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Io e la capoeira
Il giorno in cui Amerigo Vespucci arrivó nella baia della futura Salvador, era il primo di novembre; pensó perció bene di chiamarla "Bahia de todos os santos"... quando pensano alla fortuna che hanno che non sia arrivato il giorno dopo, gli abitanti locali accendono quintalate di candele...
Salvador, e lo Stato di Bahia in generale, sono famosi per:
- le bahiane, donne solitamente di colore scuro tipo la Mami di Via col Vento e che indossano vestiti con larghe gonne che le fanno assomigliare a dame dell'ottocento senza la parrucca incipriata. La mia esperienza personale: le signore si mettono in posa per farsi fotografare, previa peró elargizione di obolo o visita al negozio che rappresentano o acquisto delle polpette di pesce che vendono.
- il candomblè, insieme di riti animistici importati dall'Africa ed adattati alla realtà locale, durante i quali le persone danzano al ritmo monotono di tamburi fino a che qualcuna di loro entra in trance e, forse, fa da canale ad una o più divinità, terminando il tutto con una mangiata colossale di cibi portati dai vari partecipanti. La mia esperienza: essendo Quaresima, i riti di questo tipo non sono frequenti, e devo penare un pò per riuscire ad assistere ad uno; restando seduto per 3 ore su una panca di legno nel cortile di una casa privata assieme ad altri turisti mentre davanti a me danzano e svengono alcune persone, commento la cosa con l'italianissima Paola e scommettiamo sulla veridicità del tutto... resto coi miei dubbi, Paola invece è convintissima che ci abbiano menati per il naso; il comportamente fetentemente sgarbato della nostra guida non fa che aumentare il senso di fregatura.
- la capoeira, danza importata dall'Angola e trasformatasi qui in arte marziale, un tempo usata dagli schiavi negri per allenarsi senza dare nell'occhio ed ora praticata un pò da tutti; in realtà, persistono due filoni principali: quella angolana, più divertissement lento e giocoso, senza affondi pericolosi, e quella regionale, in cui bisogna sapere come limitare i colpi per non ferire l'avversario; il tutto, accompagnato dal ritmico suonare di 3 strumenti: il tamburo, il "berimbau" (strumento ad arco costituito da un bastone e dal guscio di una specie di zucca, che fa da cassa di risonanza alle vibrazioni dell'unica corda di rame) e una specie di sonaglio, e dalle voci degli astanti che accompagnano i "duelli". La mia esperienza: dopo aver assistito a "rodas" di capoeira nelle pubbliche piazze (cosa molto turistica, perlopiù solitamente accompagnata ogni 5 minuti dalla richiesta di un obolo), sono stato indirizzato verso alcune scuole dove la vera capoeira angolana veniva praticata, all'interno di un forte ristrutturato; nei giorni successivi, ho potuto reincontrare a Maceió (città a 7 ore più a nord) il maestro Sergio Nenem, che mi ha cortesemente insegnato i primi rudimenti dell'arte distruggendomi fisicamente e soprattutto psicologicamente (lui dice che bastano 6 mesi per cavarsela bene, ma io credo che servirebbero almeno 6 anni...)
Oltre a questo, Salvador è una città divisa tra la parte alta (ed il quartiere di Pelourinho, dove stavo) e ricca e le parti basse e più poere (da dove la gente si allontana all'imbrunire, quasi temendo improvvisi assalti). La parte alta di per sè sembra la più interessante a livello turistico, data la quantità di belle chiese e alcuni musei molto interessanti come quello sul Benin (l'immigrazione locale ha persino dato vita ad un flusso di ritorno, con brasilializzazione del lontano Stato africano) e quello su Jorge Amado, autore prolifico di romanzi e amatissimo dal 'suò popolo e da sua moglie, che gli ha dedicato una grandiosa esposizione (confesso di non aver mai letto niente di Amado; ma, dopo aver studiato la descrizione dei suoi romanzi presente nel museo, l'ho messo nella mia lista dei futuri autori da conoscere).
E, poi, le spiagge: l'acqua agitata ma protetta da barriere di rocce e qualche sparuto corallo, e le sabbie pulite e calde, mi accolgono durante l'ultima giornata per riprendere contatto con il grande blu, dopo aver incontrato a pranzo due simpatici esperantisti che hanno attraversato mezza città per conoscermi... spero non siano rimasti troppo delusi.
Negli ultimi due giorni, come ho detto, sono stato a Maceió, dove oltre a provare la capoeira ho esplorato le spiagge (bellissime) e sono andato ad immergermi (solo con maschera: il boccaglio abbisogna di riparazioni nel giunto per la bocca, ormai distrutto dal sole e dall'uso) nelle cosiddette "piscine naturali", sorta di secche che si creano con la bassa marea e dove si viene portati in "jangada", una barca molto leggera con vela trapezoidale; intorno alla piscina noto con interesse la presenza di un piccolo villagio in barca, con bar e ristorantini che servono cocktail e spuntini di pesce ai turisti che li consumano su tavoli galleggianti di polistirolo... Io, il pesce, lo preferisco vivo e guizzante, sotto la superficie; ergo, torno a immergermi, finché l'ultima jangada non deve fare ritorno, ed io con essa.
