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Signor Giudice, questa è la prima e ultima volta..
Renè è un tecnico di computer, Pablo (PedroPablo, quasi come il mio babbino!) è un chimico. Si conoscono da tempo, suonano insieme da alcuni mesi. Io li ho incontrati a Machupicchu, mesi fa, mentre loro scendevano dal Wayna Picchu stanchi ed io aspettavo che arrivasse Thomas per iniziare la salita. Parlando, scopro che erano loro i musicisti ecuadoriani che avevo visto qualche giorno prima in uno spettacolo nel Cusco, e loro scoprono che da me possono ricevere l'unica foto del loro concerto... L'accordo è fatto, l'amicizia è nata.
Li reincontro a Cayambe, città ai piedi del vulcano più vicino alla linea equatoriale (dista solo 3 km) nel mondo. E terra di "bizcochos", deliziose pastesfoglie molto leggere che, inzuppate nel "manjar" (quello che in Italia si mette nelle caramelle mou) o nello yogurt, fanno effetto ciliegia e tendono ad affollartisi nella bocca (specie se ancora tiepide dal forno). Ci sono arrivato dopo 3 giorni passati ad Otavalo, sede di un famoso mercato del sabato (bello, per carità, però niente di speciale), e dove ho avuto occasione di partecipare ad una Fiesta del Maiz nel vicino villaggio di Pucahuaico (con canti, balli e cibi tipici davvero deliziosi) e di visitare assiema all'austriaca Melanie (conosciuta a Puerto Lopez, e incontrata per caso nel mercato) le belle colline circostanti ed il paesino di Peguche, con i suoi laboratori di costruzione di strumenti musicali.
Otavalo è stato rilassante, con musiche notturne e pasti a base di differenti varietà di mais; Cayambe è un'altra cosa.
Renè si incarica di scarrozzarmi, ma è Pablo che mi ospita nella sua casa traboccante di cultura indigena. Lui è uno dei fautori del locale movimento indigeno, da quando ha smesso di fare il chimico e ha cominciato a lavorare per varie spedizioni scientifiche ha accumulato una quantità di conoscenza che ora gli permette di portare conferenze sulle tradizioni ed il folklore ecuadoriano in ogni parte del continente americano. Sa di astronomia, e sul tetto del suo spaccio c'è un orologio solare con gli allineamenti equinoziali che lui sta costruendo man mano che passano le stagioni; sa di medicina, e nella sua casa non mancano gli strumenti con cui mi sottopone ad una leggera "limpia" (l'operazione in cui gli sciamani ripuliscono il corpo dei pazienti dalle energie negative estranee... io evidentemente non ne ho molte, perché decide di soprassedere ad una visita che mi aveva proposto ad una guaritrice locale... peccato, anche se forse è meglio così: temevo che avrebbe usato un "cuy" per ripulirmi, e nell'operazione l'animale solitamente muore e viene aperto per verificare che cosa c'è che non va nel paziente); e sa di storia, e di vita, e mi racconta degli anni di violenze al confine col Perù, della guerra che ci fu alla fine degli anni 90 durante la quale gli ecuadoriani, esasperati, combatterono con ferocia incredibile (paracadutisti nemici legati e gettati sul loro territorio, cumuli di cadaveri di soldati che ardevano ripresi da telecamere che poi ritrasmettevano sui canali peruviani, commando di abitanti della selva che - muovendosi di notte - tendevano agguati mortali).
Una violenza che non si è fermata allora: per risolvere il problema della criminalità sempre più diffusa, molte popolazioni locali hanno iniziato, dopo aver notato che la "giustizia" statale non è affidabile, a farsi giustizia da sole. Tre anni fa, a Cayambe, un uomo è stato linciato ed arso vivo per aver commesso differenti crimini: la polizia non era stata in grado di tenerlo in detenzione per più di una settimana, perché nessuno si era fatto avanti individualmente a testimoniare...
Glielo dico, mi sembra che ci sia una codardia di fondo in tutto questo, la giustizia dei molti è preferita all'onestà dei pochi. Pablo mi risponde che sì, che è vero, ma che qui, dai tempi del mezzo Inca Atahualpa che mosse con il suo esercito per conquistare il Cusco del fratellastro, è sempre stato così. Di recente, una ladra è stata catturata e portata alla polizia, e al Giudice è stato detto "Badi, Signor Giudice, che questa è la prima e ultima volta che gliela consegniamo... o provvedete voi, o la prossima volta provvediamo noi..."
E la criminalità, da allora, qui nella metà del mondo (come detto, Cayambe si trova sulla linea equatoriale, e c'è l'ennesimo monumento e noi facciamo gli ennesimi esperimenti con uova da mettere in piedi) è quasi scomparsa. Resta solo l'inquinamento strisciante, figlio delle floriculture che approfittano delle terre rese fertili dalle ceneri del vulcano.
