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Walking with dinosaurs
Qual è la capitale della Bolivia?
"La Paz", diranno in coro i miei piccoli lettori... sbagliato! La capitale legale di questo paese nel centro dell'America del Sud è Sucre, che prende il nome non dalla sua dolcezza ma dal Maresciallo che, assieme a Simon Bolivar (che da il nome alla nazione), ottiene l'indipendenza per questo ed altre ex-colonie spagnole.
Sucre, così piccola e così calda (non si trova alle altezze vertiginose di altre località come Potosì o, appunto, La Paz), con il suo mercato centrale pieno di colore e le tante chiese dai tetti delle quali si scorge un panorama di tetti e monti stupendo, e dove le salsicce e le "empanadas" riacquistano un sapore meritorio (per non parlare del pollo arrosto che si può mangiare da "Rosina"). Un parco dedicato dall'ultimo governatore ai suoi amici spagnoli, con una replica abbozzata della Torre Eiffel, e un arco sotto il quale passano i microbus diretti ad ogni dove e che si trova in "calle" Arce (ma non so dirvi se per coincidenza, perché Arce era il cognome anche di un tale Aniceto).
Molti vengono a Sucre per apprendere la lingua spagnola, le scuole di lingue fioriscono ad ogni incrocio e pare che la dizione qui sia molto buona (del resto, Sucre fu sede di una delle due sole università reali e pontificie del nuovo mondo, l'altra trovandosi in Messico); si può imparare anche il Quechua, la lingua degli Inca, ma pare che a Cochabamba sia più pura...
A me, che di imparare meglio il castigliano sborsando soldi non me ne può importare di meno (preferisco fare pratica parlando con la gente, si impara la lingua "vera"), quello che invece interessava molto era effettuare una visita a Cal 'Orcko, a pochi chilometri dalla città. Un tempo solo fabbrica di cemento, la più importante della Bolivia, è assurta a nuovo interesse da circa 15 ani quando una spedizione di paleontologi (alcuni pure italiani, della Università La Sapiena di Roma) ha confermato le voci che si inseguivano da decenni: si trata del più grande ritrovamento di impronte fossili esistente al mondo.
"Fifty million years ago / You walked upon the planet so
Lord of all that you could see / Just a little bit like me" ["Walking in your footsteps", The Police]
Linee intricate di miti erbivori e temibili carnivori, tutti comunque sauri, sono visibili su una parete verticale innalzata dalle enormi forze tettoniche che hanno creato la Cordigliera delle Ande. E puoi immaginarli mentre vanno e vengono da quella pozza d'acqua che li attirava magneticamente, sempre allerta per un possibile attacco o una possibile preda. I cammini si incrociano, si interrompono, si mischiano e si sovrappongono, quasi alcuni animali avessero tentato di camminare nelle orme di chi li aveva preceduti.
Fa impressione pensare che in un luogo così importante, così ricco di storia, le ruspe continuino a scavare imperterrite ed i tecnici continuino a provocare esplosioni; la parte è protetta dall'Unesco e da leggi nazionali, ma solo la parete... le vibrazioni, pare nessuno le tenga in conto. Nessuno, a parte le guide di quello che vorrebbe diventare un Parco Cretacico, che vedono ogni settimane nuove faglie aprirsi e vecchie tracce sbriciolarsi, lentamente. "Le abbiamo provate tutte", mi dicono, ma manca la volontà politica ed amministrativa, oltre alla ovvia carenza di fondi (per ricoprire tutta la parete per salvaguardarla dalla pioggia si dovrebbero spendere 8 milioni di dollari... e chi ce li ha, in un paese in cui la gente si siede sui marciapiedi cercando di venderti due arance per qualche soldo?!).
Il rombo dei passi del titanosauro non si ode più, se non nell'immaginazione dei visitatori che sbarcano dal "dino truck" e col caschetto di protezione in testa si avventurano lungo questa parete che conduce più in là nel tempo; l'unico rombo è quello della dinamite. E, se continua così, presto i progetti del parco potranno essere accantonati definitivamente, perché non ci sarà più niente da salvaguardare...
