Plof
L'acqua su cui ci muoviamo è marrone. Altamente marrone. Non credo di aver mai visto un fiume così marrone, figurarsi navigato...
Sto seguendo la rotta consigliatami da Goncalo mesi fa, lungo i fiumi che danno vita al polmone verde amazzonico. Ho dimenticato in fretta Tarapoto (unica eccezione: la gentile signora July, proprietaria dell'ostello dove mi sono fermato, ed i suoi frigoriferi inutilizzati e svenduti a prezzo di favore ai concittadini), praticamente inutile se non per prendere un'aereo che ti porti alla selva; e dato che io avevo deciso altrimenti,... beh, alcune ore di camionetta, e due ruote bucate (la prima, sostituita... ma per la seconda, abbiamo dovuto attendere il passaggio di qualcun altro...), mi han fatto arrivare a Yurimaguas, dove ho scoperto il caos: molte barche che partono, ma nessuno (inclusi gli uffici delle compagnie fluviali) sa dirti nè quando nè se; tocca a te scendere al porto, parlare con i marinai, incontrare persone che hai conosciuto in altri luoghi e che ignare stanno attendendo che salpi un traghetto "a minuti" (in realtà, 24 ore dopo!), decidere se ti fidi o se no, andare al mercato per contrattare sul prezzo di un'amaca che pare indispensabile per fare questo viaggio, e poi trovare un alberghetto per la notte che non tenti di pelarti vivo. Mi va bene, il Luis Antonio me lo danno per pochi soles e ha pure la piscina (devo solo aspettare che se ne vada l'amministratore, mi dice la ragazza all'accettazione, perché noi "accattoni" del terzo piano non ne avremmo diritto...); per l'amaca, opto per un modello a una piazza e mezza, solo perché gli altri sono troppo corti (la mamma mi ha fatto troppo lungo, quella volta!), la comodità è secondaria al peso e all'ingombro del tessuto che dovró portarmi in giro per alcune settimane...
Nei due piani dell'Eduardo IV (no, non è un Papa, è solo che tutte le barche più gettonate appartengono alla stessa compagnia, e ce n'è una quasi ogni due giorni) la gente cerca di prendersi un buon posto per appendere l'amaca. Buon posto, a differenza di quanto avevo appreso sui traghetti greci, significa non troppo in dentro (si soffoca!), almeno a 3 metri dalla fine del tetto (o ti bagni!), lontano da cucine scale e bagni (questo è ovvio), e magari vicino a persone che conosci o che non ti sembrino appena uscite da una prigione (vuoi arrivare con tutta la tua roba alla fine del viaggio, no?!). Le mucche stanno giù a qualche centimetro dall'acqua, i polli in gabbia stanno su al secondo piano, insieme al motocarro (!) e a noi stranieri (perché ci siamo messi quassù? mah, non capisco la bontà della scelta fino a quando non mi rendo conto che al piano inferiore fa un caldo boia...)
Plof!
Il motore del battello non fa troppo rumore, dopo un pò passa in sottofondo. Non ci sono auto, aerei, niente... quei pochi che hanno musica ce l'hanno direttamente nelle orecchie, s'ode solo il suono delle pagine dei libri che, una dopo l'altra, vengono girate. E il plof, l'incessante plof! Il plof è il suono che fa ogni bottiglia di plastica gettata in acqua, lungo la stessa traiettoria di ogni altro elemento di spazzatura. In realtà, mi stupisco di vedere il fiume molto pulito, con tutto quello che continuano a buttarvi senza ritegno; è largo, peró, e l'acqua che vi scorre è tanta.
Eppure... plof!
I pasti (li chiamamiamo così?) vengono serviti con puntualità, e anche se non saziano (ma c'è sempre la possibilità di acquistare un piatto di riso e uovo... fresco, appena sfornato dalle produttrici dell'attico) almeno rompono la noia della quotidianità... perché è noioso, davvero: l'acqua continua ad andarsene in senso contrario al nostro, sempre incessantemente marrone, e le rive sono una sfilata infinita di banchine fangose, vegetazione lussureggiante e qualche capanna sparsa; i villaggi che vediamo son pochi e piccoli, il battello non si ferma neppure e le operazioni di carico e scarico vengono realizzate con una lancia che normalmente se ne sta attraccata al lato della imbarcazione più grande.
