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Cronache dalla Van Diemen's Land
"Hold me now, oh hold me now
'Til this hour has gone around
And I'm gone on the rising tide
For to face Van Diemen's land" (U2)
La terra di Van Diemen, così chiamata dall'onnipresente olandese Abel Tasman in onore di qualcuno che, diversamente da lui, di terre nuovissime non ne aveva scoperte, è stata per decenni il luogo in cui l'impero britannico spediva i suoi malfattori (a volte, malfattrici). E', ora, un luogo che sta venendo a patti con il suo passato di prigione modello, dove la gente inizia a vantarsi di avere un ex-carcerato (possibilmente, cattivo) tra i propri antenati, e dove la nuova sfida si chiama "sfruttamento sostenibile delle risorse": dotata di foreste stupende (qui si trovano i più alti alberi 'durì del mondo, una specie di eucalipti che viaggia intorno ai 90 metri), di fiumi e montagne che sono un paradiso per gli escursionisti, è in parte devastata da miniere a cielo aperto e disboscamento intensivo...
Queste le premesse; io, ovviamente, volevo dare un'occhiatina... volo economico JetStar (sussidiaria della QANTAS) fino a Launceston, dove ben due famiglie SERVAS hanno risposto al mio appello: una, quella di Jackie, insegnante stanca dei suoi alunni indisciplinati, per ospitarmi per un paio di notti, mentre un'altra, quella di Chris e Bridget, per farmi da ciceroni in giro per il museo (bella l'esposizione ricavata nei locali dei vecchi laboratori della ferrovia, dove ancora si odono i suoni dei martelli dei fabbri e i fischi del vapore), la galleria d'arte (ma è arte?!) e il planetario (ebbene sì, signore e signori, ho trovato un SERVAS che si occupa del planetario locale... ovviamente, esibizione privata solo per i miei occhi! Wow!). Launceston dormicchia, forse vorrebbe più visitatori, ma non offre moltissimo; il punto migliore è sicuramente la Cataract Gorge, gola camminabile a destra e a manca con laghetti e boschi e pavoni che contendono i prati ai canguri (c'ho il film!).
Da Launceston, ho deciso di pagarmi cinque giorni di completa libertà: ho noleggiato una macchina, e da solo (ho provato a trovare altri viaggiatori, ma il tempo era tiranno, e in fin dei conti è stato meglio così) ho percorso 1100 km attaversando metà dell'isola; ovviamente, ho dormito in macchina per risparmiare qualche soldo, ed i pasti sono stati forniti dai locali supermarket.
Prima tappa: il parco nazionale di Cradle Mountain. Per raggiungerlo, salutati i miei ospiti, ho attaversato il nord-ovest, fermandomi per visitare le stupende grotte di Marakoopa (vicino a Mole Creek) e per vedere i murali dipinti sulle pareti delle case di Sheffield (tentativo in parte riuscito di attrarre traffico turistico). Al parcheggio del parco sono arrivato poco prima dell'imbrunire, sono andato a farmi un paio di passeggiatine corte lungo sentieri segnati e poi, in compagni dei wallaby che zompettavano intorno alla macchina, ho cenato al chiar di luna.
Al mattino, ho acquistato il permesso giornaliero per visitare il parco (10 sacchi, ma c'è una versione estesa per due mesi per chi vuole), son saltato sul minibus gratuito ed ho raggiunto il lago Dove (che significa 'colombà, ignorantoni!); da qui, stretti gli scarponi, e zainetto in spalla... un percorso multiplo di 7 ore mi ha portato intorno al lago, su su fino alla cima del monte Cradle (aguzzo ed acuminato come un mucchietto di shangai), e poi di nuovo a valle vicino al rifugio Waldheim, costruito da un austriaco tanti tanti anni fa. Parte dei sentieri è protetta da passerelle, così la gente non distrugge troppo il parco (migliaia di visitatori ogni estate percorrono la Overland Track, 5 giorni per un'ottantina di chilometri... io ne ho percorsi 200 metri, passando da un sentiero ad un altro), e anche se alcune gradinate hanno subito i segni del tempo la gestione ben merita l'esborso per il biglietto d'ingresso.