"La Paz", diranno in coro i miei piccoli lettori... sbagliato! La capitale legale di questo paese nel centro dell'America del Sud è Sucre, che prende il nome non dalla sua dolcezza ma dal Maresciallo che, assieme a Simon Bolivar (che da il nome alla nazione), ottiene l'indipendenza per questo ed altre ex-colonie spagnole.
Sucre, così piccola e così calda (non si trova alle altezze vertiginose di altre località come Potosì o, appunto, La Paz), con il suo mercato centrale pieno di colore e le tante chiese dai tetti delle quali si scorge un panorama di tetti e monti stupendo, e dove le salsicce e le "empanadas" riacquistano un sapore meritorio (per non parlare del pollo arrosto che si può mangiare da "Rosina"). Un parco dedicato dall'ultimo governatore ai suoi amici spagnoli, con una replica abbozzata della Torre Eiffel, e un arco sotto il quale passano i microbus diretti ad ogni dove e che si trova in "calle" Arce (ma non so dirvi se per coincidenza, perché Arce era il cognome anche di un tale Aniceto).
Molti vengono a Sucre per apprendere la lingua spagnola, le scuole di lingue fioriscono ad ogni incrocio e pare che la dizione qui sia molto buona (del resto, Sucre fu sede di una delle due sole università reali e pontificie del nuovo mondo, l'altra trovandosi in Messico); si può imparare anche il Quechua, la lingua degli Inca, ma pare che a Cochabamba sia più pura...
A me, che di imparare meglio il castigliano sborsando soldi non me ne può importare di meno (preferisco fare pratica parlando con la gente, si impara la lingua "vera"), quello che invece interessava molto era effettuare una visita a Cal 'Orcko, a pochi chilometri dalla città. Un tempo solo fabbrica di cemento, la più importante della Bolivia, è assurta a nuovo interesse da circa 15 ani quando una spedizione di paleontologi (alcuni pure italiani, della Università La Sapiena di Roma) ha confermato le voci che si inseguivano da decenni: si trata del più grande ritrovamento di impronte fossili esistente al mondo.
"Fifty million years ago / You walked upon the planet so
Lord of all that you could see / Just a little bit like me" ["Walking in your footsteps", The Police]
Linee intricate di miti erbivori e temibili carnivori, tutti comunque sauri, sono visibili su una parete verticale innalzata dalle enormi forze tettoniche che hanno creato la Cordigliera delle Ande. E puoi immaginarli mentre vanno e vengono da quella pozza d'acqua che li attirava magneticamente, sempre allerta per un possibile attacco o una possibile preda. I cammini si incrociano, si interrompono, si mischiano e si sovrappongono, quasi alcuni animali avessero tentato di camminare nelle orme di chi li aveva preceduti.
Fa impressione pensare che in un luogo così importante, così ricco di storia, le ruspe continuino a scavare imperterrite ed i tecnici continuino a provocare esplosioni; la parte è protetta dall'Unesco e da leggi nazionali, ma solo la parete... le vibrazioni, pare nessuno le tenga in conto. Nessuno, a parte le guide di quello che vorrebbe diventare un Parco Cretacico, che vedono ogni settimane nuove faglie aprirsi e vecchie tracce sbriciolarsi, lentamente. "Le abbiamo provate tutte", mi dicono, ma manca la volontà politica ed amministrativa, oltre alla ovvia carenza di fondi (per ricoprire tutta la parete per salvaguardarla dalla pioggia si dovrebbero spendere 8 milioni di dollari... e chi ce li ha, in un paese in cui la gente si siede sui marciapiedi cercando di venderti due arance per qualche soldo?!).
Il rombo dei passi del titanosauro non si ode più, se non nell'immaginazione dei visitatori che sbarcano dal "dino truck" e col caschetto di protezione in testa si avventurano lungo questa parete che conduce più in là nel tempo; l'unico rombo è quello della dinamite. E, se continua così, presto i progetti del parco potranno essere accantonati definitivamente, perché non ci sarà più niente da salvaguardare...
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inserito il 23/04/2005
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