Salvador, e lo Stato di Bahia in generale, sono famosi per:
- le bahiane, donne solitamente di colore scuro tipo la Mami di Via col Vento e che indossano vestiti con larghe gonne che le fanno assomigliare a dame dell'ottocento senza la parrucca incipriata. La mia esperienza personale: le signore si mettono in posa per farsi fotografare, previa peró elargizione di obolo o visita al negozio che rappresentano o acquisto delle polpette di pesce che vendono.
- il candomblè, insieme di riti animistici importati dall'Africa ed adattati alla realtà locale, durante i quali le persone danzano al ritmo monotono di tamburi fino a che qualcuna di loro entra in trance e, forse, fa da canale ad una o più divinità, terminando il tutto con una mangiata colossale di cibi portati dai vari partecipanti. La mia esperienza: essendo Quaresima, i riti di questo tipo non sono frequenti, e devo penare un pò per riuscire ad assistere ad uno; restando seduto per 3 ore su una panca di legno nel cortile di una casa privata assieme ad altri turisti mentre davanti a me danzano e svengono alcune persone, commento la cosa con l'italianissima Paola e scommettiamo sulla veridicità del tutto... resto coi miei dubbi, Paola invece è convintissima che ci abbiano menati per il naso; il comportamente fetentemente sgarbato della nostra guida non fa che aumentare il senso di fregatura.
- la capoeira, danza importata dall'Angola e trasformatasi qui in arte marziale, un tempo usata dagli schiavi negri per allenarsi senza dare nell'occhio ed ora praticata un pò da tutti; in realtà, persistono due filoni principali: quella angolana, più divertissement lento e giocoso, senza affondi pericolosi, e quella regionale, in cui bisogna sapere come limitare i colpi per non ferire l'avversario; il tutto, accompagnato dal ritmico suonare di 3 strumenti: il tamburo, il "berimbau" (strumento ad arco costituito da un bastone e dal guscio di una specie di zucca, che fa da cassa di risonanza alle vibrazioni dell'unica corda di rame) e una specie di sonaglio, e dalle voci degli astanti che accompagnano i "duelli". La mia esperienza: dopo aver assistito a "rodas" di capoeira nelle pubbliche piazze (cosa molto turistica, perlopiù solitamente accompagnata ogni 5 minuti dalla richiesta di un obolo), sono stato indirizzato verso alcune scuole dove la vera capoeira angolana veniva praticata, all'interno di un forte ristrutturato; nei giorni successivi, ho potuto reincontrare a Maceió (città a 7 ore più a nord) il maestro Sergio Nenem, che mi ha cortesemente insegnato i primi rudimenti dell'arte distruggendomi fisicamente e soprattutto psicologicamente (lui dice che bastano 6 mesi per cavarsela bene, ma io credo che servirebbero almeno 6 anni...)
Oltre a questo, Salvador è una città divisa tra la parte alta (ed il quartiere di Pelourinho, dove stavo) e ricca e le parti basse e più poere (da dove la gente si allontana all'imbrunire, quasi temendo improvvisi assalti). La parte alta di per sè sembra la più interessante a livello turistico, data la quantità di belle chiese e alcuni musei molto interessanti come quello sul Benin (l'immigrazione locale ha persino dato vita ad un flusso di ritorno, con brasilializzazione del lontano Stato africano) e quello su Jorge Amado, autore prolifico di romanzi e amatissimo dal 'suò popolo e da sua moglie, che gli ha dedicato una grandiosa esposizione (confesso di non aver mai letto niente di Amado; ma, dopo aver studiato la descrizione dei suoi romanzi presente nel museo, l'ho messo nella mia lista dei futuri autori da conoscere).
E, poi, le spiagge: l'acqua agitata ma protetta da barriere di rocce e qualche sparuto corallo, e le sabbie pulite e calde, mi accolgono durante l'ultima giornata per riprendere contatto con il grande blu, dopo aver incontrato a pranzo due simpatici esperantisti che hanno attraversato mezza città per conoscermi... spero non siano rimasti troppo delusi.
Negli ultimi due giorni, come ho detto, sono stato a Maceió, dove oltre a provare la capoeira ho esplorato le spiagge (bellissime) e sono andato ad immergermi (solo con maschera: il boccaglio abbisogna di riparazioni nel giunto per la bocca, ormai distrutto dal sole e dall'uso) nelle cosiddette "piscine naturali", sorta di secche che si creano con la bassa marea e dove si viene portati in "jangada", una barca molto leggera con vela trapezoidale; intorno alla piscina noto con interesse la presenza di un piccolo villagio in barca, con bar e ristorantini che servono cocktail e spuntini di pesce ai turisti che li consumano su tavoli galleggianti di polistirolo... Io, il pesce, lo preferisco vivo e guizzante, sotto la superficie; ergo, torno a immergermi, finché l'ultima jangada non deve fare ritorno, ed io con essa.
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inserito il 22/03/2006
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