Dan vs Dana, una lotta impari
Tre macchine ed un pò di fortuna (che ci voleva, visto che sulla King's Highway a volte non c'è molto traffico) mi hanno portato in meno di due ore fino alla valle di Dana, forse il più esteso parco nazionale giordano. Uno dei miei autisti, in particolare, si è rivelato una interessante fonte di curiose notizie e tattiche: dovendo costruirsi una casa, con il limitato budget di 1 milione di dollari (sic!), Khaled ha intrapreso un viaggio in Cina con sua moglie per acquistare e farsi spedire a casa tutto il materiale necessario per la costruzione, tubature e tegole comprese; "ho risparmiato il 50%, in questo modo", mi dice, ed è pronto a ritornare nel paese orientale a luglio per acquistare l'arredamento... e noi che disprezziamo il Made in China...
L'ingresso del parco presenta un villaggio in cui sono più i ruderi che le case in piedi: quando lo Stato decise di istituire il parco, venne realizzato un nuovo villaggio, più a monte, e gli abitanti vennero caldamente incoraggiati a spostarvisi. Il conseguente abbandono delle vecchie case, comprensivo di mancanza di manutenzione, ha portato all'attuale villaggio fantasma. Dove, a parte qualche famiglia con tende beduine sul tetto e cani che abbaiano in continuazione, possibilmente durante la notte, ci sono solo 4 "hotel" che dimostrano l'enorme fantasia dei locali: Dana Hotel, Dana Guesthouse, Dana Tower Hotel e, per fortuna, Full Moon Hotel. Essendo i costi di tutti, tranne il secondo, praticamente uguali, ho optato per il Tower, che ha sicuramente la posizione migliore affacciandosi direttamente sulla vallata. E pare che la stessa scelta sia stata fatta dagli altri pochi turisti che vi ho trovato, essendo le altre strutture sguarnite. Le camere sono sistemate in modo a dir poco ingegnoso intorno a scale e terrazze che fanno sembrare il tutto la Scuola di Magia di Hogwarts, e un personale misto giodano-filippino è davvero molto attento alle necessità degli ospiti.
Il periodo, però, non è dei migliori: molti dei percorsi sono chiusi fino all'inizio di marzo (il motivo non lo sa nessuno, a quanto pare), e per quasi tutti (l'unica eccezione è il sentiero che scende giù per la vallata, ma sono 4 ore di discesa e 5 ore di risalita o una macchina che riporti al punto di partenza) servono il biglietto d'ingresso al parco e una guida... con calma, vediamo di affrontare un problema alla volta, mi dico... Faccio un salto al centro visitatori, per recuperare una mappa; quella mi danno è davvero penosa, i sentieri non vi sono segnati, ma l'occasione è buona per rincontrare Jay, americano già avvistato a Petra, e fissare un passaggio per Kerak due giorni dopo. Tornato all'hotel, è quasi ora di cena, che ci viene servita all'interno di una stanza arredata come il tipico soggiorno beduino: tappeti ovunque, tavolini bassi, e un ripiano su cui vengo posizionati vassoi contenenti di tutto, dalla tahina (fatta con farina di semi di sesamo) alle verdure fresche e grigliate al pollo e carne di pecora. Abbuffandoci, sotto lo sguardo dei nostri due angeli filippini, trovo un ragazzo francese interessato anche lui a farsi una bella camminata nel parco l'indomani, e quindi fissiamo l'appuntamento per colazione. La notte, complici due coperte ed un materasso morbido, passa via tranquilla e soddisfacente.
Al mattino, fatta colazione (di nuovo, buffet, senza carni ma con uova e - incredibile - anche cose dolci), riusciamo a scroccare un passaggio ad una numerosa famiglia francese dotata di spaziosa monovolume e raggiungiamo l'inizio di una strada asfaltata che ci porta all'interno della valle Al-Bara (o qualcosa di simile). Il nostro piano, aggirare il centro visitatori e inoltrarci lungo i sentieri "a vista", riesce bene all'inizio, permettendoci di vedere dei fantastici panorami oltre ad alcune tartarughe, vari fiori colorati, uccelli estremamente timidi e rumorosi come i nostri fagiani e qualche pastore con capre e pecore. Le ore passano, mentre noi continuiamo il nostro "giro largo", sostando di tanto in tanto per bere un po' d'acqua o riposare, ché i continui Sali-scendi affaticano. Quando decidiamo di cominciare a ritornare, poco dopo mezzogiorno, ecco i primi problemi: non volendo ripercorrere i nostri passi, ci troviamo di fronte ad una serie di vallate più o meno profonde da discendere e risalire. E se all'inizio la cosa non ci scoraggia, man mano che procedono le ore la fatica comincia a farsi sentire. Ad un certo punto decidiamo di dividerci, per provare due strade differenti, dandoci appuntamento dalla parte opposta dell'ennesimo vallone. Io arrivo per primo, ma il mio amico non si vede nonostante un'attesa di 40 minuti e, approssimandosi il tramonto, decido di puntare quanto meno alla strada asfaltata, per avere poi un riferimento preciso. Non è facile, prendo per quattro volte dei percorsi irti di cespugli spinosi che mi portano a dei burroni decisamente profondi e pericolosi, costringendomi a tornare indietro ogni volta. Alla fine, delle piccole e provvidenziali torri di sassi mi fanno pensare di essere sulla strada buona, e dopo un pò scopro che in effetti è proprio così. Così, con il disco giallo del sole che scompare dietro le montagne, mi incammino per l'ultimo tratto d'asfalto, e quando arrivo all'hotel ho la felice sorpresa di trovarvi il francese (che era sì arrivato dopo di me al punto d'incontro, ma aveva deciso di non attendermi visto l'approssimarsi delle tenebre). Alla fine, abbiamo camminato per circa 10 ore, e siamo davvero stanchi. La cena, stesso menu della sera precedente, la accogliamo con piacere, così come le docce calde. Faccio un pò di conversazione con uno dei ragazzi dell'hotel, mentre controllo la posta elettronica sorseggiando il litro di latte che mi ha regalato, e poi vado a letto.
I cani stavolta li sento anch'io, la notte non è delle migliori anche perché evidentemente non sono così stanco come pensavo (o forse lo sono troppo), e al mattino fatico un pò ad accettare il suono della sveglia... Ma c'e Jay che mi aspetta, e partiamo assieme per il castello di Karak.
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Il giorno 28/02/2011, Massielena ha scritto...
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inserito il 25/02/2011
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