Spariti tutti i turisti dal Medio Oriente
Ho trascorso, portando in giro un gruppo di viaggiatori di Travelsphere, una settimana in Giordania, riuscendo ad incastrarla non so come tra le crociere di Grand Circle e la mia partenza (ormai prossimissima) per l'America Latina, dove svernerò di nuovo (e sì, lo so, sta diventando un'abitudine, ormai).
È stato un piacere rivedere i deserti mediorientali, riannusare nell'aria gli odori delle spezie, risentire sulla lingua il gusto caratteristico dei falafel e il mieloso dolciastro della pasticceria locale; sensazioni che avevo provato già tre anni fa, durante il mio viaggio attraverso i paesi della Primavera Araba (c'è una teoria catastrofista che assegna a me la responsabilità delle rivoluzioni di quel periodo... per maggiori informazioni, chiedere a mia sorella Chiara).
La differenza, questa volta, l'hanno fatta i numeri dei turisti presenti: ridotti al minimo, tanto che al castello di Shobak eravamo gli unici presenti, e così anche davanti alla bellissima mappa/mosaico di Madaba. Persino a Petra, la città rosa, fatta conoscere a noi ignoranti occidentali dall'Ultima Crociata di Indiana Jones, patrimonio UNESCO dell'umanità e votata tra le (nuove) sette meraviglie del mondo, c'erano più beduini che turisti, in una concentrazione che ricordava da vicino quella delle mosche intorno alla cacca fresca di mucca (il grado di molestia era simile... problemino di matematica: se tutti hanno una raccolta di 12 cartoline da vendere per un dinaro, e sono pochi i possibili compratori, quanti venditori credete riescano ad assillarvi per ora di visita?).
Il motivo è presto detto: la paura che le guerre, le rivolte, le instabilità dell'area si estendano anche alla Giordania. Di più: l'ignoranza di chi non sa distinguere tra il pacifico e tranquillo regno ashemita e i suoi rissosi vicini. Il risultato è un calo delle presenze turistiche che, in alcuni luoghi, raggiunge il 50%.
Cinquanta percento significa che, se normalmente avevi 2 turisti in un dato giorno, ora ne hai uno solo; che magari usa lo stesso una camera, ma sicuramente mangia di meno ed acquista meno servizi. Drammatico, se sei nel turismo e sei legato ai numeri.
Elias, la nostra guida, il suo stipendio lo prende lo stesso, ché viene pagato a gruppo e non a numero di viaggiatori; anche lui però ne risente, perché alla fine del tour prende meno mance. E così Khaled, il nostro autista, e il personale degli hotel e dei ristoranti dove dormiamo e mangiamo.
Per cercare di far fronte al problema si fanno grandi sconti ed offerte speciali: non è raro, in questi giorni, trovare ribassi anche del 20%, senza neppure dover intavolare la classica discussione mercanteggiante, così tradizionale nel mondo arabo.
Ma è una soluzione tampone, temporanea, perché il problema è alla fonte: la gente decide di non viaggiare in Giordania al momento della scelta del tour. E non, come molti credono, per il classico problema che in inglese si chiama "bad press", ovvero cattiva informazione giornalistica: perché la stampa non parla affatto male della Giordania. No, siamo noi quelli che non conoscono (e, di conseguenza, non capiscono) la differenza tra i vari paesi del Medio Oriente, che forse crediamo tutti resi uguali dal fazzoletto in testa e dal cammello parcheggiato sotto casa. Non conosciamo, e preferiamo andarci cauti, quando sentiamo parlare di guerra civile, di decapitatori, di Stato Islamico, di integralisti ecc. ecc,
La cultura e la conoscenza sono armi potenti, contro quelli ed altri nemici. Cultura e conoscenza sono alleati preziosi, di cui questa Giordania ha bisogno, ora più che mai. O non ci sarà simpatia della famiglia reale né bellezze ambientali né tesori storici né cultura millenaria che tenga.
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inserito il 19/09/2014
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