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Relax sulle dune sabbiose
Cavoletti giaponesi, è un bel pò che non aggiorno questo diario... scusassero!
Vabbé, ecco il seguito: la mattina del 10, dopo l'ennesima abobndante colazione in casa Harada, sono andato con la signora ed una delle figlie a vedere un piccolo museo privato (della ditta per la quale tale figlia lavora) sul teatro Noh, uno dei più tipici stili giapponesi; in mostra c'erano ventagli, kimono, maschere ed arredi vari.
Il bus mi ha imbarcato davanti alla stazione, e dopo circa 3 ore mi ha scaricato a Tottori, sulla costa occidentale, dove con qualche difficoltà ho incontrato il buon Takeshi (no, il robot l'aveva lasciato a casa, questa volta!) che si nascondeva dietro ad una tazza di caffé.
Simile per molti versi a mio cugino Nicola, e come lui fisico, di poche parole e di molto cervello, mi oprta subito nella sua libreria preferita dove attendiamo sua moglie sparlando delle riviste in vendita (ovvio, no?!... ehi, c'è pure un plico in offerta contenente 5 poste di disegni animati famosi, in offerta a 3 euri... sì, ma che me ne farei in Australia?).
La giovane moglie (sono tutti e due trentenni circa) arriva, ed insieme andiamo a vedere le dune sabbiose di Tottori, pare l'unica attrazione turistica del luogo. Le scaliamo assieme a qualche decina di altri nippo, e ci godiamo il sole sul mare cercando di scoprire quale strano animale abbia lasciato traccie vermiformi sulla sabbia. Tornando a casa, scopro che la caratteristica fondamentale di questa coppia è l'indecisione (più sua di lui che lei, a dire il vero): 20 minuti per scegliere una bottiglia di vino, e questo è solo l'inizio. La casa, piccolissima, è piena di libri e fogli ammucchiati (lei studia all'università facendo la postina precaria). Cena, e qualche ora di sonno, per prendere il treno mattutino per Amanohashidate.
Tale luogo, credo traducibile come "ponte sospeso nel cielo", è in effetti una lunga striscia di terra che chiude una baietta. Niente di speciale, una bella camminata tra pini e ciliegi ma... salendo sui colli ad una delle due estremità, e osservando il percorso a testa in giù di tra le gambe (proprie o di altri), si ha davvero l'impressione che il ponte fluttui nell'aere... i nippo indicano questo posto come uno dei tre più belli nel loro paese (un altro è Miyajima, già visitata).
Il pranzo ci rimette a posto la coscienza dopo la terribile colazione di stamattina (veloce, tra una stazione e l'altra, e costosissima), poi afferriamo un nuovo treno ed andiamo a Kinosaki, nota stazione termale.
Qui sono loro ospite in un Ryokan, tradizionale alloggiamento (?) dove si viene serviti di tutto punto da cortesissime inservienti (te, yukata e zoccoletti, cena sontuosa, gente che si inchina oltre misura, tutte le cose tipiche giapponesi insomma). Ne usciamo solo per visitare un paio di Onsen (uno prima ed uno dopo cena), giusto per aragostarci un pochettino, ed io per provare a telefonare a casa per Pasqua (ma gli unici due telefoni teoricamente abilitati alle chiamate internazionali ovviamente non funzionano! Maledetti giapponesi!)
Al mattino, armato del piano ferroviario topologico studiato da Takeshi (che nel frattempo si è già andato a visitare un altro Onsen) per un paio d'ore ieri sera, e salutati i miei nuovi amici, parto per un lungo viaggio di locale in locale: 9 ore per arrivare a Kanazawa, qualche centinaio di chilometri più a nordest.
Qui vengo accolto in stazione dal signor Kawanisi, che, dopo avermi detto quanto sono fortunato ad aver trovato lui ad attendermi con un cartello col mio nome, mi porta prima al mio alloggio (dove trovo una padrona di casa simpatica ma monolingue e due ragazzi italiani con cui scambio qualche parola) e poi fuori a cena con altri due esperantisti; il ristorante a mio parere non è proprio proprio tradizionale, ci servono pure gli antipasti ed il dessert in momenti diversi e non hannoi bastoncini, però mangiamo benissimo e la discussione (finalmente!) verte sui modi in cui i giapponesi vedono gli italiani (anche se questi sono intellettuali: conoscono Federico Fellini e Lorenzo dè Medici!).
Salutati gli altri due, io e Tetsuro-san andiamo in uno dei suoi locali preferiti: 10 metri quadri al 4 piano di un palazzo, bancone enorme con qualche sgabello davanti, una signora sulla cinquantina che ci serve snack e birra (a me) e whisky (credo) a lui, bottiglie già cominciate con una targhetta che le identifica come di proprietà di qualcuno, e la macchina del karaoke, con cui Tetsuro da prova di buona vocalità e conoscenza pure della lingua coreana!
Unica nota negativa: quando torno all'alloggio, cinque minuti prima del coprifuoco, scopro che internet non è disponibile dopo le 9 di sera... vabbé, proverò domani, devo contattare un pò di gente.
