Il mistero della bandiera scomparsa
Visto quello che è poi successo in Siria, direi che ho schivato un'altra rivoluzione per poco... e giusto alla frontiera dove dovevo passare io, o quanto meno nei pressi.
Cmq, il bus mi ha portato direttamente ad Amman, senza intoppi. O quasi: arrivati alla frontiera, mentre dei turchi e dei polacchi imprecavano per il fatto di aver dovuto pagare una tassa di uscita che non si aspettavano (la tassa esiste, basta informarsi...), ho dovuto aspettare 30 minuti (e con me i turchi, i polacchi, la gente del nostro autobus, altri gruppi) perché i due derelitti dell'ufficio visti erano andati a pregare... niente di male sul pregare in sè, ma magari darsi il cambio considerando che si è in due...
Non tutto il male viene per nuocere, però: ne ho approfittato per parlicchiare con i polacchi, i quali avevano già prenotato un albergo economico e avevano un posto in più, essendo stato bloccato un loro amico alla frontiera con la Turchia, così mi hanno proposto di aggregarmi e io l'ho fatto senza frapporre indugio.
L'albergo, niente di che, rispecchia perfettamente la pochezza della capitale giordana (non me ne vogliano i giordani, persino molti di loro mi avevano detto la stessa cosa), che non è certo all'altezza di Damasco o del Cairo o persino di... beh, no, di Bruxelles sì, almeno per come la conosco. Però 2 euri e mezzo a notte non sono una cattiva tariffa, e quando ho scoperto che avevano internet gratuita mi ci sono tuffato per un paio d'ore, per sistemare arretrati e giorni seguenti. Fuori, un mercatino dell'usato, soprattutto vestiti e scarpe e peluche, montagne di peluche; peccato solo che lo scopra ad un'ora dalla chiusura, ma anche frugandolo con più calma dubito avrei trovato qualcosa da comprare (e, soprattutto, qualcosa che mi ci stesse ancora nello zaino). I polacchi se ne vanno in giro, senza meta, io invece punto direttamente al centro, al suk, sicuro di trovare un qualche ristorantino normale; così è, e mi godo l'assembramento di autoctoni intorno, anche se poi il freddino che spira nella sera mi induce ad affrettare i passi e a non attardarmi in giro.
Al mattino, sorpresona: i polacchi han deciso di andarsene, si son già stufati di Amman, e annullando la prenotazione son riusciti a far incazzare il manager dell'hotel, il quale se la prende con me e mi dice che anch'io devo andarmene. Provo a farlo ragionare, poi una signora inglese che avevo incontrato il giorno prima mi dice che anche lei vuole andarsene perché sta pagando troppo per una stanza fredda e senz'acqua calda, che hai già trovato un altro posto e che se voglio posso andare a vederlo anch'io. Accetto, prendiamo un taxi perché Janet deve portarsi in giro cucce per cani e quantitativi industriali di altra roba (storia lunga: alleva cani in Egitto, a Dahab; è andata in Israele per fare acquisti, e quando ha provato a tornare indietro ha scoperto che non poteva, perché un suo vicino di casa - apparentemente interessato al suo terreno - l'aveva denunciata come spia di Tel Aviv; ora è bloccata ad Amman, cercando di dimostrare la sua innocenza), il posto (Cliff Hotel) sembra più caloroso dell'altro (Sun Rise Hotel), e poi è davvero in centro. Prendiamo posto in una delle camere "dormitorio" - in realtà, hanno solo quattro letti invece di due -, poi faccio il terzo grado al buon Andrew, il gestore, che mi da dritte su cosa e come visitare, e mi lancio per le strade. La cittadella è, però, forse l'unico punto interessante della città, fornendo una buona presentazione di ruderi di varie epoche ma, soprattutto, dando un'ottima visuale sulla città, specie mentre il sole comincia ad abbassarsi. In lontananza, si può pure vedere l'enorme bandiera issata sull'asta più alta del mondo... ma, un momento! Dov'è la bandiera? Non è al suo posto, e date le dimensioni direi che è impossibile sia proprio tutta dietro l'asta... Chiedo ai poliziotti all'ingresso, mi dicono che non sto guardando bene, la bandiera è proprio... "ohmioddiomioddiomioddio! Dov'è la nostra bandierona?", urlano nella loro lingua: da che c'è, non si sono mai accorti di un giorno che non fosse issata. Io suggerisco che, forse, la stanno lavando, e loro si mettono un pò il cuore in pace; certo è che potrebbero pure averne una di scorta...