Gli unici animali che si vedono sono i pappagalli; che più che vederli li odi, con i loro incessanti gridi o chicchiericci (a seconda di come si sentono al momento), e li cerchi nel cielo o lungo le rive e li vedi in stormi di decine. Mi leggo quasi tutto il secondo libro della storia degli Inca (se conosceste il libro, vi darebbe un'ottima misura del poco che c'è da fare), la diversione notturna è rappresentata solo da alcuni ubriachi (i proprietari del motocarro ed i loro amici) che rischiano di far scoppiare una rissa a causa del desiderio di ascoltare il dvd musicale che si son portati dietro; per fortuna, una tempesta di acqua li convince a reimpacchettare l'impianto tv, e noi tutti possiamo dormire... o, meglio, ondeggiare facendo lo slalom tra le gocce di pioggia che filtrano dal tetto telonato. Il ragazzo dei polli è preoccupato, non sa come coprirli e teme che gli muoiano per il freddo nella notte... per fortuna, al mattino scopre che sono ancora tutti vivi seppure inumiditi.
Placido scorre il fiume. Plof.
La cosa che ti fa capire che hai fatto la scelta giusta non sono gli arcobaleni, molteplici e colorati al punto giusto... sono i tramonti: ho frugato nella mia memoria visiva, ma non ricordo qualcosa di altrettanto eccezionale... tutte le sfumature dei rossi e dei gialli, sopra un verde carico ed incastonati nell'azzurro di un cielo solcato da nubi grigio-biancastre... uau!
E plof!
Passa la seconda notte, i polli sono ancora lì, il mio equipaggiamento anche, e si sparge la voce che mancano 3 ore ad Iquitos... poi, finalmente, vediamo il porto: le altre barche ormeggiate, la folla di portatori (e ladri) che attendono di abbordare il nostro battello, il fango di una banchisa che non esiste perché ogni 6 mesi il fiume la sommerge completamente... il caldo e l'afa dell'Amazzonia mi accolgono!
Plof, plof... i mozzi cominciano a pulire il battello...
Sto seguendo la rotta consigliatami da Goncalo mesi fa, lungo i fiumi che danno vita al polmone verde amazzonico. Ho dimenticato in fretta Tarapoto (unica eccezione: la gentile signora July, proprietaria dell'ostello dove mi sono fermato, ed i suoi frigoriferi inutilizzati e svenduti a prezzo di favore ai concittadini), praticamente inutile se non per prendere un'aereo che ti porti alla selva; e dato che io avevo deciso altrimenti,... beh, alcune ore di camionetta, e due ruote bucate (la prima, sostituita... ma per la seconda, abbiamo dovuto attendere il passaggio di qualcun altro...), mi han fatto arrivare a Yurimaguas, dove ho scoperto il caos: molte barche che partono, ma nessuno (inclusi gli uffici delle compagnie fluviali) sa dirti nè quando nè se; tocca a te scendere al porto, parlare con i marinai, incontrare persone che hai conosciuto in altri luoghi e che ignare stanno attendendo che salpi un traghetto "a minuti" (in realtà, 24 ore dopo!), decidere se ti fidi o se no, andare al mercato per contrattare sul prezzo di un'amaca che pare indispensabile per fare questo viaggio, e poi trovare un alberghetto per la notte che non tenti di pelarti vivo. Mi va bene, il Luis Antonio me lo danno per pochi soles e ha pure la piscina (devo solo aspettare che se ne vada l'amministratore, mi dice la ragazza all'accettazione, perché noi "accattoni" del terzo piano non ne avremmo diritto...); per l'amaca, opto per un modello a una piazza e mezza, solo perché gli altri sono troppo corti (la mamma mi ha fatto troppo lungo, quella volta!), la comodità è secondaria al peso e all'ingombro del tessuto che dovró portarmi in giro per alcune settimane...