Li reincontro a Cayambe, città ai piedi del vulcano più vicino alla linea equatoriale (dista solo 3 km) nel mondo. E terra di "bizcochos", deliziose pastesfoglie molto leggere che, inzuppate nel "manjar" (quello che in Italia si mette nelle caramelle mou) o nello yogurt, fanno effetto ciliegia e tendono ad affollartisi nella bocca (specie se ancora tiepide dal forno). Ci sono arrivato dopo 3 giorni passati ad Otavalo, sede di un famoso mercato del sabato (bello, per carità, però niente di speciale), e dove ho avuto occasione di partecipare ad una Fiesta del Maiz nel vicino villaggio di Pucahuaico (con canti, balli e cibi tipici davvero deliziosi) e di visitare assiema all'austriaca Melanie (conosciuta a Puerto Lopez, e incontrata per caso nel mercato) le belle colline circostanti ed il paesino di Peguche, con i suoi laboratori di costruzione di strumenti musicali.
Otavalo è stato rilassante, con musiche notturne e pasti a base di differenti varietà di mais; Cayambe è un'altra cosa.
Renè si incarica di scarrozzarmi, ma è Pablo che mi ospita nella sua casa traboccante di cultura indigena. Lui è uno dei fautori del locale movimento indigeno, da quando ha smesso di fare il chimico e ha cominciato a lavorare per varie spedizioni scientifiche ha accumulato una quantità di conoscenza che ora gli permette di portare conferenze sulle tradizioni ed il folklore ecuadoriano in ogni parte del continente americano. Sa di astronomia, e sul tetto del suo spaccio c'è un orologio solare con gli allineamenti equinoziali che lui sta costruendo man mano che passano le stagioni; sa di medicina, e nella sua casa non mancano gli strumenti con cui mi sottopone ad una leggera "limpia" (l'operazione in cui gli sciamani ripuliscono il corpo dei pazienti dalle energie negative estranee... io evidentemente non ne ho molte, perché decide di soprassedere ad una visita che mi aveva proposto ad una guaritrice locale... peccato, anche se forse è meglio così: temevo che avrebbe usato un "cuy" per ripulirmi, e nell'operazione l'animale solitamente muore e viene aperto per verificare che cosa c'è che non va nel paziente); e sa di storia, e di vita, e mi racconta degli anni di violenze al confine col Perù, della guerra che ci fu alla fine degli anni 90 durante la quale gli ecuadoriani, esasperati, combatterono con ferocia incredibile (paracadutisti nemici legati e gettati sul loro territorio, cumuli di cadaveri di soldati che ardevano ripresi da telecamere che poi ritrasmettevano sui canali peruviani, commando di abitanti della selva che - muovendosi di notte - tendevano agguati mortali).
Una violenza che non si è fermata allora: per risolvere il problema della criminalità sempre più diffusa, molte popolazioni locali hanno iniziato, dopo aver notato che la "giustizia" statale non è affidabile, a farsi giustizia da sole. Tre anni fa, a Cayambe, un uomo è stato linciato ed arso vivo per aver commesso differenti crimini: la polizia non era stata in grado di tenerlo in detenzione per più di una settimana, perché nessuno si era fatto avanti individualmente a testimoniare...
Glielo dico, mi sembra che ci sia una codardia di fondo in tutto questo, la giustizia dei molti è preferita all'onestà dei pochi. Pablo mi risponde che sì, che è vero, ma che qui, dai tempi del mezzo Inca Atahualpa che mosse con il suo esercito per conquistare il Cusco del fratellastro, è sempre stato così. Di recente, una ladra è stata catturata e portata alla polizia, e al Giudice è stato detto "Badi, Signor Giudice, che questa è la prima e ultima volta che gliela consegniamo... o provvedete voi, o la prossima volta provvediamo noi..."
E la criminalità, da allora, qui nella metà del mondo (come detto, Cayambe si trova sulla linea equatoriale, e c'è l'ennesimo monumento e noi facciamo gli ennesimi esperimenti con uova da mettere in piedi) è quasi scomparsa. Resta solo l'inquinamento strisciante, figlio delle floriculture che approfittano delle terre rese fertili dalle ceneri del vulcano.
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Commenti
Il giorno 01/09/2005, Daniele ha scritto...
A proposito di criminalità ed omertà: mentre andavo ad Otavalo, un tipo ha cercato di fregarmi la macchina fotografica estraendola sapientemente dallo zainetto. Per fortuna, me ne sono accorto, ho avvisato il conduttore e, recuperata la macchina, ho tentato di avvertire la polizia mentre il ladro non poteva scendere dal bus... mentre io ed una signora richiamavamo l'attenzione degli agenti, il conduttore ha aperto la porta e il ladro si è allontanato... e nessuno degli altri passeggeri ha detto o fatto niente! Non m'è rimasto altro che augurare calorosamente al conduttore di essere lui il prossimo bersaglio del "suo" amico.
Il giorno 05/09/2005, Daniela ha scritto...
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inserito il 01/09/2005
visualizzato: 2789 volte
commentato: 3 volte
totale racconti: 562
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