Tornato alla macchina, pranzo (merendo?) e poi mi rimetto in viaggio, passando per Rosebery e Zeehan e per le dune Henty: giganteschi mucchi di sabbia, lungo la costa di un oceano che si apre al Sud America (l'Africa è più in alto), dove ho pensato bene di fare un picnic serale gustandomi i riflessi del tramonto. Notte a Strahan, e al mattino son balzato su una delle imbarcazioni che fanno escursioni lungo la baia MacQuarie ed i fiumi che la alimentano; incluse, una visita guidata all'isola Sarah, ex-colonia penale (tanto per cambiare!), e lungo il fiume Gordon un'escursioncina per vedere da vicino i pini Huon, noti per vivere completamente inzuppati di un olio che tiene lontani funghi ed insetti vari (e quindi molto utilizzati come legname per costruzioni). Molto sole, e tanta crema spalmata sui miei arti prima che diventassero color aragosta.
Al ritorno in porto, ho davvero gustato una mini-conferenza (era più una chiacchierata, eravamo solo in 6) sugli animali in via di estinzione, e su quelli che non ci sono più (qui si fa molto parlare del Tilacino, o Tigre della Tasmania, marsupiale carnivoro sterminato agli inizi del secolo scorso e che, come gli ufo e lo yeti, molti dicono di vedere ancora nonostante sia ufficialmente estinto da più di 20 anni); si teme anche per i Diavoli, a causa di un virus che provoca loro dei tumori facciali che li portano alla morte... molto si sta facendo per salvarli, e le speranze non paiono perdute.
Attraverso la contea devastata di Queenstown, dove miniere di ogni tipo hanno lasciato le montagne nude, ho raggiunto un posticino tranquillo vicino al fiume Franklin, speranzoso di trovarvi ornitorinchi... non è la mia giornata buona, e quindi mi accontento di una buona cena ed una buona dormita.
Terzo giorno (dovrei dire terzo mattino, in realtà), e pioviggina. Fino ad ora, son stato fortunato, qui di solito ci sono 50 giorni di sole all'anno e io ne ho già imbroccati 3 di fila... non poteva durare ;-) Arrivo al Parco del lago St. Clair, ma ancora piove e decido di seguire il consiglio di un simpatico ranger che mi suggerisce di scendere a sud e visitare il Parco di Mount Field; così faccio, e nel frattempo il tempo volge al sereno-o-poco-nuvoloso (da queste parti dicono che, se non ti piace la situazione meteo, fai un giretto e torna dopo 15 minuti, e vedrai che sarà cambiata!). Nel Parco faccio un paio di escursioni, fino alle cascate Russell (mannaggia alle zanzare, per fortuna c'è Autan con me) e tra alberi altissimi, e poi mi inoltro ancora un pò lungo la strada per visitare la riserva Styx, dove arrivo faccia a faccia con l'albero più alto del mondo (!), 90 e passa metri di simpatia...
Giro la macchina, e (riuscendo in extremis ad abbeverarla all'unica stazione di benzina che non ha già chiuso), raggiungo la punta della penisola Forestier, schivando di un pelo Hobart (in realtà, a causa di uno svincolo maligno, ne raggiungo i sobborghi, ma riesco ad evitare il centro).
È domenica, il giorno ideale per andare nel luogo più visitato della Tasmania... esploro una costa caratterizzata da rocce trasformate dall'effetto del mare in mosaici, in ponti, in cattedrali, in soffioni e, pure, nella Cucina del Diavolo (dove immagino latitino i coperchi!), e poi attraverso l'Eaglehawk Neck (stretto passaggio, una volta chiuso da una guarnigione e da un cordone di cani ferocissimi) per raggiungere Port Arthur, la più famosa colonia penale del continente. L'esorbitante prezzo del biglietto (19,20 dollari, con lo sconto YHA) mi lascia dubbioso, ma il sito è davvero interessante e sufficientemente restaurato (dopo gli incendi della fine del XIX secolo) per permettere di farsi un'idea molto buona dello stile di vita delle migliaia di carcerati che qui vissero e, a volte, morirono; in più, le guide molto preparate e sempre a disposizione implementano un simpatico sistema in uso al centro visitatori, dove si viene associati ad un carcerato (di carta) per scoprirne e capirne meglio la storia.
Dopo ore ed ore passate nel sito, vado per l'ultima escursione, fino al punto panoramico di Cape Raoul, e poi raggiungo Richmond, dove il vento freddo mi sconsiglia di aggirarmi per le strade del piccolo pretenzioso villaggio; rimane solo un takeaway ancora aperto, con gli ultimi resti, che sono però abbastanza per alimentare il mio stomaco affamato.
Oggi, dopo aver scattato un pò di foto al più vecchio ponte australiano ed alla più vecchia chiesa australiana, e fatto colazione con una pasta da 8000 calorie ripiena di crema e more, ho raggiunto Hobart, trovato alloggio e riconsegnata la macchina.
