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Sumimasen, which language mi devus paroli ahora?
Ieri ho prendo un treno per Uzuki (credo di aver sbagliato qualcosa, lo deduco dall'orario di arrivo - in un paese in cui anche i treni locali non sgarrano di un minuto -, ma arrivo comunque a destinazione), e da lì, insieme a due turiste nipponiche, un bus che ci ha portati a vedere alcuni gruppi di statue di Buddha scavate nella malleabile roccia locale; sono interessanti da vedere, anche perché pare abbiano fatto da modello a tutte le susseguenti versioni esistenti in Giappone. La visita non dura però più di 90 minuti, al termine dei quali ripiglio il bus, torno ad Uzuki e da qui salgo su un treno per Oita. Purtroppo, manco la coincidenza con pullman per Kumamoto, quindi gironzolo un pò per cercare qualcosa da mangiare; in un supermercato, una commessa gentilissima interroga tutti i presenti finché non trova qualcuno che capisca l'inglese e che mi possa dire se nei fagottini fritti che indico si nasconda qualche animale marino oppure no.
Il pullman è di gran lusso, poltrone imbottite reclinabili e film (solo in giapponese, però), e costa metà del treno... dritta incredibile, passatami dalle ragazze dell'ufficio turistico di Beppu.
Arrivato a Kumamoto alle 18, vengo ricevuto da Sergio (napoletano, ragazzo SERVAS che sta insieme con la mia ospite Kayo) e due ragazze locali che stanno studiando la lingua di Dante; mi portano al ELCC, centro di lingue e culture latine, gestito da due peruviani. Qui riesco a masterizzare un cd con le foto, liberando così le due memorie già piene, parlotto un pò del mio viaggio e poi, tutti assieme, ci rechiamo ad un ristorante messicano: si festeggiano due persone che hanno terminato di lavorare per la scuola (una è Sergio, c'è ora un posto vacante di insegnante di italiano... mmm, ci penserò), e così in una babele linguistica - si fatica a capire quale lingua usare - ci facciamo una scorpacciata di tacos e altros. La notte è giovane, e ci traferiamo in blocco al Sharp, un piccolissimo locale dove improvvisiamo balli latinoamericani e finte jam-session con gli strumenti delle band che usualmente vi suonano. Quattro passi sotto una fine pioggerellina, per fare conoscenza con l'Onighiri (pallotta di riso con contenuto vario a scelta), e poi in auto fino a casa di Kayo e Sergio, dove ben presto cadiamo addormentati (si dorme tutti sullo stesso futon plurimatrimoniale).
Il risveglio oggi è stato baciato dal sole. Kayo ancora dormicchia, mentre Sergio mi accompagna a vedere il castello di Kumamoto (uno dei più belli del paese, a quanto pare; in effetti, l'esterno è molto meglio dell'interno, almeno per la torre principale: quelle secondarie e gli annessi, in molti casi originali e non ricostruiti, mostrano ancora accorgimenti tattici costruttivi davvero geniali, come quello di fare più basse del solito le soglie tra una stanza e l'altra, impedendo così un attacco a spada sguainata...). Parlottando, scopro che ha fatto talmente tanti chilometri che io, rispetto a lui, devo ancora fare il tagliando; ed è interessante anche la storia del suo rapporto con la ragazza giapponese che ha incontrato a Londra, ha perso di vista per qualche periodo ed ha sempre prima o poi ritrovato - fino al punto di viverci assieme ora... mmm, questa storia non mi è nuova...
Io proseguo la visita, mentre lui torna al ELCC a cucinare un pranzo italiano d'addio (partono domani per l'Italia, con qualche breve tappa durante il tragitto... se qualcuno vuole conoscerli ed ospitarli, si faccia avanti che vi metto in comunicazione); fotografo decine di Sakura (i ciliegi) in fiore, e tambaro un pò in rete grazie all'accesso gratuito disponibile nelle sedi della compagnia telefonica; infine, li raggiungo alla scuola, dove saluto tutti e poi parto per Nagasaki.