Vabbé, ecco il seguito: la mattina del 10, dopo l'ennesima abobndante colazione in casa Harada, sono andato con la signora ed una delle figlie a vedere un piccolo museo privato (della ditta per la quale tale figlia lavora) sul teatro Noh, uno dei più tipici stili giapponesi; in mostra c'erano ventagli, kimono, maschere ed arredi vari.
Il bus mi ha imbarcato davanti alla stazione, e dopo circa 3 ore mi ha scaricato a Tottori, sulla costa occidentale, dove con qualche difficoltà ho incontrato il buon Takeshi (no, il robot l'aveva lasciato a casa, questa volta!) che si nascondeva dietro ad una tazza di caffé.
Simile per molti versi a mio cugino Nicola, e come lui fisico, di poche parole e di molto cervello, mi oprta subito nella sua libreria preferita dove attendiamo sua moglie sparlando delle riviste in vendita (ovvio, no?!... ehi, c'è pure un plico in offerta contenente 5 poste di disegni animati famosi, in offerta a 3 euri... sì, ma che me ne farei in Australia?).
La giovane moglie (sono tutti e due trentenni circa) arriva, ed insieme andiamo a vedere le dune sabbiose di Tottori, pare l'unica attrazione turistica del luogo. Le scaliamo assieme a qualche decina di altri nippo, e ci godiamo il sole sul mare cercando di scoprire quale strano animale abbia lasciato traccie vermiformi sulla sabbia. Tornando a casa, scopro che la caratteristica fondamentale di questa coppia è l'indecisione (più sua di lui che lei, a dire il vero): 20 minuti per scegliere una bottiglia di vino, e questo è solo l'inizio. La casa, piccolissima, è piena di libri e fogli ammucchiati (lei studia all'università facendo la postina precaria). Cena, e qualche ora di sonno, per prendere il treno mattutino per Amanohashidate.
Tale luogo, credo traducibile come "ponte sospeso nel cielo", è in effetti una lunga striscia di terra che chiude una baietta. Niente di speciale, una bella camminata tra pini e ciliegi ma... salendo sui colli ad una delle due estremità, e osservando il percorso a testa in giù di tra le gambe (proprie o di altri), si ha davvero l'impressione che il ponte fluttui nell'aere... i nippo indicano questo posto come uno dei tre più belli nel loro paese (un altro è Miyajima, già visitata).
Il pranzo ci rimette a posto la coscienza dopo la terribile colazione di stamattina (veloce, tra una stazione e l'altra, e costosissima), poi afferriamo un nuovo treno ed andiamo a Kinosaki, nota stazione termale.
Qui sono loro ospite in un Ryokan, tradizionale alloggiamento (?) dove si viene serviti di tutto punto da cortesissime inservienti (te, yukata e zoccoletti, cena sontuosa, gente che si inchina oltre misura, tutte le cose tipiche giapponesi insomma). Ne usciamo solo per visitare un paio di Onsen (uno prima ed uno dopo cena), giusto per aragostarci un pochettino, ed io per provare a telefonare a casa per Pasqua (ma gli unici due telefoni teoricamente abilitati alle chiamate internazionali ovviamente non funzionano! Maledetti giapponesi!)
Al mattino, armato del piano ferroviario topologico studiato da Takeshi (che nel frattempo si è già andato a visitare un altro Onsen) per un paio d'ore ieri sera, e salutati i miei nuovi amici, parto per un lungo viaggio di locale in locale: 9 ore per arrivare a Kanazawa, qualche centinaio di chilometri più a nordest.
Qui vengo accolto in stazione dal signor Kawanisi, che, dopo avermi detto quanto sono fortunato ad aver trovato lui ad attendermi con un cartello col mio nome, mi porta prima al mio alloggio (dove trovo una padrona di casa simpatica ma monolingue e due ragazzi italiani con cui scambio qualche parola) e poi fuori a cena con altri due esperantisti; il ristorante a mio parere non è proprio proprio tradizionale, ci servono pure gli antipasti ed il dessert in momenti diversi e non hannoi bastoncini, però mangiamo benissimo e la discussione (finalmente!) verte sui modi in cui i giapponesi vedono gli italiani (anche se questi sono intellettuali: conoscono Federico Fellini e Lorenzo dè Medici!).
Salutati gli altri due, io e Tetsuro-san andiamo in uno dei suoi locali preferiti: 10 metri quadri al 4 piano di un palazzo, bancone enorme con qualche sgabello davanti, una signora sulla cinquantina che ci serve snack e birra (a me) e whisky (credo) a lui, bottiglie già cominciate con una targhetta che le identifica come di proprietà di qualcuno, e la macchina del karaoke, con cui Tetsuro da prova di buona vocalità e conoscenza pure della lingua coreana!
Unica nota negativa: quando torno all'alloggio, cinque minuti prima del coprifuoco, scopro che internet non è disponibile dopo le 9 di sera... vabbé, proverò domani, devo contattare un pò di gente.
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inserito il 12/04/2004
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