Il teatro romano, visto dall'alto, fa la sua bella figura; ma quando arrivo ai suoi cancelli, sono quasi contento che ormai siano chiusi, perché non so se mi sarebbe piaciuto, dopo aver visto quello di Bosra. E la moschea intitolata al defunto re Hussein è piccola e puzza di piedi sporchi... no, Amman non ha fascino, davvero.
Il lunedì mi lancio, a mò di Tarzan, tra bus ed autostop, per andare a vedere i cosiddetti castelli del deserto, delle costruzioni, a volte castelli, a volte bagni e casini di caccia, edificate al tempo dei sultani Ommayadi. Sono 200 km in tutto, in un deserto di quelli veri, con tanto di piccole trombe d'aria e sabbia ovunque ed avvoltoi... ok, su questi ultimi sto scherzando :) C'è un gruppo di italiani che sta restaurando quello più bello, Qasr Amra, con affreschi su tutte le volte, compreso una carta delle costellazioni che forse è una delle prime rinvenute del suo genere.
Il giro dura a lungo, anche se ci si mette di più a fare l'ultimo tratto in autobus con il traffico dell'ora di punta; mi riposo un pò all'hotel, non prima di aver fatto la mia abituale visitina alla pasticceria migliore del paese, dove assaporo un delizioso dolce fatto con formaggio fuso su cui viene caramellato dello zucchero.
Le cene, sempre e comunque, sono con Janet al ristorante che ho scoperto il primo giorno, dove ormai i camerieri non ci puliscono più il tavolo da quanto bene ci conoscono...
Gli ultimi due giorni li passo a visitare mercati e negozi, cercando dei souvenir adeguati che non riempiano il mio zaino già traboccante e non svuotino le mie tasche già al limite (non ho voglia di prelevare altri soldi, viste le commissioni che mi applicano: avevo fatto un conteggio approssimativo di quanto avrei speso, e cerco di attenermi a quello... alla fine ce la farò, avanzando pure dieci dinari perché la tassa di uscita è inclusa nel biglietto aereo, contrariamente a quanto mi avevano detto quelli di Easyjet). Una corsa in bus di quasi un'ora mi porta persino alla periferia di Amman, dove un'enorme Carrefour la fa da padrone all'interno di un centro commerciale dove sembra vivere tutta la borghesia locale; purtroppo per mia sorella, allo Starbucks hanno terminato le tazzone giordane, ma mi offrono quelle di Quwait e Bahrein... che me ne fo io, e che se ne farebbe lei?! Trovo abbastanza per non presentarmi a mani vuote, anche se mi rendo conto che se avessi potuto acquistare le cose a Damasco avrei trovato migliore qualità a prezzo inferiore, e a fatica schiscio tutto dentro lo zaino. Raggiungo l'aeroporto, e qui ovviamente mi fanno il controllo dimensione bagaglio a mano e il saccone blu non entra nel gabbiotto. "Mi spiace, dovrà pagare per imbarcarlo in stiva", mi dicono. "Mi spiace, ma questo zaino è venuto sin qui come bagaglio a mano passando anche per RyanAir (che quanto ad essere fiscali...), quindi tornerà come bagaglio a mano", rispondo io, e comincio a smontare e riassemblare tutto, finché dopo mezz'ora trovo la combinazione giusta e lo zaino entra nella sua gabbietta, sotto lo sguardo meravigliato ma anche ammirato di metà del personale dell'aeroporto.
Incontro il tipo tedesco che avevo conosciuto a Damasco, ed insieme saliamo sull'aereo che ci porta a Gatwick, dove passiamo una notte semiinsonne sulle scomode panchine sovraffollate del terminal passeggeri. Ci salutiamo quando lui parte per la Germania, poi io prendo il volo per Venezia e... casa dolce casa!
