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Un rapimento mistico e sensuale...
Svegliatomi presto, ieri ho preso il bus per Tokushima, cercando di intravedere i gorghi di Naruto che, causati dal repentino cambio di direzione della marea, pare siano una grande attrazione turistica (niente da fare, ora sbagliata!).
A Tokushima, all'ufficio informazioni mi dicono che perderei troppo tempo ad andare a vedere i templi che mi interessano (i primi del pellegrinaggio "degli 88 templi", inventato dal santone Kobo Daishi più di 1000 anni fa, e che ora attrae le anime ed i piedi di milioni di devoti giapponesi), e decido quindi di prendere un trenino per il villaggio di Bandu, da dove intendo visitare i primi tre. Incontro Suzuki-san, anche lui intento a cominciare il suo quinto pellegrinaggio, e assieme a lui mi reco al Ryozen-ji (dove lui acquista le ultime cose che gli servono, cioè la casacchina e il cappello del pellegrino; il resto - candele, incenso, santini, etc., li ha nel suo capiente marsupio) e poi al Gokuraku-ji (occhei, furboni, l'avete capito: JI significa "tempio"!), dove intendiamo passare la notte (6000 yen! un dissanguamento! anche se include cena e colazione, non posso fare a meno di pensare che sono 50 euri che se ne vanno...); lasciati gli zaini, partiamo alla volta del Konsen-ji, dove siamo gli unici a camminare per i giardini tra gli edifici pagodati (il motivo è che l'ufficio che rilascia i tipici timbrini rossastri è già chiuso, e quindi nessun nippo è interessato a venire qui ora!). Torniamo al tempio in tempo per la cena, dove chiaramente metà dei piatti contengono pezzi di pesce seminascosto (e sì che glielo avevo detto, prima, che non lo mangio...), e ci dividiamo poi per la serata; io faccio una mezz'oretta a mollo nel bagno comune, con altri pellegrini che non mi badano più di tanto, e poi torno alla mia camerona (mi sa che sono nel quartiere per "stranieri"), enorme e tutta ricoperta di tatami, con televisore (alla faccia della meditazione!), teiera e bollitore per il tè verde, scaldino e - ovviamente - gabinetto esterno con tazza autoriscaldante.
Al mattino, sveglia alle 6 per partecipare alla preghiera comune, diretta da un monaco che deve dire cose molto interessanti ma anche molto divertenti a giudicare dalle risate che i nippo si fanno. Colazione, e poi loro ripartono per il loro pellegrinaggio, mentre io torno a dormire per un'oretta. Mi metto poi in cammino, per andare a prendere il treno per Takamatsu (dovreste vedermi, mentre parlo in giapponese maccheronico con il gentilissimo bigliettaio della stazione...)
Lungo la via, sale sul treno anche Dianne Lukes, australiana 68enne che insegna esperanto ed inglese in una ditta di un facoltoso industriale giapponese (sarà la mia opsite per i prossimi giorni).
A Takamatsu, andiamo alla riunione mensile del loro gruppo, dove io ovviamente vengo invitato a parlare diffusamente sulla mia vita esperantista. Terminata la lezione, andiamo a visitare il parco Ritsurin, dove finalmente i ciliegi fioriscono, le carpe spalancano la bocca per ingollare il pane che gli si butta, e due tenori giapponesi cantano arie d'opera italiana.
Quel che viene dopo, però, è ancora più fantastico: una delle signore del corso ci invita a casa sua per la cerimonia del te, di cui è un'esperta conoscitrice; e così, ci sediamo nel piccolo stanzino, intorno al bollitore sul fornello centrale, e a turno assaporiamo la bevanda verdastra e cremosa (disgustosamente amare come al solito) e impariamo i gesti tradizionali (compreso il rimirare e glorificare la tazza da cui abbiamo bevuto). È davvero bello, e se la mia macchina non avesse deciso di esaurire le batterie sarebbe anche memorabile...