Altro bus molto comodo (stessa compagnia!), e all'arrivo aspetto un pò al terminal dove il signor Yamada mi raggiunge e mi porta prima ad un ristorantino ("famigliare", lo chiama lui... io non capisco se a gestione famigliare, o se solo per i prezzi) - dove gusto una ottima cena a base di zuppona strana con tagliolini e uovo e carne e verdure e... - e poi nel suo "ufficio": lui fa il fisioterapista, e con i suoi collaboratori usa una casa di campagna (in realtà, a 15 minuti di treno dalla stazione centrale di Nagasaki) come base per le operazioni (e per le terapie di gruppo); salutiamo la capra di guardia, e poi parliamo un po', finché lui non se ne va a casa a dormire ed io mi apparecchio il futon.
Il pullman è di gran lusso, poltrone imbottite reclinabili e film (solo in giapponese, però), e costa metà del treno... dritta incredibile, passatami dalle ragazze dell'ufficio turistico di Beppu.
Arrivato a Kumamoto alle 18, vengo ricevuto da Sergio (napoletano, ragazzo SERVAS che sta insieme con la mia ospite Kayo) e due ragazze locali che stanno studiando la lingua di Dante; mi portano al ELCC, centro di lingue e culture latine, gestito da due peruviani. Qui riesco a masterizzare un cd con le foto, liberando così le due memorie già piene, parlotto un pò del mio viaggio e poi, tutti assieme, ci rechiamo ad un ristorante messicano: si festeggiano due persone che hanno terminato di lavorare per la scuola (una è Sergio, c'è ora un posto vacante di insegnante di italiano... mmm, ci penserò), e così in una babele linguistica - si fatica a capire quale lingua usare - ci facciamo una scorpacciata di tacos e altros. La notte è giovane, e ci traferiamo in blocco al Sharp, un piccolissimo locale dove improvvisiamo balli latinoamericani e finte jam-session con gli strumenti delle band che usualmente vi suonano. Quattro passi sotto una fine pioggerellina, per fare conoscenza con l'Onighiri (pallotta di riso con contenuto vario a scelta), e poi in auto fino a casa di Kayo e Sergio, dove ben presto cadiamo addormentati (si dorme tutti sullo stesso futon plurimatrimoniale).
Il risveglio oggi è stato baciato dal sole. Kayo ancora dormicchia, mentre Sergio mi accompagna a vedere il castello di Kumamoto (uno dei più belli del paese, a quanto pare; in effetti, l'esterno è molto meglio dell'interno, almeno per la torre principale: quelle secondarie e gli annessi, in molti casi originali e non ricostruiti, mostrano ancora accorgimenti tattici costruttivi davvero geniali, come quello di fare più basse del solito le soglie tra una stanza e l'altra, impedendo così un attacco a spada sguainata...). Parlottando, scopro che ha fatto talmente tanti chilometri che io, rispetto a lui, devo ancora fare il tagliando; ed è interessante anche la storia del suo rapporto con la ragazza giapponese che ha incontrato a Londra, ha perso di vista per qualche periodo ed ha sempre prima o poi ritrovato - fino al punto di viverci assieme ora... mmm, questa storia non mi è nuova...
Io proseguo la visita, mentre lui torna al ELCC a cucinare un pranzo italiano d'addio (partono domani per l'Italia, con qualche breve tappa durante il tragitto... se qualcuno vuole conoscerli ed ospitarli, si faccia avanti che vi metto in comunicazione); fotografo decine di Sakura (i ciliegi) in fiore, e tambaro un pò in rete grazie all'accesso gratuito disponibile nelle sedi della compagnia telefonica; infine, li raggiungo alla scuola, dove saluto tutti e poi parto per Nagasaki.
Altro bus molto comodo (stessa compagnia!), e all'arrivo aspetto un pò al terminal dove il signor Yamada mi raggiunge e mi porta prima ad un ristorantino ("famigliare", lo chiama lui... io non capisco se a gestione famigliare, o se solo per i prezzi) - dove gusto una ottima cena a base di zuppona strana con tagliolini e uovo e carne e verdure e... - e poi nel suo "ufficio": lui fa il fisioterapista, e con i suoi collaboratori usa una casa di campagna (in realtà, a 15 minuti di treno dalla stazione centrale di Nagasaki) come base per le operazioni (e per le terapie di gruppo); salutiamo la capra di guardia, e poi parliamo un po', finché lui non se ne va a casa a dormire ed io mi apparecchio il futon.
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inserito il 02/04/2004
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