Cmq, il bus mi ha portato direttamente ad Amman, senza intoppi. O quasi: arrivati alla frontiera, mentre dei turchi e dei polacchi imprecavano per il fatto di aver dovuto pagare una tassa di uscita che non si aspettavano (la tassa esiste, basta informarsi...), ho dovuto aspettare 30 minuti (e con me i turchi, i polacchi, la gente del nostro autobus, altri gruppi) perché i due derelitti dell'ufficio visti erano andati a pregare... niente di male sul pregare in sè, ma magari darsi il cambio considerando che si è in due...
Non tutto il male viene per nuocere, però: ne ho approfittato per parlicchiare con i polacchi, i quali avevano già prenotato un albergo economico e avevano un posto in più, essendo stato bloccato un loro amico alla frontiera con la Turchia, così mi hanno proposto di aggregarmi e io l'ho fatto senza frapporre indugio.
L'albergo, niente di che, rispecchia perfettamente la pochezza della capitale giordana (non me ne vogliano i giordani, persino molti di loro mi avevano detto la stessa cosa), che non è certo all'altezza di Damasco o del Cairo o persino di... beh, no, di Bruxelles sì, almeno per come la conosco. Però 2 euri e mezzo a notte non sono una cattiva tariffa, e quando ho scoperto che avevano internet gratuita mi ci sono tuffato per un paio d'ore, per sistemare arretrati e giorni seguenti. Fuori, un mercatino dell'usato, soprattutto vestiti e scarpe e peluche, montagne di peluche; peccato solo che lo scopra ad un'ora dalla chiusura, ma anche frugandolo con più calma dubito avrei trovato qualcosa da comprare (e, soprattutto, qualcosa che mi ci stesse ancora nello zaino). I polacchi se ne vanno in giro, senza meta, io invece punto direttamente al centro, al suk, sicuro di trovare un qualche ristorantino normale; così è, e mi godo l'assembramento di autoctoni intorno, anche se poi il freddino che spira nella sera mi induce ad affrettare i passi e a non attardarmi in giro.
Al mattino, sorpresona: i polacchi han deciso di andarsene, si son già stufati di Amman, e annullando la prenotazione son riusciti a far incazzare il manager dell'hotel, il quale se la prende con me e mi dice che anch'io devo andarmene. Provo a farlo ragionare, poi una signora inglese che avevo incontrato il giorno prima mi dice che anche lei vuole andarsene perché sta pagando troppo per una stanza fredda e senz'acqua calda, che hai già trovato un altro posto e che se voglio posso andare a vederlo anch'io. Accetto, prendiamo un taxi perché Janet deve portarsi in giro cucce per cani e quantitativi industriali di altra roba (storia lunga: alleva cani in Egitto, a Dahab; è andata in Israele per fare acquisti, e quando ha provato a tornare indietro ha scoperto che non poteva, perché un suo vicino di casa - apparentemente interessato al suo terreno - l'aveva denunciata come spia di Tel Aviv; ora è bloccata ad Amman, cercando di dimostrare la sua innocenza), il posto (Cliff Hotel) sembra più caloroso dell'altro (Sun Rise Hotel), e poi è davvero in centro. Prendiamo posto in una delle camere "dormitorio" - in realtà, hanno solo quattro letti invece di due -, poi faccio il terzo grado al buon Andrew, il gestore, che mi da dritte su cosa e come visitare, e mi lancio per le strade. La cittadella è, però, forse l'unico punto interessante della città, fornendo una buona presentazione di ruderi di varie epoche ma, soprattutto, dando un'ottima visuale sulla città, specie mentre il sole comincia ad abbassarsi. In lontananza, si può pure vedere l'enorme bandiera issata sull'asta più alta del mondo... ma, un momento! Dov'è la bandiera? Non è al suo posto, e date le dimensioni direi che è impossibile sia proprio tutta dietro l'asta... Chiedo ai poliziotti all'ingresso, mi dicono che non sto guardando bene, la bandiera è proprio... "ohmioddiomioddiomioddio! Dov'è la nostra bandierona?", urlano nella loro lingua: da che c'è, non si sono mai accorti di un giorno che non fosse issata. Io suggerisco che, forse, la stanno lavando, e loro si mettono un pò il cuore in pace; certo è che potrebbero pure averne una di scorta...
