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Scene di vita insulare - Aitutaki
Altro volo di 45 minuti, ed eccomi ad Aitutaki. La perla del pacifico, come la chiamano in molti. Un'isola a forma di penisola scandinava, contornata da una triangolare racchiusa da una barriera corallina e da alcuni "motu" (isolotti) sul bordo.
Con l'inglese Peter, scopriamo che fare autostop da queste parti paga molto: tutti i locali (e qualche turista) si fermano per darti un passaggio. I primi tre giorni li passiamo dividendo una camera al Paradise Cove, dopo aver tirato pazza la tipa della reception per contrattare sul prezzo (ma è bassa stagione, e noi siamo dei pezzenti!): bella spiaggia ad un tiro di noce di cocco, anche se l'acqua è torbida e quindi niente snorkelling. In compenso gironzoliamo, ci arrostiamo al sole, tentiamo di scovare il negozio di alimentari meno caro dell'isola e proviamo (senza successo) ad organizzare un giro della laguna con una barchetta noleggiata. Ergo, giovedì, con nuvole ed un pò di pioggia, Peter che deve ripartire il mattino successivo è costretto a pigliare al volo la prima crociera in laguna disponibile, per andare a posare il piede sui motu e a vedere un pò di pesci e di acqua limpida; io, invece, saputo di un matrimonio in spiaggia, faccio in modo di passare per caso, così riesco a fare un bel pò di foto della cerimonia. Vado poi a scambiare un paio di libri in un negozio, e tornando indietro e fermatomi a chiacchierare col benzinaio (che ha chiamato il figlio Aquila!) reincontro i festaioli che, con gran tamburi, girano in furgone per far chiasso per l'isola; riconosciutomi, come quel simpatico giovine con la macchinetta digitale, mi invitano al banchetto pomeridiano. Io aspetto che Peter torni dalla sua crociera, e poi insieme andiamo nella grande sala municipale dove canti, danze e tavoli imbanditi ci sorridono (in realtà, i tavoli sorridono per poco, perché al termine della consegna dei regali tradizionali la gente si lancia verso i vari vassoi di cibo e, riempitasi tasche e tascapani, se ne torna a casa a consumare il maltolto... e tutto finisce lì!); coloratissimo, il momento in cui i famigliari della sposa consegnano (diciamo meglio: gettano) alla coppia decine di federe per cuscini, lenzuola, "tivaevae" (patchwork) e altre cose decorate a mano, mentre tamburi suonano e ukulele vengono strimpellati.
Io in crociera ci vado venerdì, con la Kia Orana Cruiz, e devo dire che la scelta è ben fatta (non solo perché è la più economica disponibile): anche se il tempo non promette bene, Capitan Fantastic (George) ed il suo mozzo/cuoco/musicista osano l'inosabile e ci portano a visitare Moturaku (dove hanno girato la prima serie di Survivor), One Foot Island (vi racconterò l'origine del nome un'altra volta) e, per il pranzo e una piccola siesta, Maena e Honeymoon Island; nel primo pomeriggio, andiamo a snorkellare nel miglior posto della laguna, evitando i grossi barconi che hanno invece seguito il percorso inverso.
Tornato sull'isola principale, mi trasferisco nell'ostello Paratroopers, diventato più economico ora che non posso più condividere la stanza con altri (ho una casa di 4 stanze tutta per me!). Il sabato e la domenica li passo tra mare e chiese: avventisti del settimo giorno al sabato, e cristiani alla domenica, con gare di cori e banchetti ai quali se non ci vai si arrabbiano pure (e chi sono io per offendere i miei simpatici ospiti?). E le sere... ogni sera, in un locale diverso, c'è una notte isolana, con danzatori e danzatrici forsennati: c'è solo l'imbarazzo della scelta!
Il lunedì, è ora di volare di nuovo: torno a Raro(tonga), dove per un paio di giorni vado a fare immersioni (evitate su Aitutaki perché estremamente costose) e a visitare tutti quei posticini grandi e piccoli che erano chiusi durante le vacanze natalizie.