Nei due piani dell'Eduardo IV (no, non è un Papa, è solo che tutte le barche più gettonate appartengono alla stessa compagnia, e ce n'è una quasi ogni due giorni) la gente cerca di prendersi un buon posto per appendere l'amaca. Buon posto, a differenza di quanto avevo appreso sui traghetti greci, significa non troppo in dentro (si soffoca!), almeno a 3 metri dalla fine del tetto (o ti bagni!), lontano da cucine scale e bagni (questo è ovvio), e magari vicino a persone che conosci o che non ti sembrino appena uscite da una prigione (vuoi arrivare con tutta la tua roba alla fine del viaggio, no?!). Le mucche stanno giù a qualche centimetro dall'acqua, i polli in gabbia stanno su al secondo piano, insieme al motocarro (!) e a noi stranieri (perché ci siamo messi quassù? mah, non capisco la bontà della scelta fino a quando non mi rendo conto che al piano inferiore fa un caldo boia...)
Plof!
Il motore del battello non fa troppo rumore, dopo un pò passa in sottofondo. Non ci sono auto, aerei, niente... quei pochi che hanno musica ce l'hanno direttamente nelle orecchie, s'ode solo il suono delle pagine dei libri che, una dopo l'altra, vengono girate. E il plof, l'incessante plof! Il plof è il suono che fa ogni bottiglia di plastica gettata in acqua, lungo la stessa traiettoria di ogni altro elemento di spazzatura. In realtà, mi stupisco di vedere il fiume molto pulito, con tutto quello che continuano a buttarvi senza ritegno; è largo, peró, e l'acqua che vi scorre è tanta.
Eppure... plof!
I pasti (li chiamamiamo così?) vengono serviti con puntualità, e anche se non saziano (ma c'è sempre la possibilità di acquistare un piatto di riso e uovo... fresco, appena sfornato dalle produttrici dell'attico) almeno rompono la noia della quotidianità... perché è noioso, davvero: l'acqua continua ad andarsene in senso contrario al nostro, sempre incessantemente marrone, e le rive sono una sfilata infinita di banchine fangose, vegetazione lussureggiante e qualche capanna sparsa; i villaggi che vediamo son pochi e piccoli, il battello non si ferma neppure e le operazioni di carico e scarico vengono realizzate con una lancia che normalmente se ne sta attraccata al lato della imbarcazione più grande.
Gli unici animali che si vedono sono i pappagalli; che più che vederli li odi, con i loro incessanti gridi o chicchiericci (a seconda di come si sentono al momento), e li cerchi nel cielo o lungo le rive e li vedi in stormi di decine. Mi leggo quasi tutto il secondo libro della storia degli Inca (se conosceste il libro, vi darebbe un'ottima misura del poco che c'è da fare), la diversione notturna è rappresentata solo da alcuni ubriachi (i proprietari del motocarro ed i loro amici) che rischiano di far scoppiare una rissa a causa del desiderio di ascoltare il dvd musicale che si son portati dietro; per fortuna, una tempesta di acqua li convince a reimpacchettare l'impianto tv, e noi tutti possiamo dormire... o, meglio, ondeggiare facendo lo slalom tra le gocce di pioggia che filtrano dal tetto telonato. Il ragazzo dei polli è preoccupato, non sa come coprirli e teme che gli muoiano per il freddo nella notte... per fortuna, al mattino scopre che sono ancora tutti vivi seppure inumiditi.
Placido scorre il fiume. Plof.
La cosa che ti fa capire che hai fatto la scelta giusta non sono gli arcobaleni, molteplici e colorati al punto giusto... sono i tramonti: ho frugato nella mia memoria visiva, ma non ricordo qualcosa di altrettanto eccezionale... tutte le sfumature dei rossi e dei gialli, sopra un verde carico ed incastonati nell'azzurro di un cielo solcato da nubi grigio-biancastre... uau!
E plof!
Passa la seconda notte, i polli sono ancora lì, il mio equipaggiamento anche, e si sparge la voce che mancano 3 ore ad Iquitos... poi, finalmente, vediamo il porto: le altre barche ormeggiate, la folla di portatori (e ladri) che attendono di abbordare il nostro battello, il fango di una banchisa che non esiste perché ogni 6 mesi il fiume la sommerge completamente... il caldo e l'afa dell'Amazzonia mi accolgono!
Plof, plof... i mozzi cominciano a pulire il battello...
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inserito il 07/11/2005
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