'Til this hour has gone around
And I'm gone on the rising tide
For to face Van Diemen's land" (U2)
La terra di Van Diemen, così chiamata dall'onnipresente olandese Abel Tasman in onore di qualcuno che, diversamente da lui, di terre nuovissime non ne aveva scoperte, è stata per decenni il luogo in cui l'impero britannico spediva i suoi malfattori (a volte, malfattrici). E', ora, un luogo che sta venendo a patti con il suo passato di prigione modello, dove la gente inizia a vantarsi di avere un ex-carcerato (possibilmente, cattivo) tra i propri antenati, e dove la nuova sfida si chiama "sfruttamento sostenibile delle risorse": dotata di foreste stupende (qui si trovano i più alti alberi 'durì del mondo, una specie di eucalipti che viaggia intorno ai 90 metri), di fiumi e montagne che sono un paradiso per gli escursionisti, è in parte devastata da miniere a cielo aperto e disboscamento intensivo...
Queste le premesse; io, ovviamente, volevo dare un'occhiatina... volo economico JetStar (sussidiaria della QANTAS) fino a Launceston, dove ben due famiglie SERVAS hanno risposto al mio appello: una, quella di Jackie, insegnante stanca dei suoi alunni indisciplinati, per ospitarmi per un paio di notti, mentre un'altra, quella di Chris e Bridget, per farmi da ciceroni in giro per il museo (bella l'esposizione ricavata nei locali dei vecchi laboratori della ferrovia, dove ancora si odono i suoni dei martelli dei fabbri e i fischi del vapore), la galleria d'arte (ma è arte?!) e il planetario (ebbene sì, signore e signori, ho trovato un SERVAS che si occupa del planetario locale... ovviamente, esibizione privata solo per i miei occhi! Wow!). Launceston dormicchia, forse vorrebbe più visitatori, ma non offre moltissimo; il punto migliore è sicuramente la Cataract Gorge, gola camminabile a destra e a manca con laghetti e boschi e pavoni che contendono i prati ai canguri (c'ho il film!).
Da Launceston, ho deciso di pagarmi cinque giorni di completa libertà: ho noleggiato una macchina, e da solo (ho provato a trovare altri viaggiatori, ma il tempo era tiranno, e in fin dei conti è stato meglio così) ho percorso 1100 km attaversando metà dell'isola; ovviamente, ho dormito in macchina per risparmiare qualche soldo, ed i pasti sono stati forniti dai locali supermarket.
Prima tappa: il parco nazionale di Cradle Mountain. Per raggiungerlo, salutati i miei ospiti, ho attaversato il nord-ovest, fermandomi per visitare le stupende grotte di Marakoopa (vicino a Mole Creek) e per vedere i murali dipinti sulle pareti delle case di Sheffield (tentativo in parte riuscito di attrarre traffico turistico). Al parcheggio del parco sono arrivato poco prima dell'imbrunire, sono andato a farmi un paio di passeggiatine corte lungo sentieri segnati e poi, in compagni dei wallaby che zompettavano intorno alla macchina, ho cenato al chiar di luna.
Al mattino, ho acquistato il permesso giornaliero per visitare il parco (10 sacchi, ma c'è una versione estesa per due mesi per chi vuole), son saltato sul minibus gratuito ed ho raggiunto il lago Dove (che significa 'colombà, ignorantoni!); da qui, stretti gli scarponi, e zainetto in spalla... un percorso multiplo di 7 ore mi ha portato intorno al lago, su su fino alla cima del monte Cradle (aguzzo ed acuminato come un mucchietto di shangai), e poi di nuovo a valle vicino al rifugio Waldheim, costruito da un austriaco tanti tanti anni fa. Parte dei sentieri è protetta da passerelle, così la gente non distrugge troppo il parco (migliaia di visitatori ogni estate percorrono la Overland Track, 5 giorni per un'ottantina di chilometri... io ne ho percorsi 200 metri, passando da un sentiero ad un altro), e anche se alcune gradinate hanno subito i segni del tempo la gestione ben merita l'esborso per il biglietto d'ingresso.
Tornato alla macchina, pranzo (merendo?) e poi mi rimetto in viaggio, passando per Rosebery e Zeehan e per le dune Henty: giganteschi mucchi di sabbia, lungo la costa di un oceano che si apre al Sud America (l'Africa è più in alto), dove ho pensato bene di fare un picnic serale gustandomi i riflessi del tramonto. Notte a Strahan, e al mattino son balzato su una delle imbarcazioni che fanno escursioni lungo la baia MacQuarie ed i fiumi che la alimentano; incluse, una visita guidata all'isola Sarah, ex-colonia penale (tanto per cambiare!), e lungo il fiume Gordon un'escursioncina per vedere da vicino i pini Huon, noti per vivere completamente inzuppati di un olio che tiene lontani funghi ed insetti vari (e quindi molto utilizzati come legname per costruzioni). Molto sole, e tanta crema spalmata sui miei arti prima che diventassero color aragosta.