Il teatro romano, visto dall'alto, fa la sua bella figura; ma quando arrivo ai suoi cancelli, sono quasi contento che ormai siano chiusi, perché non so se mi sarebbe piaciuto, dopo aver visto quello di Bosra. E la moschea intitolata al defunto re Hussein è piccola e puzza di piedi sporchi... no, Amman non ha fascino, davvero.
Il lunedì mi lancio, a mò di Tarzan, tra bus ed autostop, per andare a vedere i cosiddetti castelli del deserto, delle costruzioni, a volte castelli, a volte bagni e casini di caccia, edificate al tempo dei sultani Ommayadi. Sono 200 km in tutto, in un deserto di quelli veri, con tanto di piccole trombe d'aria e sabbia ovunque ed avvoltoi... ok, su questi ultimi sto scherzando :) C'è un gruppo di italiani che sta restaurando quello più bello, Qasr Amra, con affreschi su tutte le volte, compreso una carta delle costellazioni che forse è una delle prime rinvenute del suo genere.
Il giro dura a lungo, anche se ci si mette di più a fare l'ultimo tratto in autobus con il traffico dell'ora di punta; mi riposo un pò all'hotel, non prima di aver fatto la mia abituale visitina alla pasticceria migliore del paese, dove assaporo un delizioso dolce fatto con formaggio fuso su cui viene caramellato dello zucchero.
Le cene, sempre e comunque, sono con Janet al ristorante che ho scoperto il primo giorno, dove ormai i camerieri non ci puliscono più il tavolo da quanto bene ci conoscono...
Gli ultimi due giorni li passo a visitare mercati e negozi, cercando dei souvenir adeguati che non riempiano il mio zaino già traboccante e non svuotino le mie tasche già al limite (non ho voglia di prelevare altri soldi, viste le commissioni che mi applicano: avevo fatto un conteggio approssimativo di quanto avrei speso, e cerco di attenermi a quello... alla fine ce la farò, avanzando pure dieci dinari perché la tassa di uscita è inclusa nel biglietto aereo, contrariamente a quanto mi avevano detto quelli di Easyjet). Una corsa in bus di quasi un'ora mi porta persino alla periferia di Amman, dove un'enorme Carrefour la fa da padrone all'interno di un centro commerciale dove sembra vivere tutta la borghesia locale; purtroppo per mia sorella, allo Starbucks hanno terminato le tazzone giordane, ma mi offrono quelle di Quwait e Bahrein... che me ne fo io, e che se ne farebbe lei?! Trovo abbastanza per non presentarmi a mani vuote, anche se mi rendo conto che se avessi potuto acquistare le cose a Damasco avrei trovato migliore qualità a prezzo inferiore, e a fatica schiscio tutto dentro lo zaino. Raggiungo l'aeroporto, e qui ovviamente mi fanno il controllo dimensione bagaglio a mano e il saccone blu non entra nel gabbiotto. "Mi spiace, dovrà pagare per imbarcarlo in stiva", mi dicono. "Mi spiace, ma questo zaino è venuto sin qui come bagaglio a mano passando anche per RyanAir (che quanto ad essere fiscali...), quindi tornerà come bagaglio a mano", rispondo io, e comincio a smontare e riassemblare tutto, finché dopo mezz'ora trovo la combinazione giusta e lo zaino entra nella sua gabbietta, sotto lo sguardo meravigliato ma anche ammirato di metà del personale dell'aeroporto.
Incontro il tipo tedesco che avevo conosciuto a Damasco, ed insieme saliamo sull'aereo che ci porta a Gatwick, dove passiamo una notte semiinsonne sulle scomode panchine sovraffollate del terminal passeggeri. Ci salutiamo quando lui parte per la Germania, poi io prendo il volo per Venezia e... casa dolce casa!
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inserito il 30/03/2011
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