeno per una notte, a godermi il silenzio e le stelle... vedremo!
La famigliola che ci ha dato l'ultimo passaggio ci riporta anche indietro fino a dove partono i minibus, non prima di averci invitato a partecipare alla parte finale del proprio picnic e averci presentato metà del paese. Torniamo in città, e qui Hanke raggiunge l'appartamento che si era procurata e Daniel ed io ci concediamo il piacere di un hammam, il classico bagno turco con una notta di lusso in più: per 605 lire siriane, un pò meno di 10 euri, ci godiamo sauna, bagno di vapore, scrubbing e massaggio, oltre ad una buona tazza di te... ogni tanto bisogna pure indulgere, non vi pare? Anche perché domattina si parte di nuovo, destinazione Hama, nel nord.
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inserito il 05/03/2011
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