Terra di vulcani, questa. Le spinte e le lotte tra le zolle tettoniche che compongono il suolo dell'Ecuador hanno innalzato la Sierra, o Cordillera che dir si voglia, e l'anno riempita di vulcani. Coni perfetti, a volte, innevati sul cocuzzolo come vuole la tradizione, e altre volte montagne più o meno smussate dagli eventi meteorologici e dalla Natura.

Il primo che incontrai, almeno con lo sguardo, fu il Cayambe, spento da tempo e coperto di nevi. Sabato scorso, assieme a Fernanda (amica incontrata grazie a HospitalityClub) sono risalito sul "teleferiqo", la funicolare nuova nuova di Quito che mi aveva già trasportato due giorni prima con gli altri miei ospiti di SERVAS, e dalla base di arrivo abbiamo camminato (scarpinato, è meglio detto) fino alla cima del Guagua Pichincha, il figlioletto del vulcano che sovrasta la capitale e che, alcuni anni fa, aveva lanciato sbuffi di ceneri e vapori giunti fino alla Colombia.

Poi, lasciata Quito, sono arrivato a Latacunga, da dove ho intrapreso un giretto di due giorni per visitare la laguna (vulcanica, ovviamente) di Quilotoa: uno specchio d'acqua smeraldina all'interno di un cratere che io ho circumcamminato tutto, prima di scendere per profonde vallate fino a Chugchilan (luogo molto tranquillo, con più hotel e ostelli che case private; io ho scelto Mama Hilda, che per pochi dollari mi ha offerto una camera davvero molto bella, e una cena ed una colazione fantasmagoriche). Il tutto, nell'attesa di poter effettuare una escursione al Cotopaxi, seconda montagna del Paese... ma il tempo mi è stato contrario, nubi hanno oscurato ogni giornata fino ad oggi, quando (dopo aver visitato a Saquisilì l'ennesimo mercato tradizionale) ho deciso di ripartire e raggiungere Baños, il cui nome viene dalle molte acque termali della zona. Acque termali, indovinate un po', alimentate da... esatto: un altro vulcano! Magari, domani riesco ad andare a vederlo sbuffare...