Al ritorno in porto, ho davvero gustato una mini-conferenza (era più una chiacchierata, eravamo solo in 6) sugli animali in via di estinzione, e su quelli che non ci sono più (qui si fa molto parlare del Tilacino, o Tigre della Tasmania, marsupiale carnivoro sterminato agli inizi del secolo scorso e che, come gli ufo e lo yeti, molti dicono di vedere ancora nonostante sia ufficialmente estinto da più di 20 anni); si teme anche per i Diavoli, a causa di un virus che provoca loro dei tumori facciali che li portano alla morte... molto si sta facendo per salvarli, e le speranze non paiono perdute.
Attraverso la contea devastata di Queenstown, dove miniere di ogni tipo hanno lasciato le montagne nude, ho raggiunto un posticino tranquillo vicino al fiume Franklin, speranzoso di trovarvi ornitorinchi... non è la mia giornata buona, e quindi mi accontento di una buona cena ed una buona dormita.
Terzo giorno (dovrei dire terzo mattino, in realtà), e pioviggina. Fino ad ora, son stato fortunato, qui di solito ci sono 50 giorni di sole all'anno e io ne ho già imbroccati 3 di fila... non poteva durare ;-) Arrivo al Parco del lago St. Clair, ma ancora piove e decido di seguire il consiglio di un simpatico ranger che mi suggerisce di scendere a sud e visitare il Parco di Mount Field; così faccio, e nel frattempo il tempo volge al sereno-o-poco-nuvoloso (da queste parti dicono che, se non ti piace la situazione meteo, fai un giretto e torna dopo 15 minuti, e vedrai che sarà cambiata!). Nel Parco faccio un paio di escursioni, fino alle cascate Russell (mannaggia alle zanzare, per fortuna c'è Autan con me) e tra alberi altissimi, e poi mi inoltro ancora un pò lungo la strada per visitare la riserva Styx, dove arrivo faccia a faccia con l'albero più alto del mondo (!), 90 e passa metri di simpatia...
Giro la macchina, e (riuscendo in extremis ad abbeverarla all'unica stazione di benzina che non ha già chiuso), raggiungo la punta della penisola Forestier, schivando di un pelo Hobart (in realtà, a causa di uno svincolo maligno, ne raggiungo i sobborghi, ma riesco ad evitare il centro).
È domenica, il giorno ideale per andare nel luogo più visitato della Tasmania... esploro una costa caratterizzata da rocce trasformate dall'effetto del mare in mosaici, in ponti, in cattedrali, in soffioni e, pure, nella Cucina del Diavolo (dove immagino latitino i coperchi!), e poi attraverso l'Eaglehawk Neck (stretto passaggio, una volta chiuso da una guarnigione e da un cordone di cani ferocissimi) per raggiungere Port Arthur, la più famosa colonia penale del continente. L'esorbitante prezzo del biglietto (19,20 dollari, con lo sconto YHA) mi lascia dubbioso, ma il sito è davvero interessante e sufficientemente restaurato (dopo gli incendi della fine del XIX secolo) per permettere di farsi un'idea molto buona dello stile di vita delle migliaia di carcerati che qui vissero e, a volte, morirono; in più, le guide molto preparate e sempre a disposizione implementano un simpatico sistema in uso al centro visitatori, dove si viene associati ad un carcerato (di carta) per scoprirne e capirne meglio la storia.
Dopo ore ed ore passate nel sito, vado per l'ultima escursione, fino al punto panoramico di Cape Raoul, e poi raggiungo Richmond, dove il vento freddo mi sconsiglia di aggirarmi per le strade del piccolo pretenzioso villaggio; rimane solo un takeaway ancora aperto, con gli ultimi resti, che sono però abbastanza per alimentare il mio stomaco affamato.
Oggi, dopo aver scattato un pò di foto al più vecchio ponte australiano ed alla più vecchia chiesa australiana, e fatto colazione con una pasta da 8000 calorie ripiena di crema e more, ho raggiunto Hobart, trovato alloggio e riconsegnata la macchina.
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Commenti
Il giorno 29/11/2004, Lidia ha scritto...
Il giorno 29/11/2004, Daniele ha scritto...
Il giorno 30/11/2004, Mirella ha scritto...
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inserito il 29/11/2004
visualizzato: 2495 volte
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