Poi, giovedì, si va in Polinesia Francese.
Con l'inglese Peter, scopriamo che fare autostop da queste parti paga molto: tutti i locali (e qualche turista) si fermano per darti un passaggio. I primi tre giorni li passiamo dividendo una camera al Paradise Cove, dopo aver tirato pazza la tipa della reception per contrattare sul prezzo (ma è bassa stagione, e noi siamo dei pezzenti!): bella spiaggia ad un tiro di noce di cocco, anche se l'acqua è torbida e quindi niente snorkelling. In compenso gironzoliamo, ci arrostiamo al sole, tentiamo di scovare il negozio di alimentari meno caro dell'isola e proviamo (senza successo) ad organizzare un giro della laguna con una barchetta noleggiata. Ergo, giovedì, con nuvole ed un pò di pioggia, Peter che deve ripartire il mattino successivo è costretto a pigliare al volo la prima crociera in laguna disponibile, per andare a posare il piede sui motu e a vedere un pò di pesci e di acqua limpida; io, invece, saputo di un matrimonio in spiaggia, faccio in modo di passare per caso, così riesco a fare un bel pò di foto della cerimonia. Vado poi a scambiare un paio di libri in un negozio, e tornando indietro e fermatomi a chiacchierare col benzinaio (che ha chiamato il figlio Aquila!) reincontro i festaioli che, con gran tamburi, girano in furgone per far chiasso per l'isola; riconosciutomi, come quel simpatico giovine con la macchinetta digitale, mi invitano al banchetto pomeridiano. Io aspetto che Peter torni dalla sua crociera, e poi insieme andiamo nella grande sala municipale dove canti, danze e tavoli imbanditi ci sorridono (in realtà, i tavoli sorridono per poco, perché al termine della consegna dei regali tradizionali la gente si lancia verso i vari vassoi di cibo e, riempitasi tasche e tascapani, se ne torna a casa a consumare il maltolto... e tutto finisce lì!); coloratissimo, il momento in cui i famigliari della sposa consegnano (diciamo meglio: gettano) alla coppia decine di federe per cuscini, lenzuola, "tivaevae" (patchwork) e altre cose decorate a mano, mentre tamburi suonano e ukulele vengono strimpellati.
Io in crociera ci vado venerdì, con la Kia Orana Cruiz, e devo dire che la scelta è ben fatta (non solo perché è la più economica disponibile): anche se il tempo non promette bene, Capitan Fantastic (George) ed il suo mozzo/cuoco/musicista osano l'inosabile e ci portano a visitare Moturaku (dove hanno girato la prima serie di Survivor), One Foot Island (vi racconterò l'origine del nome un'altra volta) e, per il pranzo e una piccola siesta, Maena e Honeymoon Island; nel primo pomeriggio, andiamo a snorkellare nel miglior posto della laguna, evitando i grossi barconi che hanno invece seguito il percorso inverso.
Tornato sull'isola principale, mi trasferisco nell'ostello Paratroopers, diventato più economico ora che non posso più condividere la stanza con altri (ho una casa di 4 stanze tutta per me!). Il sabato e la domenica li passo tra mare e chiese: avventisti del settimo giorno al sabato, e cristiani alla domenica, con gare di cori e banchetti ai quali se non ci vai si arrabbiano pure (e chi sono io per offendere i miei simpatici ospiti?). E le sere... ogni sera, in un locale diverso, c'è una notte isolana, con danzatori e danzatrici forsennati: c'è solo l'imbarazzo della scelta!
Il lunedì, è ora di volare di nuovo: torno a Raro(tonga), dove per un paio di giorni vado a fare immersioni (evitate su Aitutaki perché estremamente costose) e a visitare tutti quei posticini grandi e piccoli che erano chiusi durante le vacanze natalizie.
Poi, giovedì, si va in Polinesia Francese.
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inserito il 13/01/2005
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