Sabato, ancora stordito dalla nottata al pub e dal poco sonno (io sono andato a letto a mezzanotte, ma provate a spiegarlo voi agli 'alticcì di non fare rumore quando rientrano!), son salito su un vascello che ha portato me ed altre 30 persone nella baia antistante Hervey Bay, per vedere le balene che durante questo periodo si riposano con i figli nati da poco prima della lunga discesa verso l'Antartide.

Balene, sì. E di quelle che saltano, che cantano, che fanno splash e che si avvicinano curiose alla tua barca per dare un'occhiata alla masnada che ci si sbraccia sopra gridando saluti in molte lingue.

Siamo stati fortunati, abbiamo trovato vari gruppetti madre-pargolo e qualche terzetto (un amica? il padre? il bidello? boh, e chi lo sa?!). Lo skipper di bordo gridava "sono là", e 30 teste si voltavano all'unisono per vedere sbuffi di vapore, pinne dorsali e tante bollicine. All'inizio... poi, i pargoli han finito di poppare, e dovendo usare un pò della loro energia han cominciato a tuffarsi di schiena, a sporgere la testa in verticale per spiare i dintorni, a sbattere l'enorme coda sull'acqua per applaudire l'ultima puntata dei Simpson, e soprattutto a strisciare subdolamente (ed in compagnia di mamma) sotto le barche per apparire nei posti più impensati (e solitamente fuori fuoco degli obiettivi, mannaggia a loro!).

Durante il viaggio, ho fatto amicizia con due sorelle ungheresi, Crisztina e Katalin, con le quali ho poi passato il pomeriggio a parlare (in italiano: Cris lo parla bene, la sorella lo capisce ma risponde in inglese), a mangiare fish (loro) & chips (anch'io), a giocare a 'treà (sbaragliando la concorrenza!) e ad aspettare l'ora per il bussetto che mi ha portato alla stazione dei bus seri (non temete, se tutto va bene le reincontrerò a Melbourne, quindi mi dilungherò in seguito). Qui, armato delle ultime pagine del mio 'Le ceneri di Angelà (bella autobiografia di un irlandese povero nell'Eire del dopoguerra), ho aspettato l'una di notte...