Pigliamo qualcosa da mangiare in stazione, torniamo a Sirotori a casa di Dianne e qui parliamo fino a notte fonda del suo vivere qui e del mio viaggio.
A Tokushima, all'ufficio informazioni mi dicono che perderei troppo tempo ad andare a vedere i templi che mi interessano (i primi del pellegrinaggio "degli 88 templi", inventato dal santone Kobo Daishi più di 1000 anni fa, e che ora attrae le anime ed i piedi di milioni di devoti giapponesi), e decido quindi di prendere un trenino per il villaggio di Bandu, da dove intendo visitare i primi tre. Incontro Suzuki-san, anche lui intento a cominciare il suo quinto pellegrinaggio, e assieme a lui mi reco al Ryozen-ji (dove lui acquista le ultime cose che gli servono, cioè la casacchina e il cappello del pellegrino; il resto - candele, incenso, santini, etc., li ha nel suo capiente marsupio) e poi al Gokuraku-ji (occhei, furboni, l'avete capito: JI significa "tempio"!), dove intendiamo passare la notte (6000 yen! un dissanguamento! anche se include cena e colazione, non posso fare a meno di pensare che sono 50 euri che se ne vanno...); lasciati gli zaini, partiamo alla volta del Konsen-ji, dove siamo gli unici a camminare per i giardini tra gli edifici pagodati (il motivo è che l'ufficio che rilascia i tipici timbrini rossastri è già chiuso, e quindi nessun nippo è interessato a venire qui ora!). Torniamo al tempio in tempo per la cena, dove chiaramente metà dei piatti contengono pezzi di pesce seminascosto (e sì che glielo avevo detto, prima, che non lo mangio...), e ci dividiamo poi per la serata; io faccio una mezz'oretta a mollo nel bagno comune, con altri pellegrini che non mi badano più di tanto, e poi torno alla mia camerona (mi sa che sono nel quartiere per "stranieri"), enorme e tutta ricoperta di tatami, con televisore (alla faccia della meditazione!), teiera e bollitore per il tè verde, scaldino e - ovviamente - gabinetto esterno con tazza autoriscaldante.
Al mattino, sveglia alle 6 per partecipare alla preghiera comune, diretta da un monaco che deve dire cose molto interessanti ma anche molto divertenti a giudicare dalle risate che i nippo si fanno. Colazione, e poi loro ripartono per il loro pellegrinaggio, mentre io torno a dormire per un'oretta. Mi metto poi in cammino, per andare a prendere il treno per Takamatsu (dovreste vedermi, mentre parlo in giapponese maccheronico con il gentilissimo bigliettaio della stazione...)
Lungo la via, sale sul treno anche Dianne Lukes, australiana 68enne che insegna esperanto ed inglese in una ditta di un facoltoso industriale giapponese (sarà la mia opsite per i prossimi giorni).
A Takamatsu, andiamo alla riunione mensile del loro gruppo, dove io ovviamente vengo invitato a parlare diffusamente sulla mia vita esperantista. Terminata la lezione, andiamo a visitare il parco Ritsurin, dove finalmente i ciliegi fioriscono, le carpe spalancano la bocca per ingollare il pane che gli si butta, e due tenori giapponesi cantano arie d'opera italiana.
Quel che viene dopo, però, è ancora più fantastico: una delle signore del corso ci invita a casa sua per la cerimonia del te, di cui è un'esperta conoscitrice; e così, ci sediamo nel piccolo stanzino, intorno al bollitore sul fornello centrale, e a turno assaporiamo la bevanda verdastra e cremosa (disgustosamente amare come al solito) e impariamo i gesti tradizionali (compreso il rimirare e glorificare la tazza da cui abbiamo bevuto). È davvero bello, e se la mia macchina non avesse deciso di esaurire le batterie sarebbe anche memorabile...
Pigliamo qualcosa da mangiare in stazione, torniamo a Sirotori a casa di Dianne e qui parliamo fino a notte fonda del suo vivere qui e del mio viaggio.
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inserito il 